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Il Corrosivo: i quattro “futuristi” del Braga

di Elso Simone Serpentini
6 minuti

Nel suo magnifico, e indispensabile, saggio sulla “Grammatica ed il lessico del dialetto teramanoil Nostro grande Giuseppe Savini annota che il dialetto teramano ha seguito il toscano nel conservare dei tempi verbali dell’indicativo latino il presente, l’imperfetto ed il perfetto, ma se ne allontana per il fatto che non ha conservato il futuro. Il nostro dialetto non ha il futuro e nella coniugazione dei verbi usa solo il presente e il passato, parlando cioè di cose che si sono fatte e che si stanno facendo.
Non parla di cose che non si sono ancora fatte e che si faranno. Una persona qualsiasi, soprattutto un politico, che volesse promettere di fare qualcosa che non ha ancora fatto, non potrebbe usare il dialetto.

Se proprio lo volesse fare, dovrebbe ricorrere a quella strana forma che usa il nostro dialetto per parlare di azioni future: anteporre al verbo da coniugare al futuro un altro verbo, coniugato al presente, il verbo “volere”. Direbbe cioè non:  “domani farò” (che in dialetto non esiste), ma “dumàne je vuje fa”, cioè domani voglio fare.  Quel verbo volere anteposto al fare, da coniugare al futuro, è un’assunzione di impegno improrogabile, verificabile quando è scaduto il tempo prefissato per la durata della volizione.

Ora, poiché le lingue, e soprattutto i dialett
i, sono la rappresentazione intima del carattere di un popolo, il nostro dialetto ci qualifica e ci rende assai cauti nell’uso del verbo futuro. Questa con-siderazione mi veniva in mente sabato mattina, quando tre politici e un rettore universitario (che è forse più politico dei tre politici), agli operatori dell’Istituto Musicale “Braga” (docenti, discenti e personale ausiliario) che manifestavano preoccupati per la sopravvivenza dell’Istituto, facevano ampie promesse, utilizzando il verbo “fare” coniugato al futuro, in lingua italiana. In dialetto non avrebbero potuto farlo. “Faremo... provvederemo... stanzieremo... diremo... andremo... proporremo...

La sequenza, quasi una sequela, di verbi coniugati al futuro era infinita e vagamente, in un tempo indefinito, indicava una serie di cose che si sarebbero fatte e che finora non sono state fatte, sì che la situazione del “Braga” è quella che è.  Non c’era quel verbo “volere” davanti al verbo “fare”, come il nostro dialetto richiede e questa mancanza di un atto di volizione rendeva assai più vago quel continuo coniugare verbi al futuro, ma un futuro senza certezze e senza impegni precisi e circostanziati.
Il sindaco di Teramo, Brucchi, quello di Giulianova, Mastromauro, l’assessore regionale Di Dalmazio, il rettore dell’Università teramana, ma qui in veste di Presidente del “Braga”, promettevano il futuribile, senza un’ombra di autocritica e senza un’analisi concreta della situazione, maturata anche per colpa grave della classe politica che ha sempre “usato” il

Braga” come uno strumento, invece di considerarlo un fine.
Ma uno strumento politico e clientelare, allargando e stringendo i cordoni della borsa a seconda della convenienza politica e del vento che tirava, non riuscendo mai a “contare” sui tavoli che “contavano” e dai quali ci si sarebbe dovuto attendere la benedetta stabilizzazione dell’istituto, magari con la statizzazione. A questa ostavano però troppe ispezioni ministeriali negative, che non potevano chiudere gli occhi davanti a situazioni aberranti determinate proprie dalla politicizzazione della gestione del nostro prestigioso istituto musicale, rimasto sempre pareggiato, anziché impareggiabile. Lo sarebbe stato se fosse stato amministrato e gestito in modo diverso da quello che gli ispettori ministeriali erano costretti a riscontrare e a denunciare nelle loro relazioni ad ogni loro visita. 

Eppure sabato mattina i “
quattro cavalieri dell’apocalisse” braghiana praticavano il “futurismo” più sfrenato, senza vergogna, senza risparmio di verbi, di sostantivi e di aggettivi, ma badando a che gli impegni non fossero troppo precisi e circostanziati, perché questo poteva risultare troppo pericoloso. D’altro canto questa è una terra in cui il Governatore va a battere i pugni sul tavolo di Berlusconi per far risalire in lista un suo sodale di partito e referente politico, annunciando poi la sua “parziale completa soddisfazione” per essere riuscito nella sua nobile missione.

C’è un’altra caratteristica del nostro dialetto che Giuseppe Savini ci segnala nel suo saggio. Non è poi proprio del tutto vero che non esista una forma del futuro nella coniugazione dei verbi. Esiste, però non ha il significato del futuro, in quanto si inquadra sempre in un ambito “dubitativo”. Il futuro di un verbo, perciò, è esprimibile solo dubitativamente e se si vuole esprimere un dubbio. Fa questo esempio: Si dice: “Ci sa se partarà dumàne?”, cioè: “Chi sa se partirà domani?”

Ecco, i nostri quattro “futuristi” del Braga, sabato mattina, Brucchi, Mastro-mauro, Di Dalmazio e D’Amico, si affannavano a coniugare i loro verbi a favore della sopravvivenza dell’Istituto musicale in italiano, ma noi, in dialetto, e nella forma del futuro dubitativo, ci chiediamo: “Ci sa se chisse dumane, o do-pedumane, lu faciarà davàre qualle ch’a ditte che vo’ fa?”, cioè: “Chi sa se domani, dopodomani, faranno davvero ciò che hanno detto di voler fare?”
Sempre Savini ci avvisa che la riposta in dialetto ad un verbo coniugato al futuro la di dà non un futuro, ma con un presente, non con “lu farà”, ma con un “lu fa”.
Ecco, a noi non basta, noi preferiamo una risposta coniugata al passato, vale a dire con un “l’à fatte”, “l’ha fatto”. 
E i quattro futuristi del “Braga” imparassero a coniugare i verbi al passato, non più al futuro.
                                  

 

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Commenti

G-R-A-N-D-I-O-S-O! Egregissimo Serpentini, grazie ancora una volta: i suoi Corrosivi danno slancio "futurista" alla giornata.
caro prof. Serpentini lei è insuperabile! grazie di esistere!
Non mi piace, non mi convince, mi preoccupa addirittura, un rettore eletto con maggioranze bulgare (era l'unico candidato... in Gibuti saprebbero fare di meglio), che è ormai presidente di qualsiasi cosa a Teramo, compreso il Braga. Senza di menticare il suo ruolo nel fallimento di Cirsu-Sogesa, ho la sensazione che il vero compito di questo signore sarà quello di spogliare Teramo sia dell'Università che del Braga, due istituzioni ormai al tracollo economico-finanziario, grazie alla lungimiranza della politica, trasversalmente pensata. Se io fossi stata tra quei quattro (ché di più non erano) sfigati manifestanti, avrei preso a calci nel culo quei garofani ritratti in foto. Prima di tutti, però, quel moscio di Alberto Melarangelo.
grandissimo professore. congratulazioni vivissime per aver comunicato in un modo così fresco la situazione così muffosa del braga...
ahahah! ma davvero l'ha detto???? ma davvero Chiodi ha dichiarato la sua "parziale completa soddisfazione"????????????? Sto piegata in due dal ridere!
Liste Pdl, Chiodi: «Parzialmente... molto soddisfatto» http://www.emmelle.it/Prima-pagina/Politica/Liste-Pdl-Chiodi-Parzialmet…
semplicemente COMPLIMENTI per la chiarezza del concetto.
www.emmelle.it/Prima-pagina/.../Ponte.../11-23732-1.html Il commento di questo articolo voleva far notare l'uso del futuro da parte dei politici. Serpentini sei eccezionale
Solo ora sono riuscita a leggere l'articolo. che dire... un articolo DELIZIOSO, CHIARO, DIVERTENTE, ORIGINALE La situazione del Braga è davvero avvilente. vediamo un po che succede.... Ern p.s. Prof proprio in questi giorni sto leggendo un suo libro.. le farò sapere.