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Il Corrosivo: Regioni, Aziende Sanitarie, Euro: tre battaglie perdute.

di Elso Simone Serpentini
10 minuti

Verso la fine degli anni ’60 una delle principali battaglie politiche condotte dal M.S.I. fu quella contro l’attuazione degli articoli della Costituzione Italiana che prevedevano l’introduzione delle Regioni, nel quadro della realizzazione di un decentramento politico-amministrativo che i Padri costituenti avevano scelto come soluzione ad una serie di problemi lasciati irrisolti nei decenni precedenti.

Sia la Destra che la Sinistra Storica, dopo un lungo, e per certi versi aspro, dibattito iniziato subito dopo il raggiungimento dell’Unità, avevano rinunciato al decentramento, per non rischiare di compromettere un’Unità faticosamente raggiunta e mettendo insieme numerosi “Stati e Staterelli”, come s’era detto e si diceva. Si era preferito uno Stato basato sull’accentramento, per rinsaldare i vincoli tra residenti in regioni diverse, con alle spalle storie diverse, che furono disegnate solo con valenza geografica, non politica ed amministrativa. Era troppo presto per il decentramento, al quale non si era rinunciato definitivamente e che era stato semplicemente posticipato ad un momento, che sarebbe certamente arrivato, più opportuno.

Ma quel momento non era arrivato mai, fino al Fascismo, che il decentramento in quanto tale aveva poi escluso per principio, puntando al contrario su uno Stato accentratore ed unitario in ogni sua fibra. Caduto il Fascismo, le ragioni dei sostenitori del decentramento avevano ripreso vigore e i loro tentativi avevano avuto come esito l’introduzione del regionalismo nella Carta Costituzionale. 

Fino agli anni ’60, tuttavia, gli articoli che la prevedevano non erano stati mai attuati, fino a quando arrivò la decisione politica e parlamentare di farlo. I motivi che inducevano i partiti politici a creare le Regioni e affidare a loro le previste competenze non erano solo nobili, o, quanto meno, non erano nobili per tutti. Lo erano per i sostenitori in buona fede del regionalismo, non lo erano per quanti all’interno dei partiti, anche di opposizione, avevano l’intenzione, ed erano la maggioranza, di servirsi delle Regioni per piazzare i loro uomini di seconda, terza e quarta fila, di utilizzarle quali strumenti di spesa pubblica e di finanziamento delle proprie campagne elettorali e delle proprie iniziative. 

Il M.S.I. perse la sua battaglia (come molte altre, quasi tutte) e le Regioni vennero istituite. Le prime elezioni ci furono nel 1970. Fu subito evidente che i nuovi organi amministrativi avrebbero accresciuto e di molto le uscite dello Stato, l’appetito dei partiti politici e dei loro dirigenti, che il bilancio statale ne sarebbe risultato alla lunga dissestato, che sarebbero sorti conflitti di competenze tra le Regioni, le Province, i Comuni e lo Stato centrale, creando non pochi problemi di giurisdizione. 

Oggi, a 44 anni di distanza dalla istituzione delle Regioni, abbiamo davanti a noi l’effetto perverso, che non tutti sono disposti a riconoscere come tale. Le spese regionali sono del tutto fuori controllo, costituiscono una delle principali ragioni del dissesto finanziario dell’Italia, sono state e sono, e saranno ancora, il brodo di coltura della corruzione e motivo di scandalo perenne.

Le indagini della magistratura
sono riuscite solo a scalfire la pietra dello scandalo e a fronteggiare il disastro. Si parla tanto dell’abolizione delle Province, il cui costo non è poi tanto alto. L’abolizione delle Regioni sarebbe strumento assai più efficace per una spending-review più consistente, per un riassesto del bilancio statale e per una soluzione più decisiva dei nostri problemi economici. Invece continuiamo ancora con le nostre tasse a tenere in vita un ceto politico parassitario, che senza far nulla gode di benefits e privilegi a cui non sa rinunciare, mentre altri ceti e altre classi sono nel pieno di una tempesta che li travolge e che li affama.

Uno dei maggiori capitoli della spesa regionale, oltre al costo della politica, ma ad esso strettamente collegato, è quello costituito dalla spesa sanitaria. Quella contro la sostituzione degli enti mutualistici con le aziende sanitarie fu un’altra delle battaglie combattute e perse dal M.S.I, negli anni ’70. Certo, il sistema basato sulle mutue era inefficiente e inadeguato, i limiti andavano superati e le contraddizioni risolte, le storture eliminate, ma furono introdotti altri limiti, contraddizioni e storture che era fin troppo facile prevedere. Erano già nell’impianto stesso della riforma sanitaria, tanto ferocemente volute dai partiti politici, di maggioranza e di opposizione, che avevano l’obiettivo di mettere le mani su un pingue bottino, inteso sia in termini monetari e finanziari, parlando volgarmente soldi, sia in termini di gestione del potere.

La distribuzione di incarichi dirigenziali e di primariati sulla base di criteri politici, anzi partitici e correntizi, e clientelari ebbe inizio subito e fu praticata senza limiti e senza vergogna, del tutto impunemente, considerata l’inerzia iniziale della magistratura. Anche la spesa sanitaria è diventata con il tempo senza controllo. La spesa complessiva delle regioni e l’uso strumentale delle regioni e delle Asl hanno raggiunto livelli indecorosi. Il concetto stesso di “azienda sanitaria” parve, a noi del M.S.I., sbagliato e distorto, capace di produrre altre storture. Quel che è avvenuto dopo ha dimostrato che avevamo ampiamente ragione. Un’azienda non può che avere, come il termine dice, l’utile come fine e a questo fine rivolge e piega ogni sua azione, utilizzando ogni mezzo.

Nella sanità, però, il fine non è e non può essere l’utile, il guadagno, ma la cura e, se possibile, la guarigione del malato e a questo fine deve essere rivolto ogni mezzo. Estremizzando il concetto, si può dire che per salvare una vita umana occorre fare tutto il possibile, a qualsiasi costo, costi quel che costi. Invece, considerando la natura di azienda di un ente che cura i malati, il minimo che possa capitare è che un paziente venga curato, ma fino a quando non costi troppo, fino a quando non venga superato un tetto. E infatti di tetti di spesa nelle ASL ne sono stati fissati molti, troppi, ma mai nel settore delle retribuzioni e degli stipendi di primari e di manager. Escludendo la possibilità di conseguire comunque un utile, cioè un profitto, questo obiettivo è stato tramutato in un altro, il pareggio del bilancio, al quale è stata sacrificata ogni altra cosa.

Da qui un’inefficienza espressa in malasanità, rinuncia alle cure, infinite liste di attesa, mancato rinnovo delle attrezzature mediche, scarsa attenzione alle competenze e pratica del comparaggio politico. Che la sanità, così come d’altro canto la scuola (perversamente anche questa non è sfuggita a volte a depravati tentativi di considerarla alla stregua di una fabbrica) non si presti ad una logica aziendalistica, è dimostrato dall’assunto che, portando alle estreme conseguenze il concetto e l’idea di una Asl come azienda, potrebbe risultare economicamente e finanziariamente conveniente la soppressione di un malato anziché una sua cura diventata troppo costosa. E invece il malato lo si deve curare comunque, anche quando curarlo costa troppo, mandando così in vacca ogni perversa logica aziendalistica. 

Il costo delle Regioni e il costo della sanità così come viene determinato dalla gestione delle Regioni è diventato proibitivo. Insieme essi spiegano in gran parte la scarsità delle risorse di cui oggi disponiamo anche per i collegamenti che hanno con il costo della corruzione e della politica in genere. Ma l’attuale grave momento di crisi ha, purtroppo, un altro addendo, che corrisponde ad un’altra battaglia perduta dal M.S.I. negli ultimi anni della sua esistenza, prima del tradimento di Gianfranco Fini, maturato con i lavacri di Fiuggi e poi con la consegna del patrimonio di famiglia a Silvio Berlusconi. Ricordo quanto ci si batté all’estrema destra per l’attuazione di un’Europa Nazione, delle patrie e dei popoli, per un’idea dell’Occidente che non fosse e non rappresentasse soltanto interessi economici e finanziari dell’alta borghesia e del capitale, ma soprattutto quelli del lavoro e della giustizia sociale.

Invece trionfarono quanti perseguivano la realizzazione di un’Europa delle banche e dei banchieri e di un Occidente votato al capitale e al capitalismo, senza ideali, e con il lavoro considerato come merce, così come il lavoratore, e con il massimo dispregio per idee lungimiranti quali l’equa distribuzione delle ricchezze prodotte in una società in cui i lavoratori fossero chiamati alla gestione delle imprese. Il simbolo di quest’Europa dei mercanti e dei mercati fu ed è l’Euro, il Dio Mammona al quale abbiamo immolato la nostra sovranità monetaria e al quale abbiamo svenduto la nostra democrazia, che non è mai stata reale e partecipativa.

Le Regioni, le Aziende Sanitarie e l’Euro rappresentano tre battaglie perdute per una generazione che è stata sconfitta, ma anche per una Nazione come l’Italia, assassinata barbaramente dopo essere stata depredata e spogliata delle sue ricchezze culturali e morali.

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Commenti

Bravo Professore, non sempre ma...questa volta sono daccordissimo con te ! La Politica ha tradito i cittadini, vendendosi al dio denaro totalmente !!! Ha tradito i suoi piu' alti ideali, la ragione stessa per cui e' nata. Ha messo l'Europa (cos'e' ? un insieme di che, di cosa ? di nazioni unite da quali legami, da quali denominatori comuni ? per unire i popoli ci vogliono millenni e spesso purtroppo guerre...) in mano ai banchieri che dettano legge ai politici stessi ora ! E dopo tutto cio' ancora ci illudiamo che ci sia lassu' qualcuno di sinistra ? Racconta la leggenda che si sono estinti nel Cretaceo...
Inutile piangere sul latte versato la "democrazia" ne verserà' ancora, con legittime elezioni. Chi e' stato il vero colpevole?
Come se non bastasse dopo il danno la beffa ! Con l'attuale proposta di riforma del Senato della Repubblica ancora più potere alle Regioni .
grazie teramano (ricordiamolo, sedicente fiero anonimo comunista con la C maiuscola che vota bRUCCHI) per averci fatto sapere che sei daccordissimo e per averci, inoltre, dato modo di conoscere un tuo interessantissimo parere, grazie!
@Chef...se non ti interessano i pareri di chi scrive i commenti qui sopra spegni il computer e vai a zappare la terra, tu e tutti quelli con l'aria strafottente cone la tua !!! Ma si offenderebbero i contadini...