Nella Firenze di Savonarola c’era una compagnia di amici accomunati dal continuo lamentarsi di presunte ingiustizie di cui si proclamavano vittime e di altrettanto presunte scontentezze per la situazione di degrado che denunciavano in continuazione, come se tutti i mali del mondo si fossero adunati in una città peraltro in passato gloriosa e felice. Furono marchiati a fuoco con l’epiteto sarcastico e irridente di “piagnoni”, di cui Savonarola era indicato capo e profeta.
Anche a Teramo, nella Teramo di Brucchi, abbiamo una compagnia di “piagnoni”, dei quali, forse, anche io vengo indicato come componente. Siamo “piagnoni”, o veniamo additati come tali, perché sembriamo volerci lamentare di tutto, di come si vive a Teramo, di come si lavora, di come si pensa e si scrive, ritenendo che si viva male, che si lavori altrettanto male e addirittura poco, che peggio si scriva. Veniamo accusati di lamentarci di come si pensa a Teramo, di come si amministra.
Veniamo messi all’indice perché non saremmo capaci di essere perspicaci e capaci di cogliere la verità, di non renderci conto che a Teramo si vive benissimo, si lavora tutti e bene, si scrive e si pensa al meglio. Siamo stati accusati di non riconoscere che gli amministratori erano i migliori del mondo, tanto da essere meritevoli della conferma di cinque anni. Accusati di essere “piagnoni” dai sostenitori di una Teramo paragonata a Bengodi.
Proprio in questi ultimi giorni ai “piagnoni” tradizionali e inveterati, accaniti e incalliti, pronti a lamentarsi di tutto e di tutti, quali siamo stati noi, si sono aggiunti altri piagnoni, che io definisco “del latte versato”. Con questo termine indico alcuni soggetti che si sono comportanti in uno modo davvero singolare. Non si sono mai lamentati di Brucchi e della sua prima giunta, tanto da aver voluto la rielezione a sindaco del senologo a tempo pieno e sindaco a metà tempo. Hanno contribuito ciascuno per la sua parte ad affidargli il secondo mandato, strappato sul filo di lana in un combattuto ballottaggio.
Subito dopo la vittoria, però, tali soggetti hanno cominciato a manifestare un certo disincanto, una certa delusione, addirittura rabbia e sconcerto, per non essere stati presi in considerazione nella spartizione del bottino. Non si sono visti riconosciuti meriti e qualità, non hanno ricevuto incarichi, non sono stati designati per ricoprire ruoli di primo piano. Si sono trasformati in “piagnoni” e hanno preso a lamentarsi, unendosi al coro dei lamentosi e dei lamentevoli. Hanno avanzato critiche e riserve, annunciato propositi battaglieri e strategie di opposizione.
Li chiamo “piagnoni del latte versato” perché hanno cominciato a piangere solo dopo essersi accorti, ahiloro troppo tardi, che il Santo non era così miracoloso come si diceva, che il ritratto non era così bello come lo si dipingeva, che la vittoria non è così bella quando non se ne godono i frutti. Gli eroi della sesta giornata erano quanti cercavano di passare per vincitori senza aver partecipato alle cinque giornate di Milano e all’insurrezione contro gli austriaci, ma desiderosi di ricevere encomi e commende alla pari di quelli che vi avevano preso parte. Oggi noi di persone di questa genia diciamo che salgono sul carro dei vincitori senza aver preso parte alla battaglia.
A loro opposti sono i “piagnoni sul latte versato”, che dal carro dei vincitori scendono perché pensano che non sia giusto che non godano anche loro dei benefici della vittoria. Alzano i loro lamenti solo dopo che il latte si è sparso sulla tavola dal bicchiere che lo conteneva e non si può fare più nulla. Quando ormai è troppo tardi per rimediare. Quando la frittata è stata fatta e non si può far nulla per farla tornare allo stato di uova.
Dodo, Sbraccia, Primoli, Fracassa, Campana, Canzio sembrano i protagonisti di una fiaba per bambini, di quelle che contengono sempre tanti ammonimenti metaforici e insegnamenti profetici. Hanno aiutato Brucchi a vincere, ma, dopo che Brucchi ha vinto, non hanno avuto nemmeno le briciole quando si sono seduti alla tavola dove era stata imbandita la cena. Anzi, non sono stati fatti nemmeno sedere a tavola.
Così si sono trasformati in “piagnoni del latte versato”, in oppositori non di vocazione, ma per reazione. Avevano negato in precedenza l’esistenza di quei soprusi di cui poi sono stati vittima anche loro e per i quali adesso si lamentano, starnazzando come oche del Campidoglio. Sono diventati dei “malpancisti”.
Alla prima occasione, l’elezione del presidente del consiglio comunale (una carica inventata per far contento uno in più, scimmiottando il parlamento nazionale e i parlamentini regionali – una volta era lo stesso sindaco che presiedeva le sedute) hanno cominciato a disobbedire.
I “piagnoni del latte versato” non sono soltanto gli ex consiglieri di maggioranza diventati di opposizione, o quasi. Non sono soltanto i mancati consiglieri, sempre di maggioranza, diventati contrari perché non sono riusciti a subentrare a mancati assessori. Ce ne sono anche in altri schieramenti, che si lamentano oggi delle scelte di Brucchi senza aver fatto niente per evitare che toccasse a lui farle. Piagnucolano i giannelliani, anche se a bassa voce, infatti quasi la loro voce non si sente.
Piagnucolano i grillini, che fanno cri cri comportandosi come se avessero inventato loro l’opposizione, la trasparenza, la chiarezza e la competenza. Piagnucolano quelli del PD, che hanno contribuito alla grande a rovesciare il latte e ora si lamentano tanto perché nel bicchiere non ne è rimasta una sola goccia.
Piagnucolano anche alcuni sostenitori della Lista Pomante. Hanno sostenuto il loro candidato sindaco, ma sapevano benissimo che non avrebbe potuto vincere e nulla avevano detto circa l’eventuale apparentamento o appoggio che si sarebbe dovuto dare dopo.
Sapevano che Pomante non sarebbe stato eletto sindaco, ma al massimo consigliere con uno o due dei suoi. Eppure, mentre molti della loro lista a Pomante eletto solo consigliere hanno deciso di appoggiare la Di Pasquale, essi non lo hanno fatto e adesso piangono.
Piangono già molti teramani che hanno piagnucolato per anni, ma poi hanno votato ugualmente per Brucchi, e ora hanno ripreso a piagnucolare e lamentarsi, pronti a rivotarlo una terza volta, se le leggi lo consentissero.
Il latte è stato versato ed è inutile piangere. Non si può sperare di raccoglierlo con il cucchiaino e rimetterlo nel bicchiere. Il fatto è fatto. Piagnucolano anche quanti avevano pensato o creduto o sperato che Paolo Gatti si rivelasse lungimirante, generoso, stratega abile e statista al punto da usare la propria forza per indirizzare le scelte di Brucchi verso il regno della competenza e della superiorità delle idee e dei valori e non verso quello dell’interesse di parte e di partito, anzi di clan.
Si lamenta lo stesso Brucchi, che forse ora si sta accorgendo di essere sotto ricatto politico, stretto nella morsa di una diarchia tancrediana-gattiana alla quale non potrà sfuggire. Piagnucolano quanti avevano sperato che i dualismi Gaspari-Natali e Tancredi-Nisi non si perpetuassero in un altro dualismo Tancredi jr-Gatti jr, che si profila e si annuncia tremendo nelle sue conseguenze.
Tancredi senior e Nisii non ebbero mai il coraggio e la determinazione di infliggere all’avversario il colpo finale e risolvere la diarchia in una monarchia, che più di uno sterile dualismo avrebbe fatto prevalere i vantaggi sugli svantaggi. Faranno lo stesso i protagonisti del nuovo braccio di ferro. Ognuno si farà forte della propria debolezza e debole della propria forza e rinunceranno a vincere sbaragliando l’avversario, spartendo con lui le spoglie della città.
Verseranno tanto altro latte a Teramo e si moltiplicheranno i “piagnoni del latte versato”. Alcuni smetteranno di piangere quando saranno accontentati e riusciranno a sedersi su qualche strapuntino appositamente preparato per loro, altri piangeranno ancora più a dirotto, minacciando sfracelli. Poi rientreranno nei ranghi, dopo aver ottenuto quello che avranno chiesto e a cui aspiravano da tempo.
Sui banchi dell’opposizione qualcuno ha già smesso di piagnucolare, annunciando di voler collaborare con la maggioranza per migliorare le sue proposte e i suoi proponimenti. Il consociativismo tornerà ad essere pratica assai diffusa e le lacrime non cadranno più tanto copiose sui volti, silvani e non silvani.
I cri cri, dopo aver capito che non c’è nulla da scoprire che non sia già stato scoperto e nulla da denunciare che non sia stato già denunciato, ma inutilmente, dalla stampa rimasta ancora libera e non condizionata dal potere politico e bancario, si stancheranno e tireranno i remi in barca. Scompariranno di scena. Il nero riprenderà a collaborare con il bianco e avremo il trionfo del grigio.
I due corni del dilemma diventeranno uno solo e tutto si mostrerà nel suo vero volto, quello di una oscena democristianeria. Basta lacrime. Quelle dei “piagnoni del latte versato” sono false come le perle dei rigattieri.
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