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Il corrosivo: Ma come fanno gli avvocati?

di Elso Simone Serpentini
6 minuti

Ma come fanno gli avvocati
con le loro toghe nere
sempre in cerca di un’assoluzione,
ma come fanno gli avvocati
con le loro facce stanche
sempre in cerca di un reo da salvar.
 
Ma come fanno gli avvocati
a pronunciar le loro arringhe
sempre uguali sempre quelle
davanti alle giurie popolari,
ma come fanno gli avvocati  
a difendere i colpevoli
a rimanere veri uomini però.

Compresi abbastanza presto, già sui banchi delle scuole elementari, che il mio primo sogno di fare da grande il medico non si sarebbe mai realizzato, a causa della mia ipocondria inguaribile: era sufficiente che sentissi accennare appena ad una sintomatologia, perché l’avvertissi come presente in me in modo assolutamente realistico. In tutta la mia vita ho poi dovuto fronteggiare quella che considero una vera e propria malattia. Ancora oggi non appena sento - o leggo - la descrizione di un sintomo, subito comincio ad avvertirlo. E’ una ipocondria parossistica. Pensai allora che da grande mi sarebbe piaciuto fare l’avvocato. Il desiderio mi prese soprattutto quando, ancora al ginnasio, riuscii finalmente a superare un limite che mi aveva sempre condizionato: una erre moscia che rendeva spesso incomprensibili alcune parole da me pronunciate.

Superato questo problema, mi sentivo padrone del mondo e del mio destino, anche perché mi riconoscevo una certa padronanza linguistica e una qual certa propensione all’eloquenza. Mi disegnai così un percorso universitario ben preciso: mi sarei laureato prima in filosofia, per acquisire una visione ampia del mondo e delle cose della vita, e poi mi sarei iscritto a giurisprudenza, per conseguire la laurea che mi avrebbe consentito di fare l’avvocato, penalista, come desideravo.
Non andò come avrei desiderato e il mio percorso si interruppe, subito dopo la laurea in filosofia. Mi misi a fare l’insegnante e non mi iscrissi a giurisprudenza. Non feci l’avvocato. Per dirla in maniera molto chiara, avevo maturato una convinzione, anche per qualche esperienza fatta come cronista giudiziario: da filosofo mi ero messo al servizio della verità, da avvocato mi sarei messo al servizio della falsità.

Tralascio ogni riferimento al gusto che provai nel leggere le difficili pagine dei “Lineamenti della filosofia del diritto” di Hegel e alle riflessioni che ne scaturirono. Tralascio ogni altro rimando a letture di ogni tipo e vengo subito al punto cruciale. Avrei dovuto limitarmi ad assumere la difesa solo degli accusati innocenti, della cui innocenza sarei stato assolutamente convinto? Questo mi parve subito utopico. Compresi che gli avvocati, tutti gli avvocati penalisti, sia i grandi che i piccoli, erano chiamati a garantire il diritto di difesa anche ai colpevoli, anche a quelli che, essendo colpevoli, si ostinavano a dichiararsi innocenti, anche quelli che confessavano ai loro difensori di non esserlo.

Ho conosciuto molti avvocati, alcuni lo sono diventati dopo essere stati miei alunni, e molti li ho scongiurati di dirmi la verità quando ho chiesto loro come riuscivano a difendere accusati di crimini anche gravi pur sapendoli colpevoli. Come facevano, ho chiesto loro - come fanno - a non far trasparire sul loro volto, durante le loro arringhe difensive, il fatto che fossero - che siano - a conoscenza della colpevolezza dei loro assistiti (che chiamano così, per evitare l’espressione meno elegante di “clienti”)? Sul mio volto si sarebbe visto. Non avrei potuto affermare una cosa, sapendone un’altra. Non avrei potuto argomentare su un’innocenza, nella piena consapevolezza di una colpevolezza. Avrei dovuto tradire il vero e dire il falso, sposare una tesi conoscendone la falsità e negarne un’altra conoscendone la verità.

“Amicus Plato, sed magica amica veritas”: questo motto aristotelico, sposato in pieno, vanificò la mia (im)probabile carriera da avvocato. Certo avrei potuto essere un pubblico accusatore, ma avrei fatto un altro mestiere, il magistrato. Non ne ebbi l’ardire, perché per quello occorreva qualche dose di elasticità e di malleabilità. Rimasi a fare il filosofo, o, più modestamente, l’insegnante di filosofia, ma con una grande ammirazione per gli avvocati penalisti. I quali come prima cosa chiedono ai loro assistiti di dire loro la verità: sono colpevoli o innocenti? Se non sono innocenti, ci penseranno loro a farli sembrare tali e a farli certificare come tali da una giuria. Ma a tutti diranno, senza eccezione, che della innocenza dei loro assistiti sono pienamente convinti e a nessuno confesseranno di nutrire in merito il minimo dubbio, nemmeno a me. Conserveranno il loro segreto professionale con la stessa gelosia con la quale i preti conservano il segreto della confessione.

So per certo che molti imputati dicono ai loro difensori di essere innocenti, pur non essendolo. So che i loro difensori provano una grande delusione quando, dopo aver sostenuto con vigore e con grande convinzione l’innocenza dei loro assistiti, scoprono per caso che hanno contribuito a ingannare la corte ottenendo una sentenza di assoluzione. So di alcuni imputati assolti che hanno gettato in faccia ai loro avvocati difensori, ad assoluzione ottenuta, tutto il peso di una confessione di colpevolezza. Ma io continuo oggi a pormi l’interrogativo che ho posto all’inizio, parodiando la canzone di Lucio Dalla: ma come fanno gli avvocati? Come fanno a dire il falso cercando di farlo passare per vero? Come fanno a cercare di far passare per santo un criminale e a conservare il rispetto di sé?

Sono sicuro che non lo fanno solo per denaro. Di alcuni che conosco, ho tanta stima da sapere con certezza che non lo fanno per questo, o almeno non solo per questo. Ma come fanno, allora? Come fanno a difendere e a far assolvere dei colpevoli e rimanere “veri uomini”?
 

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ADVOCATUS DIABOLI, POVERO DIAVOLO O PARACULO PROVETTO ? Caro professor Serpentini l'avvocato non hai il compito di fare assolvere i colpevoli. Il ruolo del difensore è fare rispettare i DIRITTI del suo " cliente" anche se è colpevole. I DIRITTI, la tutela dei diritti prescindono dalla innocenza o dalla colpevolezza. Il nostro ordinamento giuridico, vivadio, prevede che TUTTI, proprio TUTTI, hanno diritto ad essere difesi, in tutti e tre i gradi di giudizio e, a prescindere dalla gravità del reato contestato. Se dovesse " attenuarsi " il diritto alla difesa in contraddittorio, il processo diverrebbe un processo sommario finalizzato alla "soppressione" civile del presunto colpevole. L'avvocato, caro prof. Serpentini, è un uomo vero capace garantire un processo corretto, senza abusi e violazioni dei diritti della difesa. Ricordo, infine, al professore che INGIUSTO non è solo condannare un innocente, ma anche condannare un colpevole ad una pena che non merita.........il giusto processo....please!
ma come fanno gli avvocati? Come fanno a dire il falso cercando di farlo passare per vero? Come fanno a cercare di far passare per santo un criminale e a conservare il rispetto di sé? Ah non lo so, però in parlamento hanno fatto passare l'idea che una squillo minorenne marocchina potesse essere la nipote del presidente egiziano.... mo a te par strano che un avvocato difende (per soldi) il proprio cliente? Quess è lu zuccher!
spiace leggere una così immensa congerie di fesserie. prima di scrivere qualcosa si dovrebbe conoscere e studiare la materia di cui si dovrebbe discutere, ma ormai lo fanno in pochi. ed allora bisognerebbe discutere del fondamento punitivo da parte dello Stato - spesso le condotte vengono punite non perché contrarie ad un comune sentimento di giustizia ma perché viene così artificialmente deciso dal potere (es. tirare su un muretto a secco è spesso un reato edilizio) - della struttura dei reati - condotta, evento, nesso causale, dolo o colpa - ed anche della solidarietà umana che lega il difensore al suo assistito. pochi immaginano infatti che a fronteggiare un esercito di PM, Carabinieri, RIS e ROS, Polizia, GDF e periti a profusione vi è spesso solo l'avvocato, munito solo della nobile arte della argomentazione (studi Cicerone o Quintiliano). se pretendiamo che anche l'avvocato vada contro all'imputato potremmo adottare direttamente il sistema penale dell'ISIS! per non parlare poi del fatto che sovente il legislatore - più ignorante del popolino - introduce reati mostruosi per condotte che allarmano solo i giornalisti (o gli inserzionisti), tanto che spesso giudici ed avvocati debbono trovare accordi sottobanco per derubricarli, sennò fioccano anni di carcere. trovo infine assai poco elegante additare gli altri come persone di scarsa statura morale, anche perché il mio ufficio è pieno di "moralisti" che chiedono aiuto per aver commesso reati di cui spesso ignoravano addirittura l'esistenza. in conclusione, se proprio vorrà scrivere in futuro si documenti almeno un po' Andrea Secone - avvocato in Teramo.
Ho sempre pensato che il clima prenatalizio, generi in ognuno di noi delle vere e proprie ossessioni. C’è chi si fa prendere dall’ossessione di essere un po’ più sensibile nei confronti dei problemi della gente sfortunata, chi dall’ossessione di regalare qualcosa di originale ed utile alla fidanzata/moglie, chi dall’ossessione delle palle rotte (dell’albero) e così via. Quest’anno l’ossessione prenatalizia del prof. Serpentini pare sia il sistema giuridico italiano, nello specifico l’ossessione per la presunta ingiusta Giustizia che prolifera nei Tribunali a causa delle condotte niente affatto professionali ma riconducibili alle rispettive caratteristiche personali, dei soggetti essenziali per il regolare svolgimento dei processi nel nostro ordinamento,. Prima i magistrati (articolo qui pubblicato il 16.12.2014) che soggettivamente ricorrono all’extraterrestre “eccesso di formalismo giuridico”, adesso gli avvocati tacciati di dubbia moralità umana al punto da ipotizzare che non siano “veri uomini” se difendono un colpevole. Peccato devo dire, perché un generale dibattito sulle suddette due categorie sarebbe interessante, se solo l’argomento venisse posto all’attenzione dei lettori partendo dalla corretta riflessione secondo cui la normativa vigente rappresenta NON il mezzo che consente loro di fare come gli pare, bensì il limite entro il quale possono operare. Balza all’occhio come la propensione alla distruzione anziché alla costruzione, induca molti – prof. Serpentini compreso evidentemente – ad omettere oggettività che non possono restare avulse dal discorso. In questo caso voglio credere si sia trattato solo di una “naturale” conseguenza della menzionata propensione, tuttavia mi permetto di conservare il piccolo dubbio circa la consapevolezza dell’autore dell’articolo, di quanto certe omissioni (d’altronde riscontrate parimenti in occasione del pezzo sull’eccesso di formalismo giuridico dei magistrati) fossero necessarie per non far andare a gambe all’aria l’intero suo ragionamento. Non è un delitto se il prof. Serpentini scrive articoli su questo blog (anche) con lo scopo di ottenere consenso (sarebbe strano il contrario), ma deve capire una volta per tutte che sia la condivisione delle sue opinioni sia, a maggior ragione, il rispetto di chi non è d’accordo son cose che vanno guadagnate, non carpite. E per fare in modo che ciò accada, bisogna dire tutto perché senò – indipendentemente da quanto le omissioni siano in buona fede o meno – si scade nello spicciolo populismo che ai lettori-cittadini serve ad un bel niente. Perciò bisogna dire innanzitutto che essere difesi nei processi (penali e civili), è un diritto INVIOLABILE di TUTTI – quindi anche dei peggiori criminali – sancito dalla Costituzione Italiana (art. 24, comma 2). Quindi se è vero che gli avvocati hanno facoltà di non accettare un incarico, è anche vero che possono rinunciare per questioni personali di coscienza, ma mai e poi mai perché ritengono che il predetto articolo della Costituzione valga per chiunque fuorchè per chi si è macchiato di un reato infame. Non solo, un avvocato che accetta di assistere una persona accusata del più efferato crimine ha il dovere DEONTOLOGICO di difenderlo al meglio anche se sa che è colpevole, dando il massimo di sé sotto l’aspetto professionale tentando di farlo assolvere, comunque affinchè gli venga inflitta la pena più bassa possibile. Chi si laurea in Giurisprudenza ed ha delle preclusioni ideologiche in questo senso, fa qualche altro lavoro mantenendo intatta la propria moralità al pari di chi ha utilizzato la sua stessa laurea per fare l’avvocato e per farlo bene con convinzione. Affermare l’immoralità umana di un avvocato che adempie fedelmente al mandato ricevuto da un cliente che sa essere colpevole, significa minare uno dei fondamentali dogmi sui quali si regge una società civile. Capisco che per i non addetti ai lavori possa sembrare assurdo (tuttavia per me che pure non sono addetto ai lavori non è assurdo), ma la gente deve capire che gli avvocati svolgono nelle aule dei Tribunali una funzione esclusivamente tecnica e nel momento in cui la svolgono bene, cioè nel totale interesse del cliente, tanto non è vero che non sono “uomini veri”, tanto è vero che sono “avvocati veri” perché ossequiosi della Costituzione e del codice deontologico al quale sono assoggettati. Prof. Serpentini, ma quei suoi ex alunni oggi avvocati ai quali ha chiesto “come fanno a non far trasparire sul loro volto, durante le loro arringhe difensive, il fatto che fossero - che siano - a conoscenza della colpevolezza dei loro assistiti”, cosa le hanno risposto? Anche questo mica ce l’ha detto…
Un buon avvocato non dovrebbe fare assolvere a tutti i costi il proprio assistito se colpevole. A mio avviso, un buon avvocato dovrebbe battersi per ottenere il minimo della pena prevista mettendo in evidenza il contesto e motivando l'inevitabilità dell'azione criminosa. Invece c'è chi accetta di difendere criminali incalliti e conclamati, contro ogni principio morale, solo per affermare il proprio prestigio professionale. In quei casi si tratta solo di avvocati, non di uomini.
Caro Prof. stai toccando un terreno minato. Ormai in Italia sono più gli avvocati che gli operai non licenziati. Stanno dappertutto, anche nei tribunali. Qualcuno fa finta di non aver compreso il senso dell'articolo e giustificano tutto con il sacrosanto "diritto alla difesa" che nessuno mette in discussione. Ci sono tanti bravi avvocati che sanno fare il loro mestiere con correttezza e moralità. Ce ne sono altri che sono invece orgogliosi di aver fatto assolvere mafiosi assassini e politici corrotti. In teoria sono professionisti impareggiabili, ma se dovessi scambiare la mia misera busta paga con la loro, preferisco di gran lunga la mia povertà. Ma è solo un mio anonimo e modesto punto di vista.
Non sono un addetto ai lavori, ma consentitemi una riflessione anche alla luce dei vari commenti. Esiste anche una parte lesa, a volte, anche se nessun commentatore ne parla. Sacrosanto il diritto alla difesa, ma la difesa non è volta, come intende il sig. Secone, solo a limitare il potere (o strapotere) di ris, ros , guardia di finanza o pubblici ministeri. @Aznavour dice: "è ingiusto condannare un innocente ma anche condannare un colpevole ad una pena che non merita". Vero, ma è ingiusto anche che la vittima di un reato non ottenga "giustizia". Per far funzionare il discorso dobbiamo raccontarci che in realtà nessun cliente può considerarsi "colpevole", se non alla luce di una sentenza di terzo grado. Quindi un avvocato non difende mai un "colpevole", anche se in privato il "colpevole" ha ammesso la sua piena responsabilità. Il "colpevole" si sbaglia quando in privato ammette la propria responsabilità. Il bravo difensore lo dimostrerà in aula che non ci sono elementi sufficienti per condannare il suo cliente. Anche il cliente dovrà a quel punto arrendersi e prendere atto che la sua convinzione di avere quel maledetto giorno stuprato la sua povera vittima, era in realtà del tutto infondata!
l'avvocato in questa repubblica delle banane è un mestiere molto remunerativo, ed anche molto facile perché in questa repubblica delle banane non è mai esistita "la certezza del diritto" e abbiamo una burocrazia KAFKIANA, che facilita il malaffare: bisogna "oliare gli ingranaggi del sistema" vedi roma capitale, vedi BUSSI. l'avvocato fa il suo mestiere e in questa repubblica delle banane il compito gli è molto semplificato a differenza dei sistemi anglosassoni, dove per esempio non esiste la prescrizione: come se la sarebbero sfangata gli AD della montedison a Bussi, dopo l'avvelenamento consapevole di 500.000 abruzzesi. quello che ci vuole per avere un paese NORMALE è la certezza del diritto e una burocrazia efficente, ma questo cozza profondamente con gli interessi della mafia dei "colletti bianchi"(quella più pericolosa e che organica al potere politico amministrativo) come gli AD montedison, che infatti sono stati tutti assolti, la mafia sicula dei matteo messina denaro o chi per lui è solo manovalanza della mafia vera: quella dei "colletti bianchi" e il primo articolo della costituzione reale di questo paese, votata liberamente dal popolo italiano nel lontano 1948, recita cosi: "l'italia è una repubblica delle banane, fondata sull'intrallazzo, la sovranità appartiene all'oligarchia dei "colletti bianchi", che la esprime mediante l'incertezza del diritto e la burocrazia KAFKIANA"
“Amicus Plato, sed magis amica veritas” non magica...però, dopo tutto, Aristotele non era latino, perciò poteva pure sbagliare...a parte ciò, quel che mi pare singolare è che lei, prof. serpentini, si possa porre tale problema dopo aver presentato solo qualche giorno fa lo pseudo romanzo storico sulla guerra in Abissinia...in quel caso la 'verità' dove se l'è messa, sotto le scarpe?