Mercoledì 4 aprile 1990, a Teramo, all’Hotel Sporting si svolse un dibattito in vista delle elezioni amministrative, organizzato da Marco Pannella. Intervenni, tra gli altri, anche io, che allora ero direttore editoriale di Verde TV. Questa la trascrizione della seconda ed ultima parte del mio intervento di allora, di ben 24 anni fa, che mi sembra sia davvero di straordinaria attualità.
L’intero convegno è ascoltabile (ancora) in rete sul sito di Radio Radicale.it
http://www.radioradicale.it/scheda/35381?format=32
Qui una sola era la maniera di cambiare: fare una lista in cui fossero compresi tutti quelli che volevano cambiare. Se la volontà di cambiamento era una volontà reale. Una lista in cui ci fossero i comunisti, perché no?, i repubblicani, perché no?, i liberali, perché no?, i repubblicani, perché no? gli ambientalisti perché no? Ma a quel punto non bisognava andare a chiedere: “Da dove arrivi?”
Probabilmente, io ho mille chilometri di distanza politica da Marco Pannella, centocinquanta milioni di chilometri dai marxisti, gli altri avranno migliaia e migliaia di chilometri di distanza da me, che arrivo da dove arrivo. Ma qui si trattava di dire: “Siamo teramani”. E in fondo Pannella da teramano tornava, dopo essersi - e gli è stato anche rimproverato - disinteressato di Teramo negli anni passati, perché conduceva altre lotte, altre battaglie, e forse anche per un po’ di pudore non è venuto nella sua Teramo a fare l’accattone dei voti, no?
Ecco, non bisognava chiedersi da dove si arrivava, non mettersi a fare l’esame di laurea a chi doveva stare in lista e a chi non ci doveva stare, dire: “Dobbiamo cambiare questa città, dobbiamo cambiarla sul serio. Aiutateci anche voi democristiani a cambiarla, affinché il giovane architetto non debba prostituirsi a chi dice ‘io ho andato’ per lavorare, perché questa non sia una città dove il medico fa campagna elettorale al titolare di terza media che non può parlare non dico in televisione, ma in consiglio comunale, perché riderebbero tutti sulle sue parole. Questa è una città dove i primari ospedalieri sono al servizio degli infermieri, dove… non perché abbiano qualcosa di male, ma perché sono semplicemente portatori di voti del magnate democristiano e contano più del primario ospedaliero. Questa è una città in cui per lavorare, per dipingere, per disegnare, per fare mostre, per produrre, per contare qualcosa, perfino per parlare in qualche circostanza, occorre andarsi a raccomandare l’anima a chi conta. Questa è una città dove la mafia impera, questa è una città dove veramente bisogna cambiare, altrimenti dormiremo ancora per altri secoli.”
Ora la conclusione mi pare che possa essere anche abbastanza amara, perché, facendo il conto, si è visto che di gente che vuole veramente cambiare qualcosa in questa città ce n’è poca… ce n’è poca. E allora probabilmente la conclusione che Pannella lasciava intravedere: “Ma ce l’ha ordinato il medico di…”, è forse una conclusione amara, ma è una conclusione che non può essere anch’essa democratica. Perché, se la stragrande maggioranza dei teramani non vuole cambiare… ah beh, allora statevi in questa situazione. Dopo aver fatto il conto di chi vuole cambiare, di chi no… allora facciamo il conto…. Sì, si fa dopo le votazioni, signora, ma per fare le votazioni, la democrazia dice che si fanno delle liste, si chiede il parere della gente, si chiede il voto e poi si fanno i conti.
Ora, potrebbe sembrare strano - e Marco mi scuserà se io adesso faccio questo riferimento personale - che una perorazione o un’analisi di questo tipo venga da parte di uno che in questo momento si sta occupando di giornalismo e di televisione. Quindi queste mie parole vi sembreranno le parole di uno di parte, non di uno che sta facendo giornalismo. Beh, io sono abituato a ritenere che il giornalismo asettico di chi riferisce soltanto i fatti non esiste, esiste un giornalismo d’opinione, esiste un giornalismo di… non dico di schieramento, ma di opinione e ritengo soprattutto che un giornalismo d’opinione debba essere anche al servizio della città. Ed è al servizio della città e nella città nella misura in cui informa, informa non nascondendosi dietro le cose astruse, ma dietro le cose dette, pronunciate, alla luce del sole, dietro opinioni espresse con grande chiarezza, con grande lucidità, ma anche con grande sincerità.
Ritengo che anche il giornalismo debba avere una funzione di sprone, una funzione critica nei confronti del miglioramento di questa città. Perché sono convinto che anche colleghi che stanno su altre opinioni si battono in definitiva perché dal dibattito comune risulti un ruolo positivo della stampa. La stampa non è soltanto la cassa di risonanza del potere e in questa città in questi ultimi anni anche su questo la stampa teramana è cresciuta ed ha offerto alle associazioni ambientaliste, agli ecologisti, alle micro-associazioni, che non hanno migliaia e migliaia di iscritti, ma altrettanta dignità di parlare, la possibilità di dire, di informare, di spiegare, cosa che una volta non era. Perché non è giusto che, se un’associazione di emarginati, non raggiunge un certo numero di migliaia di entità, non possa dire, non possa parlare, non possa informare. E’ giusto che anche gli umili parlino, che anche i deboli parlino.
Credo che, se come dovremo leggere questa realtà, si andrà di fronte a nessuna lista… perché vi dico una cosa anche molto provocatoria: l’altro giorno ho mandato in onda un servizio in cui ho chiesto ai cittadini se volessero due liste civiche o se ne volessero una, e il risultato è stato alterno. C’è stato chi sapeva, chi non sapeva, chi ha confuso le liste civiche con nessuna lista, perché poi c’è una stragrande maggioranza di gente che non vuole cambiare semplicemente perché si adegua e vive e vegeta…
Bene, vi dico una cosa provocatoria, qui, se non ci sarà una sola lista, in definitiva… mi dispiace doverlo dire per la città, in realtà non ce ne sarà nemmeno una. Non so se avete capito questo. Se non ci sarà una e soltanto una lista, in realtà non ce ne sarà nemmeno una. Perché? Ma perché, se ci fosse stata una lista, magari un listone, come ho detto prima, ma, vivaddio, alla fine anche una raffazzonata, ma con quelli che veramente volevano cambiare, arrabbiati a voler cambiare, beh, la cosa avrebbe avuto un senso. C’era una idealità… Pannella che stava in lista con un comunista, un altro che stava in lista con un repubblicano, un liberale che stava in lista con un cossuttiano, ma tutti teramani, a voler cambiare questa città. Se invece restiamo sul piano delle liste separate, dei campanili, non ce ne sarà nemmeno una, signori, perché poi le liste sono quelle che arrivano e liste che arriveranno in consiglio comunale non ce ne saranno e… dico una cosa che dovete saper interpretare, non sarà possibile più “bluffare”….
Perché in questi ultimi mesi c’è anche chi ha “bluffato”, ma in politica non è come al poker, dove si dice “vedo”, si vince e si perde, si depositano le “fiches”. In politica è diverso e si “vede” un po’ prima, si “vede” prima, e noi che ci sia qualche “bluff” di troppo, in giro, ce ne siamo accorti, prima di dire “vedo” all’avversario sul tavolo verde.
(2. fine)
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