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Il Corrosivo. Ah, quel primo colpo di piccone!

di Elso Simone Serpentini
8 minuti

La fotografia che correda questo scritto, pubblicata su “Il Messaggero” di martedì 1° dicembre 1959 ha una forza evocativa e drammatica grandissima.
Che sia drammatica, lo percepiamo solo oggi. Ieri, allora, quando fu scattata, la drammaticità non c’era.
Né in chi usava il piccone né in chi lo vedeva usare. La didascalia è chiarificatrice del momento vissuto nell’atto di sferrare il primo colpo di piccone al Teatro Comunale di Teramo per iniziare l’opera di demolizione.
Al suo posto sarebbe stato costruito un nuovo edificio, con a piano terra la filiale dei Grandi Magazzini Standa, con l’ingresso che si sarebbe affacciato su Corso San Giorgio, e al piano superiore il nuovo Cine Teatro Comunale, con ingresso sul retro.

Il sorriso stampato sul volto del picconatore, il sindaco del tempo prof. Carino Gambacorta, rivela la soddisfazione per avere finalmente posto la parola fine ad una lunga e tormentata vicenda, una lunga polemica definita “ridicola” nella didascalia, sul tema dell’abbattimento e della ricostruzione.
La “fatidica cerimonia” della picconatura, precisa la stessa didascalia, era avvenuta alla presenza del ministro Spataro, ma “quasi alla chetichella”, ma non per questo meno significativa.
Lo era per tutti, meno per quei “pochi” che non sarebbero riusciti a mandare giù l’avvenimento e avrebbero voluto, “per non turbare i loro affari”, far rimanere Teramo “un ammasso di vecchiume”.

La foto, a considerarla oggi, è agghiacciante. E frutto dell’ironia della storia il fatto che a imbracciare quel piccone fosse non un politicante da strapazzo, ma un intellettuale, che aveva scritto libri di storia vantando le glorie e le antichità del teramano.
Un raffinato pensatore che avrebbe avuto più di tutti il dovere, perché ne aveva le capacità, di comprendere. E, invece, non comprese. Ma quel piccone lo imbracciarono tutti i teramani.

Lo imbracciammo tutti: chi decise, chi concordò, chi non si oppose, chi non si oppose abbastanza. “Solo il piccone può risolvere il problema del Comunale” aveva titolato un suo articolo Il Messaggero martedì 16 dicembre 1958. E con il piccone il problema venne “risolto”, dando il primo colpo al teatro e avviando i lavori di demolizione. "Il teatro era antigienico e inadatto a poter ospitare il pubblico di una città", si leggeva nel sommario.
Le sedie erano sgangherate e i pavimenti sconnessi, vi scorrazzavano legioni di topi. Nessun giornale ricordò da quanto tempo non si effettuavano lavori di manutenzione. Anzi, ci si lamentò che il locale fosse stato momentaneamente riaperto e fossero riprese le proiezioni cinematografiche.

Veniva invitato il questore, che tanto si interessava delle cose cittadine, ad intervenire e ad adottare quei provvedimenti idonei a scongiurare ad un pubblico bene educato il rischio di molti inconvenienti: latrine maleodoranti, pavimento di legno insicuro, sedie sgangherate, uscite di sicurezza non funzionanti, topi in libertà.
Per di più si registrava un pericoloso sovraffollamento festivo. C’era anche un problema di moralità pubblica.
Giorni prima in uno dei palchi, che sembravano fatti apposta per ospitare coppie clandestine, la questura aveva sorpreso un uomo e  una donna in atteggiamenti illeciti e li aveva portati negli uffici della polizia. “E’ questo un altro motivo” scriveva Il Messaggero “che gioca a favore della chiusura: il nostro teatro comunale nella sua attuale veste e disposizione di posti va assolutamente sostituito con altro più moderno, che, aboliti i palchi, disponga di galleria e platea ariose e luminose”.

Era il progresso moderno ad imporre lo sforzo all’amministrazione comunale, la quale aveva il compito di parlare chiaro agli amministrati e di mantenere fede alle promesse fatte, tenendo chiuso “un teatro dichiarato pubblicamente fuori uso, un vero obbrobrio,  per non dire di più, facendo tacere le più ignobili maldicenze che in mano avversaria finiscono col trasformarsi in pericolose e basse speculazioni politiche”.
A leggere oggi queste frasi, non si può non rabbrividire. D’accordo, non si può essere antistorici, anacronistici, si deve inquadrare tutto nel contesto temporale, tener conto che oggi c’è un’altra sensibilità (mica tanto, abbiamo rischiato seriamente di abbattere il campo sportivo comunale con argomentazioni analoghe a quelle che giustificarono l’abbattimento del Teatro Comunale), ma leggere che cosa scrisse la stampa dell’epoca fa lo stesso impressione.
Così come fa impressione leggere quanto dichiaravano i cittadini teramani, che furono presi tutti da una frenesia per i grandi magazzini a prezzo fissi e per averli avrebbero fatto qualsiasi cosa e, forse, avrebbero perfino concordato con l’abbattimento del Duomo.

C’era una ansia di modernità, si buttavano i vecchi mobili di legno (che fecero poi la fortuna di alcuni rigattieri) per sostituirli con nuovissimi mobili di formica lucida, si correva a comperare frigoriferi e apparecchi televisivi e tutto ciò che era antico veniva preso per vecchio ed inutile.
Ah, quel primo colpo di piccone, che non fu il solo, perché il piccone fu impiegato più volte, troppe volte, per abbattere e demolire altri edifici, che avrebbero meritato di restare in piedi e che oggi costituirebbero il vanto della nostra città se non fossero stati abbattuti e demoliti.

La stampa teramana preparò il terreno con campagne di stampa che mettevano in risalto il problema dei prezzi troppo alti, la necessità di un calmieramento dei prezzi, la voracità dei commercianti locali, ai quali si rimproverava di badare solo ai loro interessi di bottega e di ostacolare l’arrivo dei magazzini a prezzi fissi che avrebbero fatto loro concorrenza, minacciando di gettarli sul lastrico.

Ma anche i commercianti dichiararono di essere favorevoli, anche loro presi dall’ansia del nuovo e molti dissero che l’arrivo della Standa avrebbe richiamato consumatori dei paesi limitrofi e quindi ne avrebbero tratto vantaggi anche loro.
Solo i cartolibrai di dissero contrari ed era la categoria che per generi merceologici aveva invece meno da temere.
Tutti gli altri, teramani di ogni ceto e di ogni genere, non vedevamo l’ora che la Standa arrivasse e che Teramo finalmente, come diceva una pubblicità che la stessa società milanese fece pubblicare sulla rivista edita dal Comune ancor prima che la filiale fossa aperta, entrasse a far parte del novero delle “principali città d’Italia”.

Ah, quel colpo di piccone!
Quando alla fine il Teatro fu abbattuto e la gente vide quello scatolone quadrato che ne aveva preso il posto, dopo giorni e giorni di ressa davanti all’ingresso della Standa (dovette appostarsi la polizia per disciplinare gli ingressi), qualcuno capì, a poco poco, che era stato commesso un crimine.
Ci fu chi scrisse che era stato costruito un “silos” inguardabile, che il nuovo teatro era stato troppo sacrificato agli interesso della Standa con il suo ingresso nel retro del palazzo. Ma non mancò qualche sedicente critico d’arte che giustificò “il silos”, dicendo che si trattava di un’opera d’arte.
Ah quel piccone!
                           
             

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Commenti

E al bel sindaco ridente con il piccone in mano un altro bel sindaco ridente, a scanso di equivoci, ha intitolato riconoscente i Tigli dinanzi il capolavoro , abbellendo i giardini anche con la relativa statua e cio', come usava dire, " facendo tacere le più ignobili maldicenze che in mano avversaria finiscono col trasformarsi in pericolose e basse speculazioni politiche”. Amen.
Continuo a ripetere, e lo farò sempre, che per tentare di rimediare a quell'errore storico... l'unica soluzione è ricostruire il Teatro Comunale COM'ERA e DOV'ERA.
.... e il bello (anzi il brutto) che ancora oggi si sente quel cognome ancora circolare da più parti... senior, junior... dovrebbero essere sepolti nel dimenticatoio della memoria così come fecero per il teatro comunale!!
Paragonare quello squallido mostro di cemento che è il vecchio comunale al compianto anfiteatro?!!?! L'uno simbolo della mediocrità calcistica, il secondo di elevazione culturale? In che modo il primo ha ancora una qualsivoglia utilità nella nostra morente cittadina? Potessi farlo andrei personalmente a picconare pilastro per pilastro quello schifo e finalmente allargare la circonvallazione e magari creare uno spazio verde in tutto lo spazio liberato! Voglio vederlo scomparire in una nuvola di polvere! Una bella demolizione con gli esplosivi come fanno gli americani!
Stimatissimo Professore, non decontestualizziamo il periodo storico. Anche altri scempi urbanistici, furono commessi in citta'. Lasciamo riposare in pace l'ex sindaco di allora. Piuttosto, pienamente d'accordo con Angela e Fabrizio. Ma che c'entra poi il vecchio stadio con il teatro, l'anfiteatro con sopra le case, il teatro romano con sopra l'istituto, le vecchie poste con un altro palazzone, via Savini,...
Avendo studiato questo argomento ai tempi del Liceo in programmi e ricerche di Architettura, mi feci e mi sono fatto un'idea. Sono riuscito a capire (voglia di fare, modernizzare, la standa come simbolo di progresso), anche se non a giustificare i "picconatori" dell'epoca, ma quello che proprio non riesco a capire sono tutte le persone miope del nostro tempo (anfiteatro romano, vecchio stadio e vari siti di archeologia industriale odierni), come si può ragionare e sfregiare un patrimonio oggi come allora? Mi viene da piangere e per sfogarmi con uno scalpellino sfigurerei demolendoli i volti di questi signori.
A me, il com'era dov'era, sembra una grande sciocchezza. Cinquant'anni fa è stato commesso un gravissimo errore. Ricostruire un monumento simile adesso non ci porterebbe da nessuna parte. Siamo nel 2013, abbiamo talentuosi architetti e maestranze artigiane capaci di pensare e realizzare opere valide a livello estetico e funzionale. Affidiamoci a persone capaci, disdegniamo quelle che vincono bandi di gara solo per conoscenze politiche e speriamo in un futuro migliore
mi rivolgo ad Angela, Fabrizio e Anomalo........ Ma si buttiamo giù tutto ciò che di storico ha questa città,i vostri, soprattutto il tuo Angela sono ragionamenti ipocriti,egoisti. Non dimentichiamoci che più di 5000 Teramani sono contro l'abbattimento del nostro antico Comunale. Si potrebbe sfruttare in maniera adeguata, ma non abbatterlo! Io demolirei la tua abitazione.........
ERA DRAMMATICAMENTE INFESTATO DAI TOPI, se solo quella fosse stata la verità, due gatti soriani avrebbero risolto il problema; ma forse, all'epoca non erano disponibili gatti! la nostra città da sempre si vuole male e lo dimostrò anche allora. ricordate la demolizione del nuovo cinema paradiso ? nel bel film di tornatore il popolo guarda basito all'implosione del luogo dei sogni! il 30 novembre 1959 il popolo teramano , invece, gioisce per la demolizione dello storico e vilipeso teatro teatro comunale come se fosse l'ecomostro barese di punta perotti!...... e poi.... con la stessa disinvoltura, nei tempi andati, non ha forse sepolto l'anfiteatro romano ( quattro volte più grande di quello che ci appare ) nel cemento di almeno 5 palazzi che attualmente lo sovrastano. è lecito e possibile sbarazzarsi della storia e della cultura con una colata di cemento o con una ruspa? pardonne con un piccone ?...la nostra città , da sempre si vuole male e lo dimostrò anche allora. ...le temps passe e toi aussi
Cara Dolores non possiamo criticare i personaggi di allora. Hai tempi si correva dietro al nuovo e non ti dimenticare che la standa portò lavoro!! Anche negli anni 2000 si sono fatti degli scempi, fatti un giro nei reperti storici e guarda le coperture che hanno messo!! Per non parlare della fontana di Piazza Garibaldi o dell'ingresso del museo civico nella villa comunale. Che facciamo mettiamo al rogo Di Dalmazio e Brucchi? Senza dimenticare lo scempio dell'otto zero che ha distrutto un quartiere.
@anonimo delle 15.03 - si mettiamoli al rogo assieme agli altri che fanno scempio della nostra civiltà e cultura. Forse vogliono anche loro un busto ai Tigli??
non si commenta, questo articolo è perfetto.
Questa descrizione storica spiega benissimo i pensieri distruttivi che vengono avallati dalla voglia di modernità propria dell'uomo mediocre. Vivere in questo periodo in cui si pensa di distruggere e di ricostruire tutto, come nelle virtualità delle moderne automazioni digitali, ampiamente richiesto da alcuni commenti, ci fa perdere il valore delle cose. Ricordo che in un famoso delitto a Cogne fu articolata questa frase "Caro, non ti preoccupare, te ne faccio un altro di figlio". Cerchiamo di non distruggere tutto quello che incontriamo per strada.
« A decretare la fine del Teatro Comunale di Teramo non fu la povertà dell’Italia postbellica, non furono gli impresari, non fu una classe politica, la quale non interpretava altro che le esigenze e i desideri di un’intera popolazione. Fu la Città, furono i teramani, fummo noi. La congiura non fu di parte, di classe, di partito. Fu collettiva. Le responsabilità non furono solo di un’amministrazione miope, di una direzione artistica inesistente o di un pubblico impreparato. Fu anzitutto l’acquiescenza diffusa a un malcostume sociale per cui la cultura artistica, specie quella drammatica, rientra a tutti gli effetti fra i beni voluttuari, assegnati all’effimero, e come tali facilmente rimpiazzabili » (Silvio Paolini Merlo, Destino di un Teatro, in Teramani, febbraio 2010)
Quante sciocchezze ho letto tra i commenti, corbellerie che denotano quanto molti teramani ignorino la storia della propria città ed altri, per convenienza o per semplice ingenuità, credano alle favolette (io non dico dal periodo della fondazione, ma quanto meno studiatevi SERIAMENTE le vicende urbanistiche degli ultimi cento anni e soprattutto vedete se anche in altre città abbiano fatto lo stesso negli anni '60 per la "brama di modernità"...ve lo dico io, PROPRIO NO o perlomeno non in maniera così invasiva ed impattante come a Teramo, fatta eccezione per alcune città bombardate o devastate da terremoti e ricostruite speculando alla grande)...e se a qualcuno sfugge ve lo rammento io, non furono i teramani a chiedere la demolizione del glorioso Teatro Comunale come vorrebbe darci a bere un certo Paolini Merlo (ma nn solo lui) che forse scrive libri su commissione di difensori della "causa Gambacorta", così come non era vero (lo sostengono gli stessi gambacortiani) che fu per Gambacorta una scelta sofferta quella del Comunale (basta guardare il suo sorriso a 34 denti in questa foto), sicuramente molti teramani dell'epoca desideravano la Standa ma la decisione di costruirla abbattendo il gioiello di Mezucelli fu presa dalla classe dirigente dell'epoca, con Carino Gambacorta sindaco, dietro richiesta PERENTORIA della ditta a cui venne dato l'appalto (guarda caso sottobanco, senza gara..quindi dietro laute ricompense..oggi si chiamano mazzette e voti di scambio, all'epoca non saprei), ditta che pretese quella location con ingresso principale della Standa su Corso San Giorgio (e poi scusate, le abbiamo forse volute noi cittadini alcune brutture odierne tipo Ipogeo, Chiesa della cona, asfalto su strade medievali e teatri romani ecc?!NO, quindi...)...Gambacorta, sindaco che tutt'oggi viene osannato, difeso (forse per salvaguardare l'immagine dei suoi discendenti?!) fu il sindaco sotto la cui amministrazione non venne demolito solo il Teatro comunale bensì mezzo centro storico, edifici storici di pregio e opere d'arte andate in fumo nel giro di 13anni di suo mandato (molte delle quali in attuazione dello scellerato piano di risanamento di S.Maria a Bitetto...andatevi a vedere a che epoca risaliva quest'ultimo), proprio lui, "illuminato intellettuale" che aveva scritto numerose opere sulla storia e l'arte del territorio teramano permette tutto ciò?!..continuate pure a difenderlo credendo alle favolette e alla sua buona fede ma non pensate che il suo busto rimanga lì ancora per molto!!! ps. più che d'accordo con Fabrizio Primoli, NO a brutture moderne in Centro storico ma ricostruzione COM'ERA DOV'ERA (con priorità per la parte esterna, personale opinione) del Teatro ottocentesco di Mezucelli: nessun problema di falso storico facendo ciò (quest'ultimo nn è altro che un falso problema inventato da architetti modernisti sboroni e da politici)...saluti
dovremmo andare lungo i tigli e togliere la statua del gambacorta, persona non solo distruttore del teatro. ma di tutta la storia di teramo. Vedi anche demolizioni di palazzi storici in santa maria Di bitetto. Togliere il nome ai giardini Carno Gambacorta, rivogliamo il nome dei tigli.