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Il Corrosivo: Teramani tra le rovine

di Elso Simone Serpentini
10 minuti

Torno a Teramo per qualche ora e la città mi appare subito strana. La Coppa Interamnia è finita, ma per le strade si aggira ancora qualche giovane straniero, subito riconoscibile dall’abbigliamento e dal comportamento, entrambi visibilmente non autoctoni.  Il campo centrale di Piazza Martiri è smontato a metà e si avverte un senso di disarmo generale, di disorientamento post evento. So che di questi tempi Teramo si prepara al suo letargo estivo, anche se sarebbe lecito aspettarsi una movida visto che è stato nominato un assessore specifico per la sua regolamentazione.

Un rumore infernale attira la mia attenzione all’imbocco di Via Capuani, una volta via Garibaldi: un martello pneumatico sta sfondando il selciato. Qualche domanda e conosco il motivo di tanto fervore, peraltro di un unico addetto ai lavori: pare che si voglia istallare qui, e in alcuni altri punti, un cilindro che, sbucando dal terreno, servirà a sbarrare il passo a quanti, essendo riusciti a superare lo sbarramento di via Oberdan, oseranno violare l’isola pedonale.

Decisamente si vuole pedonalizzare il centro storico, causando così la riapertura del dibattito tra i commercianti teramani, alcuni dei quali vorrebbero che i potenziali clienti riuscissero a parcheggiare come un tempo davanti al loro negozio e altri concordano sull’opportunità di vietare il traffico automobilistico nelle vie e nelle piazze del centro cittadino. Dibattiti a parte, il commercio teramano si trova davvero in uno stato che richiama il concetto di “rovina”.

Non nel senso nobile, che si può attribuire al Teatro dell’antica Interamnia, no, perché qui da noi ciò che costituisce davvero una rovina, con valenze storiche, e che potrebbe avere valore ed essere valorizzato, viene lasciato deperire senza appropriato apprezzamento. Ma tutto ciò che fino a poco tempo aveva valore e veniva apprezzato si trova pure in rovina, sì che i teramani, forse senza rendersene conto – non tutti almeno – vivono ormai tra le rovine. 

Portiamoci in Piazza Garibaldi, dove una piazza che era una volta tra le più belle d’Italia, con una magnifica vista del Gran Sasso, è una lacrimevole rovina, con un ipogeo non completato, una copertura ridicola che risulta vergognosa, e un sottopassaggio diventato ormai una latrina a cielo chiuso. Poco distante c’è un’altra rovina: ciò che resta del Consorzio dell’Acquedotto del Ruzzo, con un bilancio disastroso, frutto di anni e anni di cattiva amministrazione, scientificamente finalizzata ad accrescere le perdite sia nelle condutture dell’acqua che nelle pieghe – anzi nelle piaghe del bilancio, incancrenita dalla lottizzazione politica e partitica e distrutta dal clientelismo. Scendendo lungo Corso San Giorgio, ci si imbatte in un’altra rovina: le ex splendide vetrine della Standa e poi dell’Oviesse stanno depauperandosi nel vuoto concettuale ed esistenziale e il rosa della saracinesca rappresenta il simbolo cromatico di un sogno svanito forse per sempre.

Anche l’adiacente Cine Teatro Comunale è una rovina: la gestione va avanti a tozzi e bocconi, senza un perché e senza un orientamento, con un bar lasciato anch’esso a rovinarsi giorno per giorno, anch’esso senza un perché e una ragione per continuare a vivere e con pochissimi motivi, di poco conto, per continuare a sopravvivere. Tutto lo stabile è una “rovina” e, riconsiderando quella facciata di mattoni con bugne, non si può non ripensare a quando fu giudicato, secondo me a ragione, subito dopo l’inaugurazione, “una scatola per tacchini”, un “silos”. 

Scendendo ancora lungo il Corso, il cui selciato è anch’esso in rovina, con buche bruttissime e rappezzi osceni, ci si imbatte sulla destra con un altro stabile che, ancora esteriormente in ottimo stato, è all’interno una vera rovina. La Tercas, ritenuta un tempo un fiore all’occhiello dell’economia teramana, è oggi una realtà scalcinata, con i calcinacci dappertutto e i soffitti strapiombati, crateri sui pavimenti e monconi di strutture, scheletriti muri di sostegno venuti giù e diroccati, dopo aver travolto risparmiatori e azionisti. Altri istituti di credito cittadini non versano in migliori condizioni, così come altri enti pubblici gestiti con disinvolta allegria, sempre all’insegna di un personalistico spirito clientelare. Se Teramo è oggi una città in rovina, lo deve ai decenni della gestione di un partito egemone, la Democrazia Cristiana, e ai suoi esponenti, che non hanno mai tenuto in considerazione gli interessi pubblici e comuni, anche quando hanno finta di farlo.

La gestione del credito e dell’economia, delle cattedre universitarie e di un indotto gravante intorno ad ogni altro istituto di ricerca e di cultura, hanno sempre avuto peccati di origine in una visione parcellare dell’umanità e della collettività. Le persone sono state considerate non come tali, ma come elettori da cui avere il consenso in cambio di favori o come esito di minacce e ritorsioni. Basta dare uno sguardo da Piazza Garibaldi alle prospicienti Coste di Sant’Agostino per comprendere che la speculazione edilizia rappresenta più di un capitolo vergognoso della storia di Teramo, così come la gestione della Team, dell’Ater e di qualsiasi altro ente che ha avuto nella politica democristiana la propria ragione di esistenza e di perpetuazione di privilegi e di prebende.
La nostra discarica è una rovina, il Cirsu è una rovina, il Consorzio Agrario è una rovina, molte nostre scuole lo sono, il Premio Teramo lo è, la Coppa Interamnia rischia di diventarlo, così come il nostro Tribunale, le nostre strade, il nostro tessuto urbano, Piazza Dante, il vecchio campo sportivo Comunale, i nostri giardini pubblici, il nostro lungofiume.

Dai Padreterni di un tempo dell’era democristiana, dai Gambacorta, dai Tancredi, dai Nisii, dagli Aiardi, abbiamo avuto in eredita una città in rovina e le rovine di una città. Interi fabbricati storici sono stati demoliti per far posto ad anonimi palazzoni moderni, la cui ragione di esistere è rintracciabile solo nella speculazione. Molti altri sono stati lasciati in abbandono, a deperirsi, nella speranza di far loro subire la stessa fine. Siamo qui a chiederci ancora come un sindaco ritenuto “illuminato” come Gambacorta abbia consentito o determinato l’abbattimento di mezza città e come un altro politico “illuminato” come Lino Nisii abbia potuto lasciare andare in rovina la più importante banca del nostro territorio, o per insipienza (ipotesi incredibile considerato che è sempre passato per il più scaltro professionista cittadino, quale si è sempre giudicato anche lui) o per complicità (ipotesi incredibile, perché gli si sono sempre accreditate, insieme alla scaltrezza, una sicura tempra morale e una adamantina virtù).

Siamo ancora a chiederci come mai un politico come Alberto Aiardi, ritenuto e celebrato anche recentemente come un economista di gran valore e quasi uno statista di gran livello, non abbia mai prodotto in realtà un vero e serio studio che potesse servire da vademecum per l’economia teramana e per il mondo delle piccole e medie imprese, alla cui analisi si è sempre dedicato.

Siamo a chiederci come mai Antonio Tancredi abbia lasciato anche lui solo delle rovine, perché tutte le sue creature, dalle strutture viarie, all’università, al sistema creditizio e a diverse intraprese culturali, risentono oggi di un malessere che non è fenomeno recente, ma antico, che affonda le proprie radici negli stessi atti costitutivi. 

Non c’è un solo settore nel quale a Teramo non ci si trovi di fronte ad una rovina che sembra irreversibile. Abbiamo puntato quasi tutto sugli uffici di rappresentanza per tenere in piedi il nostro ruolo di città capoluogo e in questo campo tutto è venuto meno, nel tempo, con la soppressione del Distretto Militare, della Telecom, della Banca d’Italia, della Provincia e di altre realtà territoriali. Non abbiamo mai puntato su una intelligente strategia di vie di comunicazione e abbiamo prodotto solo aborti come il Lotto Zero e la Teramo-Mare. Abbiamo provato a darci una vocazione industriale che non avevamo e le rovine del nostro nucleo industriale rappresentano il fallimento del tentativo. Perfino la tardiva realizzazione di centri di grande distribuzione mostra le prime crepe e il commercio al minuto è da tempo esangue. Scopriamo che quelle poche realtà che sono sfuggite al dominio della balena bianca democristiana, come l’Istituto Zooprofilattico, sono state gestite per anni con la stessa logica padronale e personalistica anche se da schieramenti politici differenti e da diverse obbedienze.

Se guardate Teramo di notte dal Pennino (cioè dalla Specola) la troverete bella come prima e ancora di più, illuminata e simile a quel paniere di lucciole di cui parla il poeta dialettale Alfonso Sardella in una delle sue poesie più belle. Se la guardate di giorno, noterete i segni di sofferenze che non possono sfuggire agli sguardi più attenti. Ma se la guardate con gli occhi con i quali è più difficile vedere, quelli della mente, dell’analisi lucida e di una valutazione economica, sociale e culturale, vi accorgerete di quell’ammasso di rovine tra le quali i teramani continuano a vivere, non tutti avendone consapevolezza.

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Professore, sempre lucide le sue analisi! Sigh! Ma ha lasciato nell'oblio delle rovine l'Istituto musicale di alta cultura, insomma quello che viene chiamato da sempre il Liceo Braga, che ha avviato e formato alla musica centinaia e centinaia di giovani sul territorio e oltre! Commissariato da più di due anni, perchè? Con il Commissario ministeriale mandato da Roma e quale Presidente il Magnifico Rettore D'Amico, con la Vice Direttrice Colangelo, legata a doppio filo all'ex Governatore Chiodi, della quale è impossibile rintracciare un qualsivoglia curriculum! In questi anni di gestione l'Istituto, in una sede dichiarata inagibile, dopo essere riuscito ad ottenere Corsi universitari di secondo livello, sta implodendo, nel silenzio generale. Insomma, il Magnifico Rettore D'Amico era stato accolto dalla stampa come il Salvatore della situazione, con gli Enti locali che non riescono ad assolvere economicamente a quanto devono. Invece, tanto rumore per nulla! I dipendenti sono da sei mesi senza stipendio!! E nessuno ne parla, nessuno fa niente! In piena campagna elettorale, sul sito del Comune, è apparsa la notizia che il Ministero ha assegnato una somma all'Istituto boccheggiante (poco più di 200 mila euro) e il Sindaco Brucchi lo pone in evidenza, come se fosse un successo a lui ascrivibile! Mentre invece dipende dall'impegno di altri Istituti musicali italiani e dai loro Direttori, Presidenti e politici accorti! Qualcuno si sveglierà dal torpore e deciderà che sia l'ora di salvare -veramente- un Istituto che ha due secoli? Forse no, la cultura non è più di moda!
Un popolo in rovina che si e' lasciato rovinare dal clientelismo di una politica in rovina, l'interesse del teramano e' diventato un'ambizione di scarso valore, in rovina anche questo. Questa ultima rovina non permetterà' mai nessuna ricostruzione ma solo opere di rovinosa decadenza.
Ottima analisi, nulla da eccepire, vorrei solo aggiungere che tra tante rovine non viene dato il giusto risalto al nostro centralissimo quartiere storico che si chiama piazza sant Anna e ex manicomio, luogo in totale abbandono e ancor piu' in evidenza in questo mese di ricorrenza. Via Gettulio e' una delle poche vie pavimentata, ma rappezzata con maldestre macchie di asfalto, ma questa specie di sindaco non le vede tutte queste brutture?
come non approvare l'analisi impietosa di una Teramo in rovina?? vogliamo parlare anche della "zona castello "??? rifiuti,sporcizia,illuminazione scadente , via G.D'arco "non pervenuta" come segnaletica, e vandali all'opera una notte ,si e l'altra pure:addirittura ladri di vasi nelle due o tre abitazioni adiacenti all stradina....... Citta' inesistente,ferma,immobile nell'indifferenza di chi la dovrebbe "governare"!!
Il 14 novembre 1926, nel Teatro Comunale, ebbe luogo un convegno su Dante Alighieri, promosso dall'omonimo comitato. In apertura dei lavori il Prof. Giacomo Franchi, relatore e illustre abruzzese, rivolse queste belle parole al pubblico che affollava la sala: «Dedico questo evento alla Città di Teramo, mia patria intellettuale, antichissima culla di umani e gentili studi, perché si mantenga nella romana fede di Dante animatrice della nuova Italia».
I Brucchi o i Di Pasquale di oggi altro non sono che eredi dei personaggi illustrati nell'articolo. Per chi volesse provare, si provi a chiedere al primo cosa pensi di Tancredi e Gambacorta ed alla seconda cosa pensi di Nisii. La differenza tra ieri ed oggi è che ieri era difficile cambiare, bisognava pure considerare l'ideologia, oggi basterebbe usare a dovere la matita copiativa. E' una grandissima responsabilità di noi cittadini. La colpa è nostra. Delle due l'una: o non ci lamentiamo, o ci svegliamo.
Articolo puntuale come ogni corrosivo, analisi attenta e direi realistica e brutale allo stesso tempo, personalmente non mi meraviglia più nulla, tutto si sa se si vuol sapere, tutto è chiaro se si vuol vedere, ma sono i cittadini i primi responsabile di questo irreversibile degrado, solo loro che hanno ciò che meritano, e tutti noi e loro abbiamo la vista per vedere il grado caro professore, persone come lei ha la capacità di rendere pubblico le inefficienze di questi incapaci amministratori, ma è ciò che meritiamo.
Professore, perchè ha dimenticato di citare la Villa Comunale, in rovina grazie a - incultura (una volta c'era il giardiniere, impiegato comunale che la teneva in ordine con orgoglio e con una squadra di collaboratori) oggi i dipendenti comunali tutti col culo grasso su inutili scartoffie - incultura (il palazzetto ottocentesco della pinacoteca che vomita una colata di cemento armato) - incultura (giovani e giovinastri che imbrattano, distruggono, bevono, si ubriacano, pisciano, urlano e mettono in fuga i pochi residui frequentatori "civili") - incultura (la pretesa di una "classe dirigente" - PUAH - di trasformare quello che la Villa era, un piccolo e armonioso polmone di verde e tranquillità, in quello che la Villa non sarà mai, una parte del percorso com'è che si chiama PRUT ?????) La "classe dirigente" soffre di incultura, il cittadino paga le tasse e se lo piglia incul. Il "modello Teramo" resiste !