Salta al contenuto principale

Il corrosivo: Incompetenza, impotenza, arroganza

di Elso Simone Serpentini
6 minuti

Questa settimana, leggendo la cronaca delle gazzette teramane ho imparato molto. Ovviamente, ho imparato di più leggendo i blog e qualche pagina di Facebook. Perché le gazzette dei nostri tempi sono parche e porche. La realtà che raccontano è una realtà platinata, anche quando provano ad usare carta riciclata (più o meno). Quanto poi ai notiziari televisivi… bisogna procedere con il lanternino, ma qualcosa si trova, se si cerca.
Dunque, provo a fare un bilancio di quello che ho imparato. Ho imparato che il flop di un concerto di capodanno può dipendere da una megalomane elefantiasi delle ambizioni, che ha portato a sovradimensionare tutto: palco, cachet dell’artista, luci, budget, ma anche a gonfiare prezzi e costi - compresa l’Iva, pagata al 22% invece che al 10% - e forse a completare qualche scambio di favore elettorale. Ho imparato che tutto questo può unirsi ad una grande incompetenza, che è il primo segno distintivo della maggior parte (se non tutti) degli assessori che Brucchi ha scelto come esecutori delle sue ambizioni.

L’assessore al ramo ha giocato senza sapere nulla del gioco al quale giocava, mostrandosi spaesata in ogni tempo e in ogni dove e non sapendo da che parte cominciare nello sbrogliare una matassa di cui ignorava la consistenza e la natura. Ci ha snocciolato una serie di dati incerti e controversi sul costo dell’artista, smentita dall’interessata, ma non fornendoli mai su un altro che artista si autodefinisce ma si fa grande fatica a considerarlo tale. Questo secondo “chansonnier”, noto per il suo invito ad alzare le ascelle e per quello rivolto ad un non meglio identifico “Bastià” ad “attaccare”, pare che sia intramontabile e insostituibile nelle scelte musicali di questa giunta, di cui rappresenta tanto metaforicamente il basso livello culturale. Ho imparato anche che il genere “pecoreccio” piace molto agli interpreti e ai protagonisti del nostro concerto di capodanno, che ha molto da invidiare a quello viennese. Ne abbiamo avuto un esempio fonico nella telefonata in cui è stato letteralmente mandato “affanculo” un giornalista, qualificato anche dell’appellativo “strunzò”, mentre in sottofondo si udiva una elegante voce femminile che in un gorgheggio chiedeva: “Ciaè mo?”

La commedia all’italiana ha molto da invidiare a queste pagine di autentico “pecoreccio” nostrano, che sa tanto di tavole imbandite in un nugolo di mosche provenienti dalla vicina stalla. Anche questo ho imparato, che si può accoppiare la sapienza nello spostare i tasti di un mixer audio con l’invocazione di una ferrea “privacy”, difesa con tanto pecoreccio vigore, quando telefona un giornalista per chiedere spiegazioni. Ho imparato che si può giocare con le cifre e con le fatture, con gli sponsor e con le delibere, facendo comparire e sparire queste e quelle in una nuvola evanescente.

Ho imparato anche che c’è chi abbandona i propri libri in strada, considerandoli come rifiuti, nemmeno tanto speciali, e chiamare la Team per il ritiro, ignorando che anche i libri hanno un’anima, nascono, vivono e muoiono, sentono, odiano, amano, hanno freddo, paura, e alcuni di loro sono coraggiosi, altri vigliacchi, altri sono timidi, altri cercano di richiamare lettori con la seduzione delle loro pagine che si sfogliano al vento nel mattino. In quel mucchio di libri abbandonati in strada, come accade ai cani di cui i proprietari vogliono sbarazzarsi al principiare dell’estate e all’arrivo delle vacanze, come accade ai vecchi i cui famigliari lasciano in un ospizio o in una corsia d’ospedale quando sono stanchi di badare a loro. Ce n’erano alcuni che erano ancora intonsi, come mostravano le loro pagine ancora vergini, non sfiorate dal tagliacarte, mai lette.

Ho imparato che si può essere giovani e vecchi, piccini e credersi grandi, che ci può illudere di portare un cane al guinzaglio senza capire di essere portato da lui, e perfino senza sapere di essere di lui più mordace e idrofobo.
Ho imparato che ci si può credere della forza e della potenza dei propri genitori e forti di una grande debolezza, scambiata per iniqua arroganza.
Ho imparato che si può promettere primavere e regalare solo inverni o, nella migliore delle ipotesi, solo autunni. Ho imparato che si può chiedere ai teramani di pagare somme incredibili per il ritiro dei rifiuti e costringendoli poi a vivere tra l’immondizia, non raccolta per giorni e giorni. 

Ho imparato che l’arroganza si sposa spesso con l’incompetenza e con l’impotenza; che viene ritenuto naturale che le case popolari, proprio perché popolari, siano ricolme di liquami; che le parolacce possano essere considerate come segnali di distinzione e di nobiltà, oltre che di alto lignaggio; che si può nutrire ogni tipo di ambizione politica senza avere alcun merito e alcuna qualità.
Ho imparato anche che si può far credere a tutti di essere il predestinato, l’uomo nuovo della politica teramana, capace di cambiare il corso degli eventi e il destino di una città ed essere, almeno per me, la delusione più grande, per la straordinaria capacità di accettare tutto e tutti, da tutti, di fingere di puntare al nuovo per accontentarsi del vecchio.

Ho imparato che si può essere Paolo Gatti credendosi un innovatore, senza ammettere di essere sì, Paolo Gatti, ma di non avere che un orizzonte politico assai limitato, non un gigante sulle spalle di un pigmeo, e nemmeno un pigmeo sulle spalle di un gigante, ma, sempre politicamente parlando, solo un pigmeo sulle spalle di un altro pigmeo.
Ma su quest’ultimo argomento tornerò prossimamente in modo più argomentato.

Commenta

CAPTCHA

Commenti

Articolo bellissimo e mai definizione fu più azzeccata di quella su Paolo Gatti, un pigmeo! politicamente parlando ovviamente!
Quando si dice che "la classe non è acqua"!!!!!!