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PD: Chi sbroglia i Brogli a corso De Michetti?

di Giancarlo Falconi
1 minuto

Robert Verrocchio, segretario provinciale del partito Democratico di Teramo, da noi definito politicamente lo scendiletto a servizio di Ginoble e Verticelli, si è inventato la solitudine dei numeri Primi. Due liste. Uomini e Donne. Il moderno Maria De Filippi, ha cercato di far passare il suo cavallo da corsa, al femminile, Stefania Ferri, come seconda in lizza per le Politiche e Renzo Di Sabatino, il terzo, nonostante i maggiori voti.
Un gioco da ultimo pasto. La frutta è servita. Il tutto verrà smentito e scoperto dal regionale di Paolucci, che indicherà come da regolamento e come analisi globale, Ginoble e Di Sabatino.
Colpa o merito delle altre donne da primarie.
Stefania Pezzopane, prima a L'Aquila, Vittoria D'Incecco, seconda a Pescara e Maria Amato, prima a Chieti.
Ancora una volta faremo la figura da perecottari. L'abbiamo fatta su rai tre. Verrocchio era confuso.
Ancora una volta Verrocchio si è dimostrato senza lettura. Senza consigli. Senza visione.
Circondato, si è arreso a tutti. Ora forse... è giunto il momento che si arrenda a se stesso.

 

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Commenti

Verrocchio si deve dimettere..altro che lanciare le primarie...si deve lanciare dal ponte!!!aveva tutti gli strumenti in mano per rinnovare il partito...sostenendo sia renzo di sabatino che stefania ferri..due veri candidati del territorio...invece ha preferito fare il servo sciocco a verticelli!!che fine brutta per entrambi!!!ma i cittadini sono piu intelligenti dei politici...ed infatti a parte le truppe camellate di ginoble..la gente ha scelto di cambiare!!adesso è ora che i dirigenti del Pd facciano la stessa cosa:cambiare il segretario che ha sbagliato e perso tutto...anche la faccia!
Mi chiedo, e chiedo, che valore abbia, in sé, una lista in cui l'ordine assicura l'elezione certa a seconda del posto che vi si occupa, ma in base al principio dell'alternanza uomo-donna. Mi chiedo, e chiedo, perché ci si limiti, in una realtà sociale ed antropologica assai più complessa di un tempo, ad una dicotomia, e non ci si apra ad una tricotomia, l'alternanza uomo-donna-terzo sesso, anzi, ad una quadricotomia, esistendo un'omosessualità maschile ed una femminile. Mi chiedo, e chiedo, quando il PD e la politica italiana in genere faranno, magari restando alla dicotomia, un ulteriore passo avanti, basando l'alternanza non solo sull'archetipo del genere sessuale (uomo-donna), ma su quello del colore della pelle (bianco-nero), o della struttura somatica (alto-basso), o del colore dei capelli (biondi-neri), o del possesso stesso dei capelli (capelloni-calvi, proprio per non lasciare senza risorse gente alla Falconi), e così via dicendo, avanzando verso alternanze post-moderne. Ovviamente, sia il PD che gli altri partiti, eviteranno di basare le liste dei candidati a cui garantire la sicura elezione su dicotomie di altro tipo, per esempio: ladri-onesti, capaci-incapaci, competenti-incompetenti. Ecco, a voler essere proprio moderno e progressiste forse il PD arriverà ad una dicotomia di tipo dopolavoristico: scapoli-ammogliati. P.S. Per evitare che qualcuno mi prenda troppo sul serio, preciso che tutto quanto ho scritto sopra ha un'intonazione sarcastica, amaramente sarcastica.
Ho versato per la seconda volta 2 euro. Al seggio c'erano gli anonimi eroi del partito: i volontari al freddo. I cavalli vincenti erano al caldo. Ho votato sapendo di aderire al gioco delle tre carte, dove vince sempre il banco. Così è stato. Come molti, come tanti ho ubbidito al dovere di esserci, anche se le idee si sono eclissate e nei personaggi - nei noti personaggi che comporranno l lista dei cooptati - tali idee non sono mai nate e dal loro agire/fare, ad esse sono e sono stati da sempre indifferenti. Ho tratto una lezione da questa esperienza e dai risultati di queste ennesime "cammellarie": è tempo di dichiararmi esule in patria o... emigrare.
La nostra personale soddisfazione, felicità e la nostra personale leva calcistica per la candidatura di Renzo Di Sabatino.
che bello il PD ha dimostrato tutta la sua voglia di rinnovamento, di democrazia e di vera freschezza politica. Ginoble è un giovane politico che sicuramente saprà portare in parlamemto la voce dei semplici cittadini, e non gli interessi dei soliti noti. Bravi !!!
Al compagno filosofo, che amaramente prospetta per il futuro di dichiararsi esule in patria, o emigrare, ricordo quanto ebbi a scrivere in questa epistola a Lino Befacchia, il giorno in cui venni a sapere della sua decisione di abbandonare la politica attiva. Il corrosivo del 30 settembre 2011 Epistola a Lino Befacchia per la sua liberazione Caro Lino, le gazzette mi riportano che ti sei dimesso da consigliere comunale, inviando una nobile lettera che è quasi un’invettiva, e che alcuni hanno per questo espresso il proprio rammarico. Comprenderai bene che io, invece, esprimo il mio compiacimento, sapendo prossimo il tuo ritorno tra noi, dai quali ti allontanasti dando le dimissioni da libero pensatore quando avesti la debolezza, o il coraggio, di accettare una candidatura a sindaco. Ora siamo qui, che ti aspettiamo, pronti a darti merito del tuo eroismo, o a rimproverarti per la tua debolezza, felici di poter ammazzare per te il vitello grasso. Soltanto tu puoi sapere se sei stato un eroe, immolato ad una sicura e consapevole sconfitta, o se sei stato un ingenuo, attratto dalle sirene di quel mondo che non ti ha mai accettato e alla fine ti ha respinto, o forse tu hai respinto. Io e te sappiamo che il compito che ti eri sobbarcato era assai difficile. Ne aveva parlato Platone nel suo celebre mito della caverna, quando diceva che coloro i quali erano riusciti a liberarsi dalla schiavitù della convinzione che le ombre proiettate sul fondo di un antro oscuro dalla luce del sole che avevano alle spalle costituissero il vero ed erano usciti all’esterno per contemplare la vera realtà, avevano il dovere di tornare, a turno, dentro la caverna, per tentare di convincere gli altri, rimasti nell’oscurità, della necessità di compiere un identico percorso verso la luce. Platone ci aveva avvertiti: quegli schiavi delle ombre non amano essere distolti dalla visione dei loro simulacri di verità e lasciarsi trarre a distaccarsene, e sono disposti a tutto per rimanere nelle loro false considerazioni e nelle loro menzognere convinzioni. Così hai sperimentato anche tu quanto essi siano ostili a chi cerca di guidarli verso la liberazione dalla loro schiavitù e proni a seguire il verbo di chi continua a sfruttare il loro convincimento che le ombre siano vere e che verità siano ombre. Io e te sappiamo quanto noi si debba far festa per la tua liberazione dal carcere degli affari e della politica e quanto gli amici ne siano contenti, al punto di inneggiare alle nostre divinità, i valori etici e morali, che l’hanno favorita. Ti accoglieremo in patria come un esule che rivediamo dopo lungo tempo, uscito finalmente dal tuo “Spielberg”, dove tanto hai sofferto, senza nemmeno la consolazione di una rosa che consentì al povero Maroncelli di ringraziare il vecchio chirurgo che gli amputava un arto. Anche tu hai avuto qualche Giuda nel tuo orto di Getsemani, ma tu sapevi quanto ne contasse, a frotte, il tuo Monte degli Uulivi e, pur avendone individuati molti, hai affrontato consapevole il loro tradimento, esponendo il tuo petto al pugnale dei tuoi Bruti. Purtroppo, quando ti vedemmo partire dalla nostra terra, una diecina di anni fa, sapevamo tutti che saresti naufragato e che la procella avrebbe condotto il tuo legno su territori ostili, tra popolazioni che ti avrebbero considerato nemico pur fingendo di trattarti da amico; sapevamo che tanta sarebbe stata la tua sventura che né il tuo linguaggio sarebbe stato compreso né le tue azioni apprezzate; sapevamo che, imprigionato nella terra degli schiavi, avresti avuto nostalgia della libertà di pensiero e di coloro che sono padroni di se stessi. Salutiamo nel tuo ritorno non una sconfitta, ma una vittoria; non una morte, ma una rinascita; non una tristezza, ma una gioia. Molti di noi, in attesa del tuo ritorno, hanno acceso dei falò sulla riva del mare, in modo che tu possa agevolmente riconoscere l’approdo anche di notte. La tua isola, la tua Itaca o, se preferisci chiamarla così, la tua Utopia, ti attende; e tutti ti accompagneremo fino alla tua capanna, dove potrai riunirti alla tua gente, padrone della tua vita e del tuo destino, felice di aver disdegnato palazzi dorati nei quali si può abitare solo da servi e da servi di servi. Che bello poterti riavere qui, con noi, “mentre il pavimento è pulito e pure sono le mani di tutti e i calici, mentre qualcuno ci mette intorno al capo ghirlande intrecciate e un altro ci porge in una coppa il profumo odoroso e c’è il cratere pieno di gioia ed altro vino è pronto, che promette di non mancar mai, dolce come miele nei vasi e odoroso di fiori. In mezzo a noi l’incenso esala il suo sacro profumo e c’è acqua fresca e dolce e pura; ci sono biondi pani e la tavola sontuosa si piega sotto il peso del formaggio e del denso miele. Nel mezzo l’altare è tutto ornato di fiori e il canto e il piacere della festa riempion la casa.” Che bello restarsene qui, insieme, distesi accanto al fuoco, ascoltando il vecchio rapsodo Senofane di Colofone che ci canta i suoi versi, bevendo vino di Tracia e sgranocchiando ceci… Elso Simone Serpentini