C'era una volta una città. Caruccia. Con un bel Duomo austero. Un corso bruttarello. Dei portici dove correva il chiacchiericcio e si arrampicava su per le colonne. C'era una volta una città sonnacchiosa. Pure un po' addormentata. Dove non succedeva mai niente. Qualcuno teneva ancora la chiave del portone infilata nella toppa, pensa un po'. C'era una volta una città che adesso non c'è più. Al suo posto c'è adesso un'altra città. Con un bel Duomo scolpito da una luce firmata. Un corso bruttarello e ancora più vintage di allora ma chi se importa tanto ce lo rifacciamo bello bello, con un progetto ed un concorso di idee, mica così tanto per fare. Lo zoccolo duro di quelli che spettegolavano sotto ai portici del Caffè Fumo non c'è più; adesso seduti al Caffè Grand'Italia si respira un clima più elegante. Nel gazebo ci sono tavoli habillè e lampadari di vetro colorato. Il chiacchiericcio si nobilita. La città non sonnecchia più tanto e non solo perché è piombata ad avvolgerla con le sue ali grandi, candide e piumose la CULTURA, quella vocazione che covavamo da decenni e non sapevamo come aiutare a fare uscire dall'uovo, tipo un pulcino ostinato. Il fatto è che sono usciti in giro un mucchio di idioti. Arroganti. Spavaldi. Con il dono di re Mida declinato al rovescio nelle mani: la distruzione è la loro potenzialità inespressa nel quotidiano e che si fa largo a spallate nelle occasioni studiate. Idioti.
Quelli che tengono in ostaggio, il sabato pomeriggio in centro storico, lo struscio dei teramani. Quelli che si avventano sulle bici del bike sharing e le prendono a calci fino a che non diventano un mucchio di ferraglia contorta. Quelli che vanno “a fare danni” in un bar, frequentato da una parte politica piuttosto che da un'altra, cappucci calati sul viso e mazze in mano a sfondare la vetrina, e già che ci si trovano mettono in mezzo anche la madre del titolare che sta riassettando il locale come fa a quell'ora la gente per bene con un lavoro per bene. Quelli che ieri notte si sono prodotti una nuova, eccitante performance da idioti. Fuori fa freddo, quello pungente del dopo neve diventato all'improvviso molle con la pioggia. E' notte. Una notte che ti porta dritto allo spirito del Natale di Topolino come da cartoon di Walt Disney e chi sa mai se qualcuno ce li ha portati quando i vandali erano piccoli, perchè anche i vandali sono stati piccoli, al cinema a vederlo o magari lo vedevano sul divano di casa, in cassetta. I vandali si organizzano la serata. Corso San Giorgio. Parallele e traverse. Tracciano un reticolo di azione. I vandali lanciano nella notte slogan spavaldi e cori.
Un atteggiamento sprezzante che rimanda ad altre scene di altri anni che ci rassicurerebbe poter pensare di aver archiviato per sempre. Confondono colori e ideologie perchè la stupidità ed il vandalismo non conoscono né colore né ideologia. Sono tali e basta. Certificati. Una notte brava, anzi da bravi vandali quella in atto. Stupidità. Assenza di cultura. Violenza nuda e cruda, di quella che sfascia. Energie evidentemente mal canalizzate. Vasi infranti per terra. Addobbi natalizi distrutti così come sono distrutti i mastellini del porta a porta. Sportelli dei contatori del gas scardinati. Se inciampano in un motorino o una macchina non li schifano certo e ce n'è anche per loro. Le telecamere, questo però sfugge ai vandali sciocchi, sono occhi bui. Che fissano scatti. Qualche testimone oculare si somma. A Digos e Carabinieri non occorre troppo tempo per identificare la stupidità di sei di loro e dargli un nome anche sulla scia di una mancata autorizzazione alla manifestazione in programma per ricordare il 23 dicembre dello scorso anno e i fatti dell'Haeven. Danneggiamento aggravato è la denuncia. Destinatari sei vandali ottusi. Per gli altri, tempo al tempo. Amarezza. Tanta. Un retrogusto di rabbia. Ci manca quella città che c'era una volta e che non c'è più. Perché la stupidità violenta e feroce dei vandali non apparteneva al suo dna.
Commenta
Commenti
@Caro Pasquale sono con te.
Caro Leopoldo il tema dell'articolo era I Vandali a Teramo e non indovina Chi è Miss Marple. Un giorno la inviterò a prendere un caffè con noi e sarò curioso di misurare il suo essere un leone da tastiera e nella vita.. Immagino. Con la cordialità di sempre.
Caro Leopoldo sono sicuro che lei sia un uomo. Mio nonno mi ha insegnato che devono essre gli altri aa attibuir e mostrar la stima. Ma nel suo caso e con la paura, che mi voglia mostrar gli attributi, son felice di darle ragione. Lei è un uomo, ma la donna rimane Regina e Re.