Premetto, in quanto dipendente provinciale, che sono favorevole senza riserve all’eliminazione di tutte le Province e che chiunque ventili inesistenti risparmi derivanti dall’operazione farnetica e non ha mai letto un bilancio provinciale.
Invito ad andare a leggere all’Albo Pretorio on-line dell’Ente la deliberazione di Giunta n. 423 del 26.07.2012, dalla quale può evincersi come – solo per il 2012 – gli esborsi della Provincia di Teramo relativi alle spese generali di funzionamento del Consiglio e della Giunta ed alle indennità di carica e di presenza dei membri della Giunta e del Consiglio ammontino ad un milione di euro, soldi che rappresenteranno un risparmio netto una volta decaduta la Giunta ed il Consiglio in carica all’esito dell’accorpamento in corso (e non vado oltre con gli esempi che sono innumerevoli).
Chiarito questo, come ben argomentato nell’articolo del costituzionalista Prof. Di Salvatore (www.iduepunti.it/lex/8_agosto_2012/ll-riordino-delle-province-secondo-la-%E2%80%9Cspending-review%E2%80%9D) appare chiaro come l’art. 17 dell’appena approvata legge sulla spending review contenga profili di molto dubbia legittimità costituzionale in riferimento all’art. 133 della Costituzione, il quale prevede che il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione siano stabiliti su “iniziative” dei Comuni.
Ciò significa che un eventuale riordino delle Province operato d’imperio dal Governo centrale si appaleserebbe come incostituzionale.
La ratio dell’art. 133 Cost. è quella di attribuire una specifica competenza alle autonomie locali, competenza che non può essere esautorata dallo Stato centrale.
Quindi la legge sulla Spending review contiene un trabocchetto: la previsione secondo cui il Consiglio delle autonomie locali (CAL) di ogni Regione debba approvare “una ipotesi di riordino” delle Province da formularsi sulla scorta dei criteri elaborati dal Governo, e la successiva prescrizione secondo cui la Regione debba trasmettere al Governo “una proposta di riordino” entro tempi molto ristretti è il tentativo di legittimare costituzionalmente una imposizione statale attraverso una pseudopartecipazione dei Comuni per il tramite del CAL.
Scenari:
1) Dato che Chiodi deve sopportare enormi pressioni che tutte le associazioni imprenditoriali, produttive e del commercio gli hanno caricato sulle spalle, pressioni tendenti alla conservazione dell’unica Provincia certamente morente, quella di Teramo, la Regione Abruzzo potrebbe intraprendere (ma quasi certamente una delle 20 Regioni italiane lo farà) la strada dell’impugnazione in parte qua della legge sulla spending review dinanzi alla Corte costituzionale (con esiti ricadenti comunque su tutte le Regioni).
2) Il CAL, per quanto di sua competenza, potrebbe astenersi - nel termine assegnato dei 70 giorni - dal formulare ipotesi di riordino, ovvero potrebbe ipotizzare la conservazione di tutte e 4 le Province esistenti; lo stesso potrebbe fare la Regione. Ne deriverebbe un braccio di ferro che potrebbe risultare, presto o tardi, perdente per il Governo e salvifico per le Province di Teramo e Pescara.
3) Accordi partitici potrebbero indurre il CAL e la Regione a collaborare con la volontà governativa e del Parlamento, formulando le ipotesi richieste, ma con le inevitabili ripercussioni politiche locali e le attribuzioni di responsabilità che i ceti produttivi, le associazioni (vedi Teramo Nostra) e una larga schiera di campanilisti sono pronti a rovesciare addosso a coloro che si rendessero rei di aver cancellato la storia, le tradizioni, la ricchezza dei territori.
Comunque vada, la telenovela a puntate sul futuro delle Province è appena agli inizi e il Gattopardo che è in noi è pronto a mordere ogni occasione perché tutto resti com’era.
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