L’Italia, al pari di Teramo, è preda di una immensa cecità collettiva che ci impedisce di vedere la tragica realtà e di adottare le contromisure necessarie.
È notizia freschissima che nel 2012 nel nostro Paese siano state licenziate oltre un milione di persone, con un aumento del 14% rispetto ai licenziamenti effettuati nel 2011.
Sul fronte opposto, quello delle nuove assunzioni, il quarto trimestre del 2012 ha fatto registrare un calo del 5,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011.
In pratica si licenzia molto di più di un anno fa e si assume molto meno. Un cocktail micidiale.
Quello che nessuno ha il coraggio di dire, però, è che di quel milione di nuovi disoccupati quasi nessuno proviene dagli Enti Pubblici.
Il perché è semplice: per salvaguardare il proprio bacino clientelare-elettorale i politici che amministrano gli Enti Pubblici non fanno letteralmente mai ricorso all’istituto dell’esubero e della mobilità, nemmeno quando anche un bambino si renderebbe conto dell’ipertrofia delle piante organiche.
Facciamo esempi pratici:
1) la Tercas, banca egemone del nostro territorio, si sta riorganizzando ed ha mandato a casa proprio in questi giorni 113 dipendenti, oltre ad altri che si appresta ad esodare;
2) aziende e imprese grandi e piccole della provincia chiudono, mettono in cassa integrazione i propri dipendenti, licenziano, esodano, mandano a casa tutti i giorni ad un ritmo forsennato da quattro anni a questa parte;
3) i negozi chiudono e gli esercizi commerciali abbassano le saracinesche, lasciando senza lavoro coloro che vi erano impiegati.
Eppure, chissà perché, gli Enti Pubblici – che pure vivono con le tasse dei lavoratori, tasse che sono evidentemente molto minori in ragione della diminuzione dei lavoratori stessi – se ne fregano e si permettono perfino di assumere, facendo ricadere i costi di gestioni dissennate sui cittadini.
Facciamo esempi pratici:
1) il Comune di Teramo, che ogni anno si vede tagliare i trasferimenti statali, che vede diminuire le entrate dell’IMU a causa dei tantissimi capannoni vuoti e delle industrie che chiudono, che vede diminuire le pubblicità, gli sponsor, le affissioni, i passi carrabili, le occupazioni di suolo pubblico, cosa fa?
Taglia i servizi alle fasce sociali deboli, l’assistenza agli anziani e ai disabili, ma non rinuncia ad assumere al solo fine di pagare stipendi pubblici laddove non ce ne sarebbe bisogno alcuno. Con il famigerato ed illegittimo concorso per tre posti da impiegato amministrativo, il Comune ha ritenuto necessario sfruttare tutta la graduatoria ed assumere ben 14 persone, per non parlare di un’altra ventina di assunzioni durante l’attuale consigliatura, delle mobilità in entrata e delle otto assunzioni di persone appartenenti alle categorie protette che si accinge a fare nel 2013. L’Assessore comunale al Personale, Mirella Marchese, ha addirittura affermato che “dovremo attendere l’approvazione del Bilancio di previsione prima di sapere se saremo in grado di assumere altro personale”. Ancora altri? Follia allo stato puro.
Peraltro, con il massimo dell’inefficienza possibile, Brucchi assume amministrativi che non servono e che abbondano, lasciando scoperti settori tecnici rilevanti;
2) il Ruzzo, oggetto di mille polemiche, ha un acclarato esubero di personale amministrativo che viene rilevato da tutti, ma nessuno osa dire che ci sarebbe bisogno di una riduzione di personale per poter rientrare da quel debito spaventoso di 80 o 90 milioni di euro, che naturalmente alla fine verranno pagati da tutti i Comuni soci (cioè da noi cittadini) che con le bollette non pagheremo l’acqua, bensì soprattutto gli stipendi dei dipendenti in eccesso;
3) l’Università di Teramo, da anni in drammatico calo di iscrizioni, ha anch’essa un apparato amministrativo assolutamente elefantiaco ed esuberante rispetto alle necessità dell’Ateneo, ma il Magnifico Rettore si guarda bene dal dichiarare un esubero ed un avvio della mobilità per i dipendenti in eccesso, per cui anche lì i fondi statali diminuiscono e gli studenti devono pagare non tanto professori di grido (che non ci sono), bensì le centinaia di dipendenti amministrativi;
4) la Provincia, Ente nel quale lavoro, è stata già di fatto soppressa con i pesantissimi tagli dei trasferimenti statali che ne hanno azzerato le capacità di investimento e di intervento (i piani triennali delle opere pubbliche sono tristemente vuoti), ma la riduzione enorme delle immatricolazioni delle automobili – su cui le tasse IPT e l’imposta sulla RC auto spettanto alle Province – produce ulteriori minori entrate, causando la paralisi dell’Ente che avrebbe la necessità di dichiarare l’esubero di almeno 150 unità dei 325 dipendenti a tempo indeterminato attualmente in servizio. Se fossimo nel privato l’imprenditore – pur di garantire la manutenzione dei 1.600 chilometri di strade, degli edifici delle scuole superiori e degli altri servizi provinciali – non esiterebbe un attimo a licenziare la metà dei dipendenti pur di continuare ad erogare i servizi minimi, ma siamo nel pubblico e quindi si preferisce pagare gli stipendi ai dipendenti ed interrompere tutti i servizi ai cittadini;
5) la Regione Abruzzo, leviatano da 2.000 dipendenti (escluse le migliaia di dipendenti della sanità), vanta molte centinaia di professionalità confluite da enti disciolti che da anni non sanno nemmeno cosa fare quando vanno a lavoro semplicemente perché nessuno sa cosa chiedergli, salvo poi assumere dall’esterno ulteriore personale senza nemmeno pensare di riqualificare quello inutilizzato che è già a libro paga;
6) i BIM, le Comunità Montane, gli ATO, i Consorzi, gli Enti Pubblici collegati del più vario genere, finanche quelli soppressi che continuano a vivere per anni dopo la loro morte giuridica al solo fine continuare a pagare dipendenti che non vogliono spostarsi, accorparsi, dislocarsi (in ciò protetti da solerti sindacati), rappresentano l’ennesima pagina triste di una politica che non conosce nemmeno l’ABC di una corretta gestione.
Leo Longanesi diceva che “Il bravo giornalista è quello che racconta bene le cose che non sa”.
Parafrasandolo, potremmo dire che “il bravo politico è quello che convince i cittadini di riuscire a gestire efficacemente Enti Pubblici che non conosce”.
Se si mettessero in mobilità, come accade quotidianamente nel settore privato, la metà dei dipendenti del Comune di Teramo, senza che ciò diminuisca di una virgola la qualità dei servizi erogati poiché dovrebbe semplicemente raddoppiare la produttività dei dipendenti rimasti (produttività che ad oggi è ridicola se paragonata a quella media del settore privato), si risparmierebbero circa 8/9 milioni di euro l’anno, cosa che consentirebbe qualsiasi investimento: nuovi teatri, nuove opere pubbliche, nuovi servizi per i cittadini, esenzioni ed agevolazioni per le fasce deboli, ecc. (ricordo che il Comune di Montesilvano, che ha gli stessi abitanti di Teramo d’inverno, ma d’estate ne ha più del triplo di Teramo, ha circa 170 dipendenti a fronte dei circa 365 di Teramo, quindi il taglio della metà è una stima prudenziale per difetto).
Idem dicasi per Ruzzo, Università, Provincia, Regione e via discorrendo.
Mentre la città, la provincia, l’Abruzzo e l’Italia stanno lentamente morendo, i politici tacciono e non si avvedono del privilegio insopportabile dei dipendenti pubblici (io per primo) che continuano a suonare come l’orchestra del Titanic mentre i dipendenti privati sono già annegati o stanno annegando nella fame e nella miseria, con la beffa ulteriore dello Stato-vampiro che continua a esigere il pagamento di tasse, imposte, balzelli, bollette di ogni genere da cittadini che non possono più pagare e a fronte dei quali pagamenti non ricevono più indietro nemmeno i servizi essenziali cui avrebbero diritto.
Povera Teramo, povero Abruzzo, povera Italia “di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta…”.
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Commenti
A voi che provocate, provate a fare un esame in pubblica piazza tra tutti i dipendenti della provincia e della Regione in diritto amministrativo e vediamo chi ne sa più di Francia. Può essere molesto, antipatico, un saccentone del c., ma vi consiglio di non dire che non si guadagna la pagnotta, anzi molti sul suo lavoro mettono le firme e si fanno belli