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Come salvare la Provincia di Teramo...anche da alcuni politici

di Christian Francia
7 minuti

Ribadisco, proprio perché sono un dipendente provinciale, che sono favorevole senza riserve all’eliminazione di tutte le Province per i motivi che ho ripetutamente spiegato ai lettori di questa rubrica, e sono parimenti favorevole all’accorpamento di metà delle Province esistenti, come sancito dalla Legge sulla spending review, perché è meglio un mezzo risultato che la perpetuazione di uno status quo ormai stucchevole e disdicevole.
Pur tuttavia, come già chiarito dal costituzionalista Prof. Di Salvatore (www.iduepunti.it/lex/8_agosto_2012/ll-riordino-delle-province-secondo-la-%E2%80%9Cspending-review%E2%80%9D ), l’art. 17 della Legge sulla spending review presta il fianco a consistenti profili di dubbia legittimità costituzionale in riferimento all’art. 133 della Costituzione, il quale prevede che il mutamento delle circoscrizioni provinciali sia stabilito su “iniziativa” dei Comuni e non possa essere operato d’imperio dal Governo centrale (pena una probabile incostituzionalità).
Domani si terrà il vertice convocato da Brucchi per elaborare delle strategie al fine di tentare di salvare “con i fucili e le baionette” la Provincia di Teramo dalla scomparsa.
Devo purtroppo constatare, dalla ricostruzione operata dal quotidiano Il Centro (ilcentro.gelocal.it/teramo/cronaca/2012/08/20/news/teramo-sindaci-e-deputati-uniti-per-salvare-la-provincia-1.5569294), che alcuni dei convocati al vertice hanno già dichiarato delle castronerie (forse nella speranza di apparire intelligenti) tali da far ritenere inconcludente la riunione.
Secondo il senatore PDL Paolino Tancredi la Provincia potrebbe salvarsi acquisendo fette di territorio pescarese: “si potrebbe fare un tentativo rivedendo i confini, ad esempio acquisendo l’area vestina, Teramo potrebbe avere i requisiti”. Non commento tale “voce dal sen fuggita” perché la ritengo indegna di una intelligenza adeguata al ruolo di parlamentare (sorvolo sul concetto di coerenza, perché è troppo bello votare favorevolmente – come ha fatto Tancredi – la legge sulla spending review e poi lamentarsi della fine della Provincia di Teramo; se avesse avuto il coraggio che manzonianamente non può darsi avrebbe votato contro la legge ammazza Province).
Il deputato del PD Tommaso Ginoble, un paria del Parlamento che ci fa vergognare di essere teramani sia perché staziona in fondo alla classifica dell’indice di produttività parlamentare sia perché ha votato anche lui favorevolmente per la legge sulla spending review (che oggi ovviamente critica), osserva: “Io penso che c’è la possibilità di avere tre Province in Abruzzo: L’Aquila, Teramo e Chieti-Pescara (…) Se noi invece venissimo accorpati saremmo solo un’appendice. Ma per fortuna, essendo una Provincia antica, la storia ci aiuta”.
Qualcuno dovrebbe spiegargli (ma è impossibile che capisca) che siamo più vecchi solo della Provincia di Pescara, ma ben più giovani delle Province di Chieti e di L’Aquila, e comunque Chieti non sarà mai così arrendevole da perdere il capoluogo in favore della più popolosa Pescara (che, secondo i criteri della delibera del Consiglio dei Ministri del 20 luglio scorso, diverrà il capoluogo di chiunque dovesse accorparla poiché è appunto la città più popolosa), ben sapendo di essere l’unica Provincia abruzzese ad avere entrambi i requisiti territoriali e di popolazione richiesti dalla Legge sulla spending review per salvarsi.
Il consigliere regionale PDL Emiliano Di Matteo, ovvero il nulla della Val Vibrata, ritiene come un buon quisque de populo che “la riforma di Monti sia una porcheria contro la quale protestare. Non si può pensare che la soluzione in Abruzzo sia accorpare la Provincia di Teramo: non fa risparmiare e fa arrabbiare i teramani”.
Il sindaco di Giulianova Francesco Mastromauro è sulla buona strada: “I politici della nostra provincia sono in grave ritardo, se ne parla da mesi. Potevamo essere interpellati prima (…) A questo punto l’unico modo è trovare accordo serio, su basi paritarie con Pescara”.
Tutti concordano, secondo la tecnica del “benaltrismo”, che le soluzioni avrebbero dovuto essere ben altre e che avrebbero dovuto essere abolite tutte le Province; peccato che se ne siano convinti solo oggi che è divenuto legge il dimezzamento del loro numero.
L’unico che sembra avere una idea di cosa sia una tattica difensiva è l’assessore regionale al lavoro Paolo Gatti, il quale ventila l’ipotesi “che la situazione potrà essere risolta sotto il profilo dell’anticostituzionalità delle norme”.
Difatti quella dell’incostituzionalità è una strada da percorre comunque, a prescindere dagli esiti, se si vuole difendere ad oltranza la sopravvivenza della Provincia di Teramo (sebbene lo scrivente ne auspichi l’eutanasia quale passo iniziale per l’eutanasia di decine di Comuni del teramano e di tutti gli enti intermedi comunque denominati).
In pratica la Regione potrebbe tentare l’impugnazione diretta dell’art. 17 della Legge sulla spending review, ma è dubbio che possa ottenere un buon esito, poiché l’art. 127 secondo comma della Costituzione prevede che “La Regione, quando ritenga che una legge dello Stato leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge”.
Non v’è chi non veda come la sfera di competenza della Regione nella questione Province non venga affatto lesa, e purtroppo Province e Comuni non hanno autonomi poteri di impugnazione costituzionale.
Quindi la Giunta del Presidente Catarra ha una sola arma: deliberare l’impugnazione – dinanzi al Tar del Lazio – della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012, recante la “Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell'articolo 17” della Legge sulla spending review, chiedendone l’annullamento previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità del vigente impianto normativo dell’art. 17 medesimo.
In tal caso il TAR Lazio potrebbe giudicare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 17 della legge sulla spending review in relazione al sopra citato art. 133 della Costituzione, disponendo contestualmente la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Se il Tar del Lazio dovesse sollevare con propria ordinanza la questione di legittimità costituzionale, allora qualche speranza di sopravvivenza la Provincia di Teramo potrebbe giocarsela con la Consulta.
Sempre che il CAL (Consiglio delle Autonomie Locali), per quanto di sua competenza, si astenga - nel termine assegnato dei 70 giorni a far data dal 24 luglio scorso (cioè entro il 2 ottobre) - dal formulare ipotesi di riordino, ovvero ipotizzi la conservazione di tutte e 4 le Province esistenti, in maniera da rendere plausibilmente incostituzionale l’eventuale provvedimento imperativo del Governo che dovesse mutare le circoscrizioni provinciali contro la volontà delle Autonomie Locali (che eventualmente avessero formulato la proposta di permanenza delle 4 Province) o a prescindere dalla loro volontà (nel caso di inerzia del CAL dal formulare proposte), e comunque senza la costituzionalmente richiesta “iniziativa” dei Comuni.


 

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Dunque il termine per il ricorso al TAR è di 60 giorni, il termine posto dalla legge ai CAL e di 70 giorni, scade il 2 ottobre, quindi per il ricorso, eventuale, della o delle province la scadenza è 2 setttembre, oggi è il 22 agosto. Riuscirà l'eroico Catarra a presentare l'unico ricorso possibile? Io lo ritengo poco probabile.
Mi viene da chiederti: se sei favorevole all'accorpamento, o riduzione, della metà delle province almeno, come mai ti impegni ad indicare soluzioni per evitarle? Per puro spirito giuridico? A me invece la domanda che urge di più è: come mai parlamentari e senatori "criticano" tanto sto taglio e poi votano a favore? Vi prego non mi venite ad elencare crisi, stabilità, mercati, urgenze e compagnia... Da eliminare sono le regioni in primis, veri carrozzoni inutili, trampolino di lancio verso l'inarrivabile casta. Da eliminare è il 99% degli enti paraministeriali, inutili ma costosissimi magazzini di clientelismi, dirigenze e stipendi d'oro. La provincia ha ancora una "corrispondenza" territoriale, quello che decide un politico in provincia lo vedo sotto casa mia. Ben diverso il discorso per le caste regionali e parlamentari dove si nomina il Varrassi di turno e poi si ha la faccia da c**o di gridare allo scandalo, dove si vota l'accorpamento delle province e poi ci si fa i belletti esprimendo dissenso davanti al proprio elettorato.
Bakunin, se la matematica non è un opinione, visto che il termine di 70 giorni scade il 2 ottobre, il termine di 60 giorni per il TAR scadrà il 22 settembre e non il 2 settembre. Quindi forse Catarra ce la farà...
@Anonimo, grazie per correzione sono stato precipitoso nel conteggio dei giorni. Ma ritengo improbabile il ricorso sia che la scadenza sia 2 che 22 settembre.
Politicamente parlando la riduzione delle province è assolutamente necessaria, penso che il Governo, qualora sia fatto ricorso al TAR e da questo derivi un ricorso incidentale alla Corte Costituzionale, inquadrerà la propria difesa nell'ambito dei poteri sostitutivi di cui dispone, dichiarando che la delibera del Consiglio dei Ministri, nonché la legge in base alla quale trae fondamento, siano da ricondurre implicitamente alle disposizioni contenute nell'art. 120 comma II della Costituzione, secondo il quale: <>. Il dibattito che potrebbe sorgere in seno alla Consulta riguarderebbe il valore della Legge sulla spending review, infatti i giudici costituzionali dovrebbero sciogliere il nodo rappresentato dal sostantivo utilizzato nell'articolo 120 - vale a dire il GOVERNO - che non fa alcun riferimento al Parlamento, indubbiamente però, la legge sulla spending review trae spunto da un atto del Governo,dato che ab imis è stata presentata sotto forma di D.L., forma in chiara aderenza al citato disposto costituzionale. In ultima analisi il Governo pare sia favorito dall'indubbia emergenza economica nel quale il paese verte, emergenza in ordine alla quale la Corte stessa non potrà non prenderne atto, tale situazione impone un ridimensionamento delle spese (in particolare quelle afferenti gli organi politici) che dovrebbe colpire tutti i livelli di governo.
L'autore del'articolo vuole eliminare le province ma si pone dei dubbi sulla legittimità costituzionale della revisione di spesa (chiamiamo in italiano le cose e non in inglese, che fa tanto provinciale) che non può intervenire sui confini provinciali visto che un preciso articolo ella Costituzione prevede come si possano variare i confini. Basterebbe impugnare il conflitto davanti alla Corte Costituzionale per vedere vinte le proprie battaglie in quanto la costituzione è fonte di diritto gerarchicamente superiore a qualunque legge.
Vi ricordo che la provincias di Teramo non c'ha un ca..o, tutti questi omuncoli stravotati e straomaggiati in tutte le sagre di paese non sono riusciti a fare una strada in 30 anni . Adesso che siamo 30 anni indietro abbiamo perso un indotto di aziende che è andato sulla bonifica del tronto, area da sempre sotto il controllo ascolano e nel pescarese... Hanno lasciato tronca la Roma-Teramo e agevolato lo sviluppo delle due arterie la Salaria, storico collegamento con la capitale, e la Roma-Pescara e delle rispettive vallate... Ora è tardi, le aziende sono installate, con loro le popolazioni che lavorano (perchè la pancia si porta dove c'è il pane). La provincia di Teramo vive di enti, di cooperative, di cirsu, team, asl, e altre schifezze simili che sono solo il bacino di voti clientelari dei politici, che ci hanno visto bene e si tramandano le cariche di padre in figlio. Questo non porta sviluppo ma solo corruzione e pessimi servizi a tutti i livelli. E adesso? Quando vi dicono che la vostra provincia non conta una mazza scattate come la peggiore delle mignotte? Ma vaffanculo va! Potevate pensarci prima... mò fate ricorso che il tar sta aspettando voi e i vostri galoppini che come al solito si arricchiranno di parcelle e consulenze... MI FATE SCHIFO!
Dal 1° agosto al 15 settembre ci sono le ferie giudiziarie con sospensione dei termini per le impugnative.
ok... ok... ma ditemi la verità Voi giornalisti...sono tutti questi i pareri eccellenti rilasciati dai nostri massimi esponenti che rappresentano la nostra (ex) provincia al fine di salvarla? no perchè se è vero quasi quasi domattina mi siedo davanti al Duomo per iniziare a raccogliere le firme necessarie da depositare presso il TRIBUNALE DELL'AJA per far proclamare Teramo non più provincia ma REPUBBLICA INDIPENDENTE FONDATA SULLA COSTITUZIONE ITALIANA! scusate io abolirei tutte le provincie e carrozzoni vari...ma sinceramente monti con il gioco dei due pesi e due misure da cittadino italiano mi sta infastidendo non poco...quel che mi rattrista di più è che ci fosse un politico (scusate lo devo dire) CON LE PALLE IN ITALIA CHE GLI DICESSE "OH...OH...MO' BASTA!"...invece tutti servi...noi...sperando che le provincie non verranno eliminate perchè tanto prima o poi accadrà qualcos'altro di peggio...chissà quale potere avrà questo signore...mah...
Per me se le levassero tutte non farebbero una lira, anzi un euro, di danno!! Semmai ci guadagnamo un po' tutti!! Al di là di schieramenti politici/partitici, simpatie personali, varie ed eventuali anche dell'ultimo minuto. ;-))
A proposito di sartoria addetta al recupero stoffa... Per volontà di questa accozzaglia al governo, delegata dai poteri forti a raccattare soldi dove non stanno, i terremotati dell'Emilia, che avranno fatto certamente affari nella stagione estiva con il turismo, dovranno correre subito a pagare l'IMU per le case che non hanno più. Le uniche cose che non riescono e non sanno fare questi banchieri-professoroni-tecnici al governo, è prendere soldi nelle casse che traboccano. Coerenti e vomitevoli!... Come chi li sostiene in Parlamento facendo finta di non starci. Con il taglio di qualche provincia vorrebbero rifarsi una verginità, ma non basta una scorreggia per far credere che è in arrivo un temporale.
immagino in futuro quando teramo verrà ricordata come ex provincia ... "dai... come non ricordi...quella città dove c'è una rotonda che i camion che non sono di teramo non ci passano e ci si incastrano sempre...quella città dove c'è' una rotonda di ferro che i romeni che raccolgono il ferro sognano sempre di tagliarlo...quella città dove c'è un ponte chiamato villa ricci che quando venne ricostruito fu fatto anche con le rampe per quelli che fanno le acrobazie con i motocross! quella città dove non si distinguono più discariche da campi di fotovoltaico! ma come non ti ricordi! dai! quella città dove c'è una strada di 5 km chiamata lotto zero che per aprirla ci sono voluti trent'anni ed è costata 36.000.000 di euro! e pensare che ad oggi tra destra e sinistra chissà quanti monumenti ancora avremmo potuto sognare! se milano era una città da bere...teramo a quest'ora era gemellata con il texas...arizona...manco i cactus...
Pienamente d'accordo con Veritas: teniamoci le Province e cancelliamo le Regioni, ricettacoli dei peggiori carrozzoni parassitari della politica. Subito una riforma costituzionale che accorci la filiera del potere; nei fatti, non solo ad altisonanti parole (come il 90% dell'attuale Carta Costituzionale che prevede la tutela delle autonomie legittimando di fatto uno Stato assolutamente centralista). E poi, storicamente, hanno molto più senso le Province che le Regioni, spesso pure invenzioni giuridiche. Il braccio esecutivo della politica lavorerà tanto meglio quanto più sentirà sul collo il fiato degli elettori. Tant'è che i parlamentari coglioni (colpa... per non dir peggio, ossia dolo) riescono spesso a replicare il proprio mandato; molto più difficile che ci riesca un Sindaco.
Ad integrazione di quello che scrive Christian Francia, aggiungo che la Regione potrebbe anche tentare la strada del ricorso in via principale. La Corte costituzionale, con sentenza n. 298 del 2009, ha, infatti, chiarito che "le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale". @ Max 85: l'argomento dell'"emergenza economica" non può essere legittimamente utilizzato al fine di derogare alla Carta costituzionale, specie se questa disciplini una garanzia in favore degli enti locali. Se si ammettesse un precedente di questo tipo, allora la legalità costituzionale salterebbe. E neppure può esserlo la "tutela dell'unità economica", che è prevista sì dall'art. 120 Cost., ma unicamente in relazione al potere sostitutivo del Governo, rispetto ad un atto delle Regioni o degli Enti locali, che sia, per così dire, "dovuto". Il riordino delle province non è, invece, un atto "dovuto", ma una "facoltà", che è accordata dalla Costituzione agli Enti territoriali: i.e. all'iniziativa dei Comuni e al parere della Regione. A mio parere, un richiamo ad essa è qui, pertanto, fuori luogo.
Io rifonderei lo Stato italiano con un pricipio base, Meno chiacchiere piu fatti!
Ringrazio il Prof. Di Salvatore, come sempre puntuale nell'analisi giuridica, e traduco in politichese: domani mattina Chiodi, nel vertice convocato alla Sala polifunzionale della Provincia di Teramo, se davvero volesse dare prova di condivisione della unanime volontà di salvare le Province (volontà unanime delle Istituzioni, perchè i cittadini sono invece unanimi per l'eliminazione delle Province), dovrebbe dire pressochè le seguenti parole: "carissimi, previa verifica da parte dell'Avvocatura regionale circa la concreta possibilità di proporre autonomo ricorso alla Corte costituzionale avverso l'art. 17 della legge sulla spending review (sulla scorta della sentenza n. 298 del 2009 con la quale la Corte ha chiarito che "le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale"), la Giunta da me presieduta procederà senza altro indugio a deliberare la volontà di proposizione del ricorso medesimo al fine di acclarare l'incostituzionalità della Legge statale di riordino delle Province. Questo ed ogni altro strumento a disposizione che dovesse emergere dal dibattito verrà adottato dalla Regione che mi onoro di rappresentare per salvaguardare la Provincia dove risiedo e che amo". La gente non avrà difficoltà a riempirlo di pomodori per essersi avviato su una strada ormai antistorica, ma almeno interpreterà il pensiero di tutte le Istituzioni e potrà dire per una volta di essere stato coerente con il proprio pensiero. C'è sempre da considerare che ad un solo cenno del PDL romano Chiodi e Tancredi sono pronti a fare marcia indietro invocando qualsiasi pretesto per non assumere iniziative in proprio, con le conseguenti responsabilità politiche che ne deriverebbero. Viva i soldatini di piombo!!!
I provvedimenti per la riduzione della spesa pubblica, fondati su criteri generali che prefigurano economie di scala ti tipo orizzontale (ampliamento del riferimento territoriale e dei cittadini in esso ricompresi) e non di tipo verticale (revisione delle funzioni, snellimento, annullamento delle duplicazioni esistenti con i Comuni e con la Regione), per me sono un disastro. La reazione che si ottiene, in nome del "genius loci", dell'identità, della storia ecc., è quella di una battaglia di retroguardia delle popolazioni interessate, alimentando inutili contrapposizioni campanilistiche, per tenere in vita mastodonti pubblici costosissimi, senza entrare nel merito della loro reale capacità di valorizzare il bene comune e di produrre benessere ai cittadini. L'impatto emotivo della perdita del “marchio identitario” legato alla storia ed alla cultura del territorio locale accorpato è ben più oneroso dell'effettivo ed astratto risparmio atteso, tenuto conto che con l’accorpamento restano inalterate le inefficienze e mortificato il merito, si produce l'asettica integrazione sia dei pochissimi dipendenti che lavorano e si impegnano con entusiasmo e dedizione sia dei moltissimi dipendenti messi lì dalla politica, che spesso utilizzano l'Ente esclusivamente come strumento per promuovere se stessi e il proprio secondo lavoro sommerso. Una battaglia che mi vedrebbe in trincea è quella promossa dal basso, dai semplici cittadini, dagli ambienti culturalmente evoluti, dalle associazioni portatrici di interessi diversi e diffusi, dai politici in genere, intesa a promuovere democraticamente: - il mantenimento dell'attuale assetto istituzionale e geografico degli Enti ma, nel contempo, l’impegno ad imporsi una energica cura dimagrante delle funzioni obbligatorie dei Comuni e delle Province; - una cultura della sussidiarietà vera, fondata su criteri di efficacia ed economicità dei servizi pubblici (a rilevanza economica e non), da svolgersi a scala adeguata attraverso l'utilizzo dinamico di forme di cooperazione tra gli enti locali (Unione dei Comuni, Consorzi ecc.) e modelli gestionali di tipo imprenditoriale; è evidente che il livello Comunale non sempre (o meglio quasi mai) è quello in grado di assicurare il miglior rendimento della spesa pubblica ma è quello strategico per scelte politiche finalizzate ad individuare il miglior livello di integrazione sovra comunale, che produca effettivamente efficienza ed economie di scala per un determinato servizio pubblico; il livello proviciale può essere quello giusto per attività di coordinamento, marketing territoriale, programmazione ad area vasta.. una sorta di "casa madre" di organizzazione e controllo di una holding operativa (costituita da tutti i Comuni che la compongono e dalle loro aggregazioni) che valorizza e preserva, in questo modo, sia il proprio patrimonio immateriale sia le specifiche identità storiche, culturali geografiche, artistiche di ciascun territorio comunale; il livello regionale dovrebbe occuparsi esclusivamente di esaltare le valenze territoriali con una buona produzione normativa di riferimento, liberandosi da qualsiasi genere di gestione operativa oggi svolta attraverso la miriade di costosissime partecipate; - le forme più avanzate di volontariato e aggregazione sociale; - l'istituzionalizzazione della gratuità delle funzioni di rappresentanza politica dell’Ente locale; Anche mio figlio sa che qualsiasi tipo di mutamento organizzativo, specie se tumultuoso, determina nei primi anni un enorme aumento di costi derivanti dalle transazioni che regolano la fase transitoria e la messa a regime del nuovo modello e sostenere questi costi in periodo di crisi finanziaria è un non senso. Le riforme istituzionali vanno fatte per gradi, agendo sui rami secchi che producono poco valore al bene comune e troppe clientele e costi parassitari. Naturalmente Monti ne è pienamente consapevole, ma era pur necessario un diversivo per distogliere l’attenzione da ben altri problemi.