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Abruzzo: scompaiono 228 milioni di fondi europei

di Christian Francia
3 minuti

C’erano una volta gli anni ’70 e ’80, l’Abruzzo volava, la disoccupazione toccava minimi storici, l’occupazione femminile raggiungeva i massimi, il turismo decollava e la Regione potè innalzarsi come la migliore fra quelle del centro-sud d’Italia. Poi il declino e, oggi, la resa.

Il presidente regionale di Confindustria, Mauro Angelucci, ha appena lanciato un grido di allarme davvero inquietante: una situazione definita di “estrema gravità” in quanto, da qui l’angoscia, gli industriali denunciano una drammatica riduzione dei Fondi strutturali europei che secondo i loro calcoli dovrebbero diminuire, nella programmazione in itinere relativa al periodo 2014-2020, di una cifra pari a 228 milioni di euro, passando dai 662 milioni del periodo 2007-2013 ai 434 milioni del prossimo settennio.

Angelucci ha scritto a Chiodi sia per stigmatizzare i mancati risultati (di cui la riduzione delle risorse sarebbe il sintomo più evidente), sia per stimolare ogni attività politico-istituzionale volta a recuperare il disastro annunciato, da un lato agendo a livello europeo (anche se tale percorso viene prospettato come “estremamente difficile”), dall’altro invocando “un aumento significativo del cofinanziamento nazionale” ad opera del governo italiano.

Chissà se la missiva sia stata recapitata via facebook, perché altrimenti Chiodi potrebbe non riceverla o non leggerla in quanto troppo impegnato a chattare con i suoi fedelissimi.

Confindustria è in preda ad una crisi di panico proprio per il contegno tenuto dal Governatore, il quale è sempre e costantemente impegnato a fare altro mentre la Regione collassa.
Angelucci sottolinea il fatto che l’Abruzzo sia stato inserito nel nuovo obiettivo “Transizione”, intermedio fra l’obiettivo “Competitività” (proprio delle Regioni più sviluppate) e l’obiettivo “Convergenza” (cui confluiscono le Regioni meno sviluppate).

Essendo pacifica, in sede europea, l’applicazione della regola elementare del dare più soldi a coloro che sono più in difficoltà, al fine di farli convergere verso i livelli dei migliori, non si capisce come mai l’Abruzzo, “quale regione in obiettivo Transizione, vada ad ottenere minori risorse rispetto alle regioni più competitive”, fatto che “risulta assolutamente paradossale”.

Addirittura sembra che la stessa Amministrazione regionale abbia perseguito l’inserimento dell’Abruzzo fra le Regioni dell’obiettivo “Transizione” proprio allo scopo di ottenere maggiori risorse.
Purtroppo, sembra che i criteri per la ripartizione delle risorse tra i vari obiettivi siano già stati “concordati in seno all’Unione europea” e la loro applicazione non parrebbe eludibile.

A chi addossare le colpe, o meglio, come usa dire da Scilipoti e Razzi in poi, la responsabilità?
Confindustria ricorda sconsolata come “i fondi europei risultano essere al momento gli unici fondi certi a disposizione per lo sviluppo”, per cui è urgente e prioritario trovare soluzioni alternative che non penalizzino ulteriormente il tessuto economico e produttivo dell’Abruzzo.

Conoscendo bene Gianni Chiodi, sono terrorizzato per il nostro futuro.


 

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Mi definisco anonimo ma dalla mail capirai chi sono. Solo per dire una cosa e non per difendere l'amministrazione regionale, anche perchè se leggi gli scarica barile regionale (dare la copla al governo, ti rendi conto da solo che sono anche loro indifendibili. Gli imprenditori, come anche i lavoratori, hanno dei rappresentanti che, spesso, non li rappresentano veramente. La programmazione europea, ed a cascata quella nazionale e regionale, sono solo la logica conseguenza di comportamenti del periodo precedente. Se avremo di meno è perchè abbiamo speso di meno oppure perchè siamo riusciti a progettare con minore qualità. La programmazione FESR come anche quella FSE o del PSR, sono la logica conseguenza di scelte che le parti sociali (datoriali e sindacali) impongono alla politica, spesso, per puri e semplici interessi di bottega. Accade sempre più spesso che politici "illuminati", pur di tenere a bada sindacati e parti sociali, scendano a patti rispetto programmazioni che gli "uffici" hanno redatto prendendo spunto dalle migliori "best practices". Il buon presidente degli Industriali si chieda come mai le Unioni Provinciali non dialoghino e come mai non riescano ad interloquire con la politica con una voce comune. Stessa cosa facciano gli artigiani ed i commercianti. Fin quando i meri interessi di bottega avranno il sopravvento. Fin quando anche le organizzazioni sindacali penseranno solo a come sbarcare il lunario (stipendi per i dipendenti ed altro...). Fino a quando tutto questo non finirà, e fino a quando la politica non riuscirà ad affrancarsi dagli interessi particolari che popolano il sottobosco della brocrazia, quello che è successo con il taglio delle risorse europee non potrà essere evitato. La cosa che fa male è che un rappresentante degli imprenditori si lamenti di una cosa della quale lui stesso è uno degli artefici.
Su questi argomenti non si sa mai da che parte è la verità. Ognuno dà i numeri che gli pare! (es: http://www.vannimauro.blogspot.it/2013/08/fondi-fers-abruzzo-primo-per…). Per stare alla realtà: le risorse assegnate dal budget UE alle regioni in transizione in Italia (Abruzzo, Molise e Sardegna) nell'ambito della politica di coesione ammontano in totale a 1 mld di euro. Quindi l'ipotesi di riduzione della dotazione di fondi strutturali in Abruzzo per il 2014/2020 è piuttosto plausibile. Per avere dati oggettivi sull'impiego dei fondi in Abruzzo, suggerisco di consultare il sito della Ragioneria Generale dello Stato (RGS Europa) http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapporti-f/I… . Sarà così possibile scoprire che al 30/06/2013 in Abruzzo avevamo effettivamente speso il 47,6% del Fondo Sociale Europeo (FSE) e il 52,4% del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR). Gli impegni (cioè le somme assegnate a progetti ma non ancora spese) sono pari al 60% per il FSE e al 67,7% per il FESR. E' indubbio quindi che alla fine della giostra molte risorse resteranno inutilizzate e "torneranno" a Bruxelles per effetto del disimpegno automatico. Sulle cause, rapporti ufficiali hanno identificato le seguenti criticità: lentezza del ciclo progettuale, doppio grado di giudizio nei ricorsi amministrativi, aiuti “a pioggia” strategicamente poco incisivi, discontinuità politica e amministrativa, scarsa assistenza tecnica ai progetti, scarsa capacità progettuale e di gestione, frammentarietà delle competenze nella pubblica amministrazione e complessità dei procedimenti amministrativi, errori e irregolarità nei progetti; limiti di coordinamento; limiti culturali e di informazione, ad esempio cultura del controllo e della valutazione. Sarebbe pertanto auspicabile prendere atto dei problemi riguardanti la gestione dei fondi UE (che sono comuni a molte regioni italiane) e metterci finalmente riparo.