Trasformare i rifiuti in energia conviene. E molto.
Lo dimostra l’ultimo studio firmato da Frost & Sullivan, emblematicamente intitolato “European waste to energy plant market”: un segmento di mercato in esplosione che solo l’anno scorso ha generato un giro d’affari da 4,22 miliardi di dollari. Affari, destinati, nel giro di tre anni, a sfiorare quota 5 miliardi.
L’Italia è sotto la lente: la maggior parte del nostri impianti di incenerimento è da rinnovare. Siamo giocoforza destinati a diventare “ uno dei mercati più attraenti del Vecchio continente per la produzione di energia dai rifiuti”.
E questo accadrà presto, ora, subito.
Ma cosa sono gli inceneritori?
Per farla semplice, sono impianti il cui utilizzato principe è lo smaltimento di rifiuti mediante processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento, per l’appunto); combustione che restituisce tra i prodotti finali effluenti gassosi, ceneri e polveri.
C’è da dire che oggi, negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, successivamente utilizzato o per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore, esempio ne è il teleriscaldamento.
Forse è interessante sapere (con l’obbligo della sintesi poco cara a noi ingegneri) che il teleriscaldamento è un sistema di produzione centralizzato di calore, calore prodotto da una grossa centrale di produzione, che viene distribuito direttamente alle utenze mediante una fitta rete di doppie tubazioni interrate, per poi tornare, “freddo”, alle centrali stesse.
La città di Brescia è stata una tra le prime in Italia a dotarsi, nel 1971, di una centrale e di una rete di teleriscaldamento urbano: oggi Brescia riscalda il 70% dei suoi ambienti abitativi e lavorativi tramite il calore prodotto e distribuito da un’unica grande centrale di teleriscaldamento, centrale che genera il calore da distribuire alla città grazie alla distruzione dei rifiuti.
Invito i più curiosi a fare una “passeggiatina” sul sito: http://www.ilteleriscaldamento.eu/teleriscaldamento_brescia.htm , porta assai sollievo ai portafogli!
Torniamo a noi.
I moderni impianti di tecnologie per il recupero di rifiuti vengono comunemente indicati con il nome di termovalorizzatori.
Tale appellativo seppur diffuso, fa storcere il naso a parecchi, in quanto giudicato poco appropriato ed alle volte fuorviante. I più attenti fanno infatti notare che il termine non viene mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori.
Secondo le più moderne teorie di alcuni, sulla corretta gestione dei rifiuti, infatti, gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono, in ordine di importanza, il riuso e poi il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento, da preferirsi solo alla discarica di rifiuti indifferenziati.
I rifiuti di interesse per l’incenerimento.
Non tutti sanno che…le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono:
¥ Rifiuti Solidi Urbani (RSU - art. 184, comma 2 del D.Lgs. 152/2006) come i rifiuti domestici;
¥ Rifiuti speciali (art. 184, comma 3 del D.Lgs. 152/2006): esempio ne sono i rifiuti da attività agricole e agro-industriali.
Vi è poi una grande quantità di rifiuti non inceneribili (classificati "inerti") provenienti da costruzioni e demolizioni: questi costituiscono una percentuale di circa il 25% del totale, pari a circa 30 milioni di tonnellate l'anno.
Prima di procedere all'incenerimento i rifiuti possono essere trattati tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc.).
I rifiuti trattati in questo modo sono definiti CDR (ovvero combustibile derivato dai rifiuti) o più comunemente ecoballe.
La maggior parte degli inceneritori in Italia è della tipologia a griglia.
Questi inceneritori possiedono un grosso focolare, con griglie metalliche normalmente a gradini formate da barre o rulli paralleli su cui viene depositato il materiale da incenerire.
La griglia può essere mobile o fissa e in diverse zone vengono raggiunte differenti temperature che permettono un più graduale riscaldamento.
Oltre alla normale combustione primaria, viene effettuata anche una combustione secondaria, ottenuta con un'ulteriore insufflazione d'aria che genera una notevole turbolenza, permettendo di migliorare il miscelamento aria-combustibile.
Infine, le ceneri prodotte vengono raccolte e raffreddate in vasche piene d'acqua.
Ma quanti sono gli inceneritori in Italia.
In Italia l'incenerimento dei rifiuti è una modalità di smaltimento “ancora non esplosa”, anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle conseguenti resistenze della popolazione: la maggior parte dei circa 3,5 milioni di tonnellate di combustibile da rifiuti italiani viene incenerita in impianti del Nord.
E Noi?? Che domanda, noi abbiamo delle fantastiche discariche che per densità di “popolazione” meriterebbero l’appellativo di province.
A Brescia, in prossimità della città, c'è uno dei termovalorizzatori più grandi d'Europa (smaltisce circa 750 000 tonnellate l'anno: il triplo di quello di Vienna), soddisfa da solo circa un terzo, il fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno).
Recupera dai rifiuti circa 600 milioni di chilowattora elettrici e 750 milioni di chilowattora termici l'anno: i numeri tuonano!
Il termovalorizzatore di Brescia, nell'ottobre 2006 è stato proclamato «migliore impianto del mondo dal WTERT (Waste-to-Energy Research and Technology Council), una associazione formata da tecnici, scienziati ed industrie spalmate a livello internazionale. Da notare che la produzione di RSU della provincia di Brescia è minore della capacità dell'impianto, per cui per far funzionare a pieno regime e quindi in modo efficiente, devono essere reperite circa 200 000 tonnellate l'anno di rifiuti di altra provenienza e/o tipologia.
Oltre a quello di Brescia sul territorio nostrano ci sono 54 inceneritori, i cosiddetti impianti waste-to-energy, per la gran parte progettati secondo la tecnologia a griglie, come d’altronde nel resto d’Europa.
Non sono pochi ma sono vecchi e quindi inquinanti: più di otto su dieci hanno oltre dieci anni di vita. E’ questa la ragione per cui, siamo all’alba di un lavoro di revisione e modernizzazione delle tecnologie per farle rendere di più e farle produrre sempre meno sostanze nocive: “ Le preoccupazioni circa l’aumento del volume dei rifiuti solidi urbani, la riduzione della capacità delle discariche e il considerevole aumento del consumo di risorse – si legge nel rapporto Frost & Sullivan – aiuteranno a sostenere gli investimenti nel mercato europeo degli impianti di termovalorizzazione”.
Per la serie: finché non si farà davvero sul serio con la raccolta differenziata e il riciclo non rimangono molte scelte che bruciare i rifiuti, dopo un’attenta selezione e i trattamenti del caso, per ricavarne quantomeno energia.
Le discariche, infatti come ribadito, esplodono.
Attualità
E’ mio dovere informare.
Data: 20 giugno 2013 .
Cosa: Incendio all’inceneritore di Paliano e la paura della nube tossica.
Dove: Frosinone.
L’accaduto: Nella notte fra il 18 e 19 giugno 2013 si è sviluppato un incendio all'interno dello stabilimento Acea Aria di Paliano, in località Castellaccio, destinato alla produzione di combustibile derivato da riuti (CDR) - si legge nella nota -. L'incendio ha interessato principalmente la copertura dell' edificio e l'impianto fotovoltaico presente sulla stessa ed i macchinari situati all'interno dell'impianto. L'area dello stabilimento dedicata allo stoccaggio dei rifiuti è invece stata coinvolta in maniera marginale. La nube che si è sviluppata come conseguenza dell'incendio
è stata originata principalmente dalla combustione della guaina di copertura dell'impianto e dei nastri dei
macchinari.
L'impianto non era in esercizio - prosegue la nota - al momento dell'incendio. Nel pomeriggio di oggi
l'incendio è stato domato e la nube in fase di dissolvimento. Sono tuttora in corso gli accertamenti da parte dei Vigili del Fuoco per appurare la natura dell'incendio. A titolo precauzionale, la società ARIA ha attivato, nelle ore immediatamente successive all'incendio, un piano di monitoraggio ambientale specifico, al fine di analizzare i parametri ambientali sensibili afferenti la qualità dell'aria e le eventuali ricadute al suolo nell'area circostante lo stabilimento. «Allarme rientrato» - Lo assicura il sindaco di Colleferro Mario Cacciotti, rimasto tutto il giorno in
stretto contatto con la Prefettura e con l'Arpa Lazio per conoscere i possibili effetti dell'incendio sul
territorio. Cacciotti spiega che «l'episodio non desta preoccupazioni per l'intera l'area. La tempestività degli interventi, con i vigili del fuoco e l'Arpa già sul posto dalle quattro del mattino, avrebbe infatti interrotto sul nascere possibili effetti collaterali indesiderati».
Sull’informazione bisogna essere obiettivi. E’ essenziale la qualità, l’attenzione alla notizia e la non strumentalizzazione.
L’evento di Paliano è stato un’ episodio spiacevole che non deve avere seguito, ma c’è stato, come ci sono stati anche incendi in aperta campagna, ospedali e discariche….
L’allarme è rientrato. I controlli sono in atto. Le autorità di competenza rassicurano le popolazioni. Gli interventi sono stati tempestivi. Le cause vanno accertate.
Con onestà intellettuale ritengo che non sia giusto, giudicare un evento senza conoscerne la storia. Forse è più giusto attendere i riscontri degli esperti per poi argomentare.
L’opposizione delle popolazioni
Quando si parla di inceneritori balzano subito alla mente – questioni semantiche a parte – le vicende di Acerra, in Campania, l’infiltrazione della criminalità organizzata, il caos sulle cosiddette ecoballe, le inchieste, i rischi che in un inceneritore (quello vicino Napoli come qualsiasi altro impianto) possa essere bruciato di tutto: inclusi rifiuti tossici che non dovrebbero finirci.
Anche se “ le emissioni in atmosfera vengono costantemente monitorate” attraverso un sistema di monitoraggio elettronico “ i cui dati vengono letti in tempo reale dall’Arpac”, come si assicura sul sito dell’ Osservatorio ambientale, le polemiche rimangono e gli effetti sulla salute spaventano: “ Gli elevati costi iniziali delle soluzioni waste-to-energy per il trattamento dei rifiuti potrebbero scoraggiare i potenziali investitori inoltre in passato c'è stata una forte opposizione del pubblico all’installazione di nuovi termovalorizzatori, a causa dei loro effetti potenzialmente dannosi sulla popolazione locale, che ha rappresentato una grossa sfida per lo sviluppo ulteriore del mercato”.
Tuttavia, dice la fotografia di Frost & Sullivan, “ i termovalorizzatori sono sempre più accettati ora che le aziende produttrici stanno costruendo unità moderne che riducono l'inquinamento dell'aria”.
Meno emissioni, più autonomia e più profitti rispetto alle mal gestite discariche nostrane.
Ritengo assolutamente fondamentale porre un accento su un aspetto che spesso, troppo spesso sfugge.
Molti, i più, quasi tutti ragionano in termini di inceneritori costruiti 10 anni fà (per nostra grande sfortuna) alcuni dei quali ancora funzionanti nei termini e nelle modalità di 10 anni fa.
Molti si rifanno quindi, ad analisi ambientali relative a tecnologie ormai obsolete che hanno, attualmente, un margine di sviluppo pari a zero.
E’ quindi necessaria, una profonda distinzione tra:
-ciò che “è stato” e che necessita di rinnovamento, ad ogni costo;
-ciò che sarà, che dal punto di vista del pericolo ambientale è blindato(le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti).
Ciò che mi preme trasmettere è che la moderna linea di trattamento fumi, a valle del processo di combustione in un inceneritore è assolutamente sicura ed ha un’efficienza di filtrazione di ceneri e particolato elevatissima.
Se non credete alle mie parole, andate pure sul sito dell’a2a(http://www.a2a.eu/gruppo/cms/a2a/it/impianti_reti/termovalorizzazione/termoutilizzatore_brescia/)e visionate pure i rapporti ambientali dell’inceneritore di Brescia.
Concordo sul fatto che tecnologie obsolete, abbiano potuto portare a danni alla salute e che vadano rigenerate se non distrutte, come più volte ribadito, ma sulle nuove, c’è un margine di critica assolutamente trascurabile.
Spesso e ribadisco spesso, si tende a vedere la pagliuzza nell’occhio, ma non la trave.
Sono ben altri i rifiuti che dovrebbero porre serie domande, quelli degli ospedali, per esempio.
Cosa ne pensano le associazioni
“ Ci può essere una maggiore o una minore efficienza, ma le particelle inferiore ai 2.5 micron non possono essere filtrate e viaggiano per migliaia di chilometri dopo la combustione – ha detto a Greenbiz Massimo Piras di Zero Waste Lazio – “inoltre si tratta di uno smaltimento non solo pericolosissimo dal punto di vista salutare, ma anche economico, perché non conveniente dal punto di vista energetico: bruciare plastica e carta consente di recuperare solo il 20-25 per cento di energia impiegata. Molto più sensato e profittevole recuperare i materiali per trasformarli in nuova materia, mentre bruciare è un affare solo per chi gestisci questi impianti”. Gli risponde, dal lato di chi ritiene ci sia troppo allarmismo sul tema, Daniele Fortini, presidente di Federambiente: “ È evidente come tutti gli impianti attualmente in esercizio in Europa, e parliamo di circa 490 impianti distribuiti su 19 Paesi, siano assolutamente sicuri. Lo dimostra il fatto che le autorità sanitarie non li abbiano chiusi né censurati. Sono monitorati da una pluralità di soggetti, da quelli igienico-sanitari a quelli amministrativo-contabili. È dimostrato, invece, che i più grandi fattori di rischio per la salute umana sono la combustione di fossili sia per i motori a scoppio che per le caldaie di riscaldamento”.
Mi permetto di aggiungere che il recupero dei vari materiali, non è a costo zero, come spesso si crede, ma, alle volte, ha una spesa tale, da divenire conveniente solo per l’incentivo fornito.
Sulle scorie.
Le scorie sono generalmente smaltite in discarica e costituiscono una grossa voce di spesa.
Si segnala che il solo inceneritore di Brescia produce circa 105.000 tonnellate di scorie, che vengono in buona parte (nel 2011 il 100%) riciclate, grazie al recupero di alcuni tipi di metalli (ferro,alluminio, rame, piombo e zinco) e di inerti utilizzabili nell'edilizia.
Solo una percentuale ridotta (0% nel 2011 e comunque negli anni precedenti andava a sostituire ghiaia, materiale più pregiato) finisce in discarica.
I rischi.
Gli aspetti sanitari relativi alle ricadute sulla popolazione di una data attività umana non possono essere valutati solamente sulla base dei valori di emissione al camino (o allo scarico per inquinanti liquidi). In altri termini, fra i valori di emissione e l'effetto sulla salute possono inserirsi altri fattori, direttamente influenzati dalle emissioni ma intermedi fra "emissione" e "salute". Tali inquinanti "intermedi" sono detti inquinanti secondari per distinguerli dagli inquinanti primari direttamente emessi dagli impianti. Risulta ad esempio noto dalla chimica ambientale che alcuni inquinanti di estrema importanza per la salute sono inquinanti secondari (come l'ozono, non prodotto dalla combustione ma generato dall'interazione fra inquinanti primari derivati dalle combustioni e radiazione solare).
Un approccio sanitario completo deve (o dovrebbe) quindi valutare anche gli inquinanti secondari, cosa però molto difficile in pratica. Anche per questo motivo ci si limita pertanto agli inquinanti primari (facilmente rilevabili in quanto misurabili al camino o allo scarico) e, per gli inceneritori, le indagini considerano in primis le diossine ed i metalli pesanti.
A proposito dei dati, appunto strettamente sanitari, si rileva anche il fatto che gli stessi dati epidemiologici per loro natura possono sottostimare o fallire nel rilevare il rischio reale.
Il problema è complesso; sull'errore influisce una buona dozzina di fattori, metodologici o no. Bisogna quindi diffidare dalle Cassandre!
Ma, in questo ambito, gli studi sono controversi e discordanti.
Mi permetto di invitare gli esperti al dibattito.
Riconosco di non essere esperta in questo, quindi, come ogni buon tecnico DEVE fare, taccio sulla possibilità di delineare un pensiero sulla questione, ma sono ben pronta all’ascolto “intelligente”.
Cosa sono le diossine?
Le diossine sono composti organici tossici, cancerogeni e mutageni per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio per questo motivo tendono ad accumularsi nella catena alimentare e nell'organismo umano per cui anche un'esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute. Le sorgenti delle diossine sono varie e hanno avuto molte variazioni nel corso degli anni, ed è difficile quantificarne esattamente la rilevanza relativa: gli inceneritori sono comunque una delle fonti maggiori, e vanno tenuti sotto accurata osservazione.
Per quanto concerne l'incenerimento, le diossine vengono prodotte quando materiale organico è bruciato in presenza di cloro, elemento questo, presente in composti organici clorurati come le plastiche in PVC.
Continuo a ribadire che gli impianti tecnologicamente più avanzati presentano un elevato grado di efficienza tale da contenere le emissioni a livelli significativamente inferiori al limite di legge, ma (c’è un ma) bisogna considerare che la legge impone solo delle misurazioni periodiche e non continue sulla produzione di diossina, e che solo in pochissimi impianti italiani è tenuta sotto costante controllo.
Inoltre, le misurazioni, necessarie solo ad assicurare il rispetto della legge, spesso non sono precise e non servono a conoscere l'effettiva emissione in atmosfera. E’ proprio qui che s’inceppa la catena!
La tecnologia c’è, sono le norme a dover essere efficaci.
Torna il vecchio Paradosso italiano: guidare una ferrari con il motore di una cinquecento.
A proposito di diossina, in inceneritori come quello di Brescia la concentrazione di diossina nei fumi è abbastanza bassa da risultare non rilevabile dagli strumenti adottati. Praticamente, le concentrazioni di diossina e degli altri microinquinanti organici nelle emissioni del termovalorizzatore sono dello stesso ordine di grandezza delle concentrazioni di fondo presenti nell'aria esterna.
Ribadisco che…uno dei principali motivi della differenza tra i risultati dei diversi studi risiede nel diverso arco temporale in cui questi si sono svolti, infatti il fattore di emissione delle diossine da incenerimento si è ridotto di circa 50 volte negli ultimi 15 anni, quindi chiaramente studi degli anni '90 forniscono dati notevolmente diversi da quelli più recenti.
Qualche Considerazione.
Per motivi vari, molto spesso per colpa di pregiudizi, altre volte per colpa di “realtà” imbarazzanti , l’idea di realizzare un inceneritore nel nostro paese, è stata sempre presentata come introduzione di un rischio aggiuntivo per le popolazioni, di conseguenza si è determinata una condizione di monopolio per il sistema delle discariche.
Sia chiaro, la posizione e le considerazioni che faccio sono tutte frutto del buon senso e dell’analisi oggettiva dei fatti, tutto frutto di una profonda umiltà che mi porta ad ammettere che gli inceneritori costruiti anni fà in Italia e le norme a loro relative, non hanno dimostrato attenzione all’ambiente e all’individuo e si sono meritati, in molti casi, il ruolo di vittima e carnefice.
Sono stati fatti errori che hanno tuonato nell’opinione pubblica, errori che molto spesso hanno avuto grande e “giusta” memoria nelle proteste delle associazioni di categoria...ma oggi si può e si deve ammettere che molte di queste difficoltà sono state superate, che la tecnologia ci ha teso la mano, che la difficoltà è e risiede unicamente nel sistema Italia.
Si sono combinati molti aspetti negativi che hanno creato la situazione in cui ci troviamo oggi. E questo lo dico perché nel momento in cui noi vogliamo incentivare nel nostro paese la direzione del recupero energetico nel pieno rispetto dell’ambiente., dobbiamo immaginare che l’industria attivi investimenti nell’innovazione e nella sperimentazione. Oggi si può, oggi si deve.
Ma fare sperimentazione vuol dire fare sperimentazione. Vuol dire cioè tentare impianti nuovi (e quindi efficienti e sostenibili) per i quali c’è un’attesa, in termini di risultati, ma questi risultati vanno verificati. Se non si fanno queste esperienze non c’è innovazione. Bisogna farlo nell’ambito del maggiore controllo possibile, sotto la sorveglianza di tutti quelli che possono sorvegliare, ma questa cosa va fatta in fretta. Se fosse stato possibile e chiaro realizzare impianti d’avanguardia nel nostro paese, e se fosse stata trasparente l’intenzione e trasparente la risposta, avremmo potuto farlo e non avremmo generato le deviazioni.
Le deviazioni perché si generano? Per aggirare l’ostacolo.
Come ho già ricordato, la procedura a ostacoli ha favorito le discariche, e se ne sono fatte poche rispetto alle molte che si potevano fare, perché questo consentiva un’altissima rendita e consentiva contemporaneamente bassi investimenti.
Noi vogliamo rompere questo circuito, e si rompe in due modi: con norme chiare da un lato, ma consentendo dall’altro all’impresa di investire. Cioè di far funzionare il mercato, di far funzionare il rischio di investimento. Il rischio di investimento funziona se le norme sono molto chiare. Le norme devono essere chiare per tutti. Però dobbiamo uscirne, perché non è possibile immaginare che la musica possa continuare nel modo attuale. E come sta continuando la musica, ancora oggi? Sta continuando senza soluzioni da un lato, e con grande speculazione politica dall’altro.
Abbiamo sotto gli occhi di tutti la connessione tra discariche e mala gestione, tra discariche e degrado urbano. Su questo piano dobbiamo essere franchi tutti, ed assumerci tutti le nostre responsabilità..
Avrei inoltre qualche personale domanda sullo stato dell’arte del panorama dei rifiuti nella nostra regione.
-Quante sono le discariche in Abruzzo e in che stato?
-Chi le gestisce e chi valuta l’impatto ambientale che arrecano?
-A chi vendiamo i rifiuti che non riusciamo a smaltire e a quale prezzo?
-Se la popolazione è in crescita ed il volume dei rifiuti aumenterà esponenzialmente, dove costruiremo le prossime discariche?
-Esiste un piano regionale di gestione dei rifiuti da qui ai prossimi 5 anni? Se si, Qual è? Se no, dove troviamo i soldi per lo smaltimento?
-A Brescia e nei restanti 490 siti europei sono tutti scemi?
Un’idea ….per avere il coraggio di svoltare?
Il centro studi MatER.
http://www.mater.polimi.it/mater/it/ ….
Un’ esempio di realtà questa, che “mira a definire solide basi scientifiche e ad identificare soluzioni tecnicamente ed economicamente percorribili - oltre che sostenibili - ai numerosi temi connessi al recupero da rifiuti.
Senza condizionamenti di carattere ideologico o politico, in modo indipendente dalle aspettative di singoli gruppi di interesse.
Obiettivo fondamentale di MatER è fornire una rappresentazione rigorosa delle tecnologie e delle politiche adottate per il recupero di materia ed energia dai rifiuti, contribuendo ad identificare le scelte più efficaci per una gestione dei rifiuti sostenibile.”
Concludo.
Chi disputa allegando l'autorità, non adopra l'ingegno, ma piuttosto la memoria.
Il progresso “intelligente” è l’unica forma di memoria che può salvarci.
*Susanna Ciminà
Nata a Canzano il 12 Marzo 1987
Laurea in Ingegneria Energetica - Presso Politecnico di Milano - aa 2006-2011
Dottoranda di ricerca in Scienze e Tecnologie Energetiche e Nucleari presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano - 2012-2014
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Commenti
Salve gentile Pasquale, la sua osservazione, e' assolutamente pertinente, seppur l'articolo non si propone di essere quantitativo. L'idea e' quella di argomentare un tema con un approccio " diverso", suscitare dibattito, invitare i cittadini a partecipare. E' chiaramente un inizio per presentare un tema " caldo", per cercare di affrontarlo con parole civili, non contiene uno studio di fattibilità . Me ne scuso, ma ho ritenuto necessario prima scrivere, richiamando criteri di oggettività, sul tema, anche per avere delle risposte, delle proposte. Tento ugualmente di risponderle, dicendo che il volume di rifiuti necessario e' strettamente connesso a molti fattori critici, uno fra tutti la taglia dell'impianto. Se non si è fatto uno studio di fattibilità e' difficile stimare quanto lei chiede. Se cerca invece dati su impianti esistenti, la invito ad andare sul sito dell'a2a dove troverà tabulate molto informazioni sensibili sull'inceneritore di Brescia. Se invece, ritiene di necessitare di altre informazioni, mi contatti pure e le fornisco articoli scientifici sul tema.
Scusa Camilo, a parte il tuo linguaggio che non condivido, perchè le cose vanno dette con educazione, perchè non hai fatto anche tana al link postato da Gagliano, che è contro l'inceneritore?
IIo ho una mia opinione, ma farò di tutto perchè le altre possano esistere per mettere in dubbio il mio pensiero. Buona tana.
"Quanto ai toni ed ai modi del dibattito, ritengo che ognuno abbia il diritto di esprimere il proprio punto di vista, argomentando con metodo, razionalità e pacatezza. E' un elemento di ricchezza."
Fantastico....grazie Enrico.