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Teramo è in mano ai Bifolchi....

di Giancarlo Falconi
5 minuti

Scrive un ragazzo del Delfico. Scrive Francesco Di Giuliantonio...

Teramo è una città concepita a misura d'uomo: grande è lo stupore nel riscontrare l'incapacità a renderla più vivibile. L'impegno dev'esserci, da parte di tutti. La città è lo specchio del malessere comunitario, ostile al convivere civile.
Direi dunque che alla base della convivenza civile vi sono i valori. E la conoscenza dei valori passa attraverso l'istruzione e la formazione di ogni individuo; valori che poi divengono fondamentali nell'ambito della conoscenza intesa come strumento di inimicizia nei confronti dei disvalori, di gran lunga più popolari ad oggi rispetto ai valori; tra i disvalori vi è l'ignoranza, perfida, maligna e nefasta sciagura dell'umanità, ancor prima che disvalore. Ma io credo che esistano differenti tipologie di ignoranza: chi ignora non sa, e quante cose tutti noi ignoriamo, non sappiamo. Ma per sapere di ignorare è necessario comunque conoscere. L'universalità della conoscenza non esiste, tra gli esseri umani.
Si tentano sfide approssimative con l'intelligenza artificiale, ma se le medesime fossero poco più accurate e scientifiche, ci si accorgerebbe che in verità nemmeno le conoscenze dell'intelligenza artificiale sono infinite. Il globo terracqueo dispone sì di infinite conoscenze, ma è dovere degli uomini apprenderle nella loro universalità, suddividendole in più discipline.
Personalmente non scorgo delle differenze sostanziali tra conoscenze umanistiche e conoscenze scientifiche, sempre di conoscenze si tratta. Dal mio punto di vista ha poca importanza il percorso che si intraprende, ma fondamentale in che modo il percorso viene seguito e con quali risultati. Questo in tutto, non soltanto nel percorso formativo nei cicli di istruzione.
Dopo la conclusa divagazione su temi che dovrebbero essere centrali, c'è da dire che Teramo soffre; il sintomo principale della sua sofferenza è dunque l'ignoranza (la non conoscenza e l'ostilità alla conoscenza), comune oramai a tutte le realtà del mondo globalizzato. E l'ignoranza tende trappole dannose. Lo sdegno è incommensurabile, nell'assistere, anzitutto, alla perseverante bagarre politica che infanga ed è ostile alla conoscenza; conoscenza, anche dei reali drammi che attanagliano il capoluogo. Ma non sono tenuto ad analizzare quest'ultimo in relazione alla cosa pubblica, preferisco analizzare il capoluogo dal punto di vista culturale che molto ammiro e che tento ormai da anni, di ampliare. E quello che noto, da semplice studioso di storia, è che il teramano favorisce l'annullamento della cultura e il decentramento delle risorse. Abbandonare il vecchio per favorire lo sviluppo del nuovo, senza alcuna rimostranza nei confronti degli errori del secolo scorso. Tutti ammettono di non conoscere o di conoscere poco del passato della propria città. Difatti, la maggior parte della popolazione la disconosce, magari anche per la più legittima delle ragioni, il problema è che poi una parte di essa fa sfoggio della propria presunta erudizione, senza conoscere un fischio della storia della propria città, arrivando ad affermare castronerie immani. La verità si ricerca sempre nell'ignoranza: il rispetto è inesistente, per i teramani (bifolchi) è legittimo posteggiare di fianco al Duomo, invadere il marciapiede del corso di sotto, bere a più non posso e di conseguenza disperdere il frutto delle proprie genialiate su e giù per i quattro quartieri storici, non curandosi, ad esempio, del complesso significato che si cela anche dietro il passato più remoto di una singola via del centro storico. La fetta della popolazione presa in esame, fa sfoggio della propria erudizione anche nel dialetto. Il sottoscritto poco parla il dialetto, non perché non lo maneggi, ma poiché non potrà mai conoscere i termini dialettali nella loro universalità. Tanto, per la fetta della popolazione che è ignorante, bene è posteggiare col suv di fianco al Duomo, come se quest'ultimo fosse l'agenzia delle entrate, bofonchiare, ed 'alluccare' qualche termine alla rinfusa, in pubblica sede, come se Teramo fosse la propria dimora. Come dicevo poc'anzi, la classe politica attuale sta dimostrando tutta la propria ignoranza, la città di Teramo è in mano a bifolchi che farebbero meglio a riprendere in mano l'utensile agricolo piuttosto che nascondersi il posteriore su di una poltrona che non li appartiene. Teramo è una città a misura d'uomo, e l'essenza dei luoghi che la costituisce concorre a definirla tale; una città che poco puo' auspicare nel settore turistico, dacché non ne ha le fondamenta o le fondamenta che ha sono prive di sostanza e di struttura. Teramo è una città che non puo' abbattersi, per la semplice noncuranza istituzionale e sociale, che nasconde, sotto il velo, tutta l'ostilità alla conoscenza ed al sapere. Teramo è infine una città che non va decentrata: tra i forestieri, generano indubbiamente più clamore e curiosità la fortezza di Civitella o la prospiciente riviera adriatica, la maiolica castellana o la lingua pretarola, ma poco o niente genera curiosità in città, a Teramo, che tanto potrebbe offrire e che all'ordine del giorno si fa sfuggire una miriade di occasioni fondamentali. Forestieri ed indigeni debbono essere invogliato a solcare i pavimenti del centro storico, purché esso non si identifichi esclusivamente con la solita piazza Martiri o con il Corso San Giorgio, ma che si identifichi con i luoghi più intrisi di storia e di cultura, che sono anche altri, tra queste mura non più esistenti. Mi tratterrei dunque da alcune affermazioni ignoranti e fuorvianti, che solo le protagoniste oramai dei discorsi del popolo teramano e soprattutto di una classe politica poco avvezza al buon senso, al rispetto, ai valori e alla cultura.
E lo dico da studente e da cittadino.
Teramo ha bisogno di un nuovo rinascimento.

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