Salta al contenuto principale

Il corrosivo: l’iperbole della rete

di Elso Simone Serpentini
6 minuti

Ci stavo riflettendo da tempo, ma avevo edificato le mura esterne della mia riflessione sull’argomento e non avevo cominciato a lavorare sul tetto, cosa che ho cominciato a fare da quando ho avuto modo di esprimere, in rete, la mia delusione per il poco pubblico presente alla presentazione teramana di un libro sul cantautore rock teramano Ivan Graziani.
Mi sono trovato ad una sequenza di “non lo sapevo” per giustificare assenze di quanti sarebbero stati presenti (almeno così assicuravano) se solo avessero saputo dell’evento. In risposta, amici di Ivan hanno postato una serie di commenti su Facebook e perfino articoli su quotidiani locali che dell’evento avevano parlato, preannunciandolo e pubblicizzandolo.
Ma i “non lo sapevo, peccato” sono proseguiti.
Sono fioccati su Facebook ad opera di amici e di amici di amici, che non si sono accorti, senza che se ne conosca il motivo, dei post e dei commenti rimbalzati da questo a quello, ma senza lasciare traccia nella memoria, né singola né collettiva, del social network più diffuso.

Ho cominciato a lavorare al tetto della mia riflessione, dopo aver finito di edificarne i muri esterni, usando i mattoni e le tegole più resistenti alle intemperie, che sono le idee chiare. Infatti nel frattempo le idee me le ero chiarite e avevo intessuto le trame delle mie conclusioni. Una volta si parlava di “villaggio globale” a proposito della televisione e illustri analisti ne hanno illustrato le caratteristiche.
Era sufficiente, si diceva, che avvenisse un evento nel paese più sperduto del mondo perché, grazie alla televisione, esso fosse conosciuto all’altro campo dell’emisfero terrestre, si che in capo a poche ore una notizia era in grado di spandersi come fa la luce del sole a mano a mano che dall’Oriente all’Occidente attraversa i diversi fusi orari.

Si è parlato di “villaggio globale anche a proposito della rete. Si è detto che anche la notizia più piccola sia in grado, grazie alla rete, di diffondersi da un capo all’altro della terra e/o, almeno in tutte le liste degli amici iscritti ai social network.
Si è detto che nulla sfugge della tua vita privata se dissemini sul tuo profilo notizie relative alle cose che fai, alle cose che scrivi, alle cose che pensi, ai selfie che ti fai.
Si è detto che c’è gente che mette sul suo profilo anche l’evento più futile o più drammatico della propria vita (con indifferenza assoluta quanto alla futilità o alla drammaticità) ancor prima di aver finito di viverlo o di elaborarne la portata emotiva.
Si è detto che nulla sfugge della tua privacy se alla privacy rinunci postando sui social network qualsiasi elemento che ti riguardi o che riguardi i tuoi cari o i tuoi amici.
Si è detto che sulla rete ogni cosa che vi trova posto raggiunge diecine e diecine, centinaia e anche migliaia di lettori e che la capacità di diffusione della rete sia di gran lunga superiore a quella dei giornali, che ormai non legge più nessuno e delle locandine affisse (a pagamento) sui muri cittadini, sui quali ormai nessuno più getta il proprio sguardo se non per leggere gli annunci funebri e sapere il prima possibile i nomi di quanti sono passati a miglior vita. Ma, se alto è il numero dei cittadini che consultano “il muro del pianto”, si è detto, è assai basso quello di coloro che si fermano a leggere i manifesti, quindi per far conoscere un evento e la sua data non c’è cosa migliore che un bel post su Facebook.
Si è detto che anche per far conoscere i candidati alle elezioni, e perfino per sceglierli votandoli, la rete sia uno strumento assai più efficace e democratico delle primarie, alle quali partecipano solo poche migliaia di elettori, e non sempre in modo trasparente.

Si è detto tutto questo... si è detto molto.
Ecco: il tetto che metto alla mia riflessione è di una semplicità disarmante, come quella della frase di quel bambino che ebbe la sfrontatezza di dire che il re era nudo, vedendolo passare nudo, mentre tutti quanti gli altri avevano fino ad allora continuato a dire che era vestito, pur vedendolo anche loro nudo. Il mio tetto è: esiste l’iperbole della rete.
La capacità di diffusione della rete è grandemente sopravvalutata. Alle votazioni on-line di candidati a candidarsi alle elezioni partecipano solo poche diecine di persone e chi riporta più voti non arriva spesso alle cinquecento unità, a fronte di milioni di elettori.
Quando compare una notizia sui vari siti internet e sui profili facebook, pur essendo rilanciati l’uno dall’altro con abbondanza di reiterazioni e di rimandi e di link, è sterminata la legione di quanti, ad evento svoltosi in aule vuote o quasi, dicono: “Peccato, avrei partecipato, ma non lo sapevo, non ho saputo nulla, ero all’oscuro”.

Non è solo indifferenza, né solo cecità. Né solo disattenzione. E’ tutto questo, ma non è solo questo.
E’ incapacità della rete, intrinseca, a parlare in grande. E’ iperbole e sopravvalutazione della rete e dei social network.
E’ la labilità di uno strumento che ha le sue caratteristiche, ma non sarà mai un vero “villaggio globale”.
La rete una facoltà ha che finora appare superiore ad ogni altra: la memoria, quasi pari a quella di un elefante.
Ogni tanto sui profili Facebook compaiono post di quattro, cinque o anche sette anni fa e sei invitato a cliccare per riportarli all’attualità.
Quanto a internet in sé, capita sovente che ti ritrovi su una ricerca Google notizie apparse in rete agli albori della rete e non solo cancellate, ma incancellabili, in barba a qualsiasi pretesa di “diritto all’oblio”.

Commenta

CAPTCHA

Commenti

caro prof. memoria vivente...ti ricordi quando parlavamo con i baracchini?? Ma quale rete era allora? Noi antesignani di tutte le reti.....e mettevano la portante per interrompere le comunicazioni...ti ricordi?? Dicevano..di noi..quelli lì'..quelli strani..un po' matti...! Tu che non hai mai smesso di insegnare Socrate....perdi tempo...in maieutica .........questi neanche ascoltano...come greggi al montone più' virile vanno a farsi fottere. .........Resistere..resistere...ciao..Elso.....m.