In urbanistica il Centro Storico, a differenza di altre aree urbane, per la sua peculiarità morfologica, per la sua specificità architettonica e per la variegata offerta commerciale, è la parte più ricca di una città: è il luogo della mixité, dell’incontro, del passeggio, delle compere e dello svago in una cornice unica.
E’ l’area urbana che custodisce la storia e l’essenza di un posto e, quindi, va preservata, poiché può facilmente tramutarsi nella parte più vulnerabile della città.
Il sempre più crescente utilizzo delle automobili (e spesso solo per colmare distanze molto brevi), il traffico caotico, i rumori e lo smog, la velocità inadeguata all’interno delle piccole vie interne ed i parcheggi selvaggi, legittimati dall’assenza di controllo, finiscono non solo per ridurre l’attrattività del Centro Storico, ma restringono anche il campo di fruizione pedonale e ciclabile, abituando il cittadino a dimenticare la propria città e a viverla da autista.
Le aree pedonali, quindi, diventano lo strumento urbanistico fondamentale per la città, perché elevano gli standard di tutela dei beni dell’area antica della città, della sua vivibilità sociale ed ambientale e del benessere psico-fisico degli abitanti.
A Teramo, le zone nel Centro Storico riservate esclusivamente ai pedoni hanno dimensioni particolarmente ridotte, in quanto si estendono solo su due strade principali (Corso San Giorgio e Corso Cerulli) raccordate tra loro da Piazza Martiri. Ed è una percentuale di spazio veramente minimo rispetto alla grandezza del Centro Storico. Vien da sé che, con la chiusura del Corso principale per i lavori di restyling, Teramo si sia svuotata non avendo altri luoghi idonei alla ricreazione dei propri cittadini.
Al di fuori di questa “zona dorata”, considerata come l’unica area viva della Città Storica, le parti restanti sono inaccessibili perché sommerse dalle macchine e fatalmente condannate all’incuria, al degrado ed all’oblio: palazzi, piazze e vicoli sono inghiottiti e nascosti dall’incombente presenza di tanta ferraglia che impedisce ai viandanti di stupirsi della bellezza di molti angoli (che pur c’è!), di avere una chiara visione di ciò che hanno davanti agli occhi e, di conseguenza, di prendersene cura.
Emblematico è il caso dell’Anfiteatro Romano. In quell’area hanno realizzato, in mancanza di un marciapiede, un percorso a terra riservato ai pedoni, completamente inutilizzabile perché occupato dalle auto in sosta. Il risultato è che non è nemmeno più possibile affacciarsi, dal lato di Via Paris Luigi, sulle antiche vestigia, diventate ormai solo uno sfondo sbiadito di una scena che, sicuramente, meritava ben altro.
Per non parlare di Via Irelli, ancora in pieno Centro eppure trasformata in periferia dalle macchine ammassate in sosta selvaggia.
Via di Porta Romana, Largo Proconsole e Via Trento e Trieste, poi, sono aree in perenne stato di "Lavori in corso” contraddistinte dalla presenza di numerose impalcature (alcune lasciate sul luogo dal 2009 a seguito del terremoto de L'Aquila) che conferiscono alla zona un'aria trasandata. Attrazione dell’area: il palo spezzato riempito di sampietrini fuoriusciti dalla strada e sostituiti con colate di asfalto, rifiuti di vario genere e sacchetti contenenti escrementi di cani buttati lì da padroni che ritengono troppo lontano il cestino posizionato nella piazzetta, a nemmeno 3 metri di distanza. Troppa strada da fare!
Oltre i posti menzionati, quanti altri luoghi, quante piazze, quante vie caratteristiche e preziose sono state convertite in aree maledette, sprovviste di identità perché non più riconoscibili e, soprattutto, prive di ogni forma di vita.
Nel Piano della Mobilità di Teramo sono previsti interventi sul sistema infrastrutturale finalizzati a rendere la città meno congestionata ed il traffico più scorrevole. Tuttavia, l’efficienza infrastrutturale non è data dal numero di interventi atti a migliorare la rete su gomma: ogni tot anni abbiamo una nuova galleria, una nuova strada, una serie infinita di rotatorie per evitare i tempi dei semafori, eppure il traffico persiste ed aumenta a causa della domanda indotta, perché le reti infrastrutturali più funzionali inducono gli utenti ad usare con più frequenza e maggiormente il mezzo privato, automobili o motocicli che siano.
Il traffico si comporta come i gas, cioè si adatta allo spazio che lo contiene: non importa quanto sia grande il contenitore, poiché le molecole occuperanno sempre tutto lo spazio disponibile.
Saranno sempre di più le strade, ma troverete comunque le code.
Aumenteranno i parcheggi, ma non troverete comunque posto.
Elimineranno i semafori, ma comunque dovrete attendere che le file di auto scorrano.
Più diamo spazio alle auto, maggiore sarà la certezza di vederle ovunque.
Per ottenere una città più vivibile ed un sistema di mobilità davvero sostenibile, sia dal punto di vista funzionale che da quello ambientale, bisogna ridurre l’uso dell’auto.
E’ vero che qualsiasi tipo di cambiamento, inizialmente, è fastidioso, poiché presuppone una rivisitazione delle proprie abitudini, ma, se si considerano i costi sociali reali, poiché evidenti, che l’uso eccessivo dell’auto impone a tutti noi, questa limitazione potrà essere compresa come necessaria ed avvenire in maniera spontanea: traffico, stress, ansia, perdita di tempo nelle code e nella ricerca di un posteggio, emissioni di particelle inquinanti, problemi alla salute (malattie cardiovascolari, patologie respiratorie, eccessiva sedentarietà, obesità, problemi posturali, ecc...), scarsità di spazi pubblici per lasciare posto a strade e parcheggi e, soprattutto, depauperamento delle nostre aree urbane, ridotte per lo più a quartieri dormitorio, dove i bambini non giocano più per la strada e la vita sociale è praticamente annientata, sono solo alcuni dei prezzi che paghiamo quotidianamente.
L’uso dell’auto nuoce a tutti; di questo, ormai, dobbiamo prendere atto e di fronte dell’immobilità politica, che non procede ad una revisione del sistema della mobilità per incentivare l’uso di mezzi alternativi all’automobile, siamo noi cittadini a dover modificare le nostre abitudini per migliorare la qualità della nostra vita, della nostra città e stimolare gli amministratori ad intraprendere azioni adeguate.
La conservazione dei beni storici, artistici, paesaggistici e la effettiva riqualificazione e valorizzazione del Centro Storico, non può prescindere dalla partecipazione attiva del cittadino che deve, ora più che mai, vivere la propria città e riappropriarsi dei suoi spazi.
I residenti ed i commercianti del Centro Storico dovrebbero acquisire consapevolezza del fatto che una apparente limitazione alla mobilità privata comporterebbe per loro molti vantaggi.
Solo per citarne alcuni:
Il Centro Storico si trasformerebbe in un’isola desiderata da tutti, libera da inquinamento atmosferico ed acustico, accessibile anche alle fasce della popolazione più deboli, disabili, anziani e, soprattutto, bambini che, come in molte città europee, potrebbero essere liberi di giocare per le vie del Centro o, addirittura, muoversi da soli in un contesto architettonico e urbanistico che avrebbe molto da offrire.
Con la creazione di aree dedicate alla ricreazione dei cittadini e con l’incentivazione di progetti che assicurino una sempre maggiore affluenza (e non solo nelle arterie principali), il Centro Storico diverrebbe un’opportunità di investimento residenziale e commerciale di ben altro livello rispetto all’attuale situazione e potrebbe tornare ad essere il Luogo dell’incontro, del confronto, della passeggiata, delle compere, dello svago, della rigenerazione e del gioco, innescando vivaci processi economici, basati sulla valorizzazione delle bellezze e dei prodotti locali, capaci di rivitalizzare l’intera città.
Tutto ciò è davvero possibile, soprattutto se saranno i cittadini, con le loro piccole azioni quotidiane, a compiere scelte decisive per la trasformazione del luogo in cui viviamo.
Ps. Coloro i quali suggeriscono convinti che lo svuotamento del Centro Storico sia momentaneo e causato dalla paura del terremoto continuano a fare quello che hanno fatto per anni: far finta di nulla per non iniziare a fare qualcosa.
Arch. Alice Tramaglini
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Ma lo studio Architetica non esiste più? In via Trento e Trieste è chiuso da tempo.