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UNITI DALLA PASSIONE PER IL GRAN SASSO D’ITALIA

di Walter Mazzitti
6 minuti

Il Massiccio del Gran Sasso d’Italia è fonte inesauribile di storia, tradizione e cultura, il cui potenziale, purtroppo, non è mai stato considerato nella sua reale dimensione, né dai cittadini, tantomeno dalle istituzioni. Ancora oggi gli abruzzesi e gran parte degli italiani non hanno la percezione che il Gran Sasso d’Italia è la montagna più alta della catena degli Appennini sulla quale e attorno alla quale si è fatta nei millenni la storia d’Italia.

La sua unicità sta nel valore geologico, naturalistico e antropologico, che qualifica l’identità di un territorio, sintesi di uomo e ambiente, di attività, di usi e tradizioni protrattesi nei millenni. Il Gran Sasso d’Italia esprime una civiltà propria che travalica i confini nazionali. Qui si concentrano numerosi primati tra cui la più elevata biodiversità vegetale in ambito europeo e mediterraneo; Campo Imperatore, il più esteso e spettacolare altopiano appenninico; il ghiacciaio del Calderone, posto alla latitudine più bassa d’Europa.
Il Massiccio del Gran Sasso d’Italia domina il paesaggio circostante e si staglia sui pascoli sterminati di Campo Imperatore e del Voltigno. È il regno delle nevi perenni, delle rocce e del vento. Uno spettacolo senza eguali: qui il tempo si ferma per cedere il passo ad una natura monumentale e incontaminata. Verso nord, dal lago di Campotosto si possono ammirare i profili più dolci della catena dei Monti della Laga, interamente coperti da boschi di faggio, abete bianco, cerro e castagno. La luce si riflette negli innumerevoli ruscelli e torrenti che scorrono sulla roccia fino a precipitare nelle valli con fragorose cascate, che d’inverno, ghiacciate, danno forma a figure magiche e ancestrali. In questa parte dell’Appennino sono sopravvissuti i boschi più antichi d’Italia, gli animali simbolo dell’intera dorsale, come il camoscio d’Abruzzo, il lupo appenninico, l’aquila reale e il cervo. L’agricoltura radicata nella tradizione ha favorito la formazione e la conservazione di paesaggi agrari di grande e straordinaria valenza culturale e ambientale. Il versante meridionale del Gran Sasso d’Italia costituisce un unicum in ambito italiano ed europeo per la diversità, complessità ed armonia tra i paesaggi rurali, straordinariamente diversificati ed integrati in un contesto territoriale limitato. L’evoluzione storica del Gran Sasso d’Italia si identifica con la storia della transumanza, antichissimo fenomeno di migrazione stagionale di uomini e bestiame, che ha assunto dimensioni e estensioni forse uniche nella storia dell’umanità, attraverso il quale, sin dai primordi, sfruttando i grandi altipiani abruzzesi (e tra questi preminenti Campo Imperatore e Campo Pericoli) come pascoli estivi e il Tavoliere delle Puglie quale pascolo invernale, si sono radicate civiltà in un processo di contaminazione e sedimentazione di culture profondamente diverse. Una vera e propria epopea che alle falde del Gran Sasso d’Italia ha raggiunto le espressioni più forti e complesse, un’attività millenaria che ha condizionato il territorio, disegnato vie di comunicazione, formato generazioni di uomini, arricchito i paesi della montagna di prestigiosi edifici e pregevoli opere d’arte. A ridosso dei pascoli estivi e lungo i tratturi, le antiche vie della transumanza, sono situate grandi e prestigiose abbazie, preziose chiese medievali e rinascimentali, che assieme ai magnifici borghi, ai castelli, alle torri, alle aree archeologiche, sono rappresentativi di una parte cospicua della storia dell’Italia e costituiscono un patrimonio storico-artistico unico e inimitabile. Ciononostante al Gran Sasso d’Italia è mancata finora nei fatti quella riconoscibilità che non gli ha consentito di rendersi, come meriterebbe, speciale, unico ed attrattivo. Il 5 luglio 2002 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampivenne ad aprire ufficialmente sul Gran Sasso d’Italia le celebrazioni dell’Anno Internazionale delle Montagne indetto dall’ONU, con il chiaro intento di affermarne la centralità, quale perno della unitarietà del sistema montano italiano dalle Alpi alla Sicilia e centro del sistema delle montagne del Mediterraneo. Per questa ragione nel 2014 abbiamo costituito l’associazione “Amici del Gran Sasso d’Italia”, allo scopo di dare impulso ad una nuova ed efficace azione di valorizzazione di questo grande monumento ambientale che consideriamo un’autentica risorsa dell’Abruzzo e dell’Italia e per far sì che il Gran Sasso d’Italia diventi il naturale luogo di aggregazione degli abruzzesi. L’aggregazione tra cittadini, lo stare insieme per la condivisione di principi e obiettivi di questo grande progetto, consentirà di dar vita alla “Comunità del Gran Sasso d’Italia” nella quale tutti, giovani e meno giovani, potranno vivere la montagna in un modo nuovo e soddisfare e nel contempo promuovere, i propri interessi, culturali, sportivi, ricreativi ed anche economici. Ci unirà lo scopo di mettere a valore l’enorme, straordinario giacimento di opportunità che resta ancora inesplorato attorno al massiccio del Gran Sasso d’Italia. L’importante è stare assieme, condividere il piacere di godere delle avvincenti occasioni che la montagna offre, vivendo in libertà, passeggiando, sciando, andando a cavallo o in bicicletta. Questo significherà essere parte della Comunità del Gran Sasso d’Italia. Sabato 10 dicembre, alle ore 17, nella sala polifunzionale della provincia di Teramo, presenteremo il nostro grande progetto per il futuro del Gran Sasso d’Italia, la montagna più alta della Catena degli Appennini. Conto sulla tua partecipazione, “Uniti dalla passione per il Gran Sasso d’Italia”.  
 

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Commenti

la passione del gran sasso significa anche la sua difesa.. abbiamo distrutto la sua enorme falda acquifera riducendola del 50% e nessuno ha pagato... non facciamo altro che bucarlo e perforarlo magari se vince il si e questi aspetti(come le centrali termiche,le discariche,gli inceneritori)deciderà tutto il nostro bravo governo di burloni servo delle multinazionali e non aggiungo altro..sulla testa dagli abruzzesi,di costruire una bella terza canna(non sono bastate due canne che cmq hanno un senso per il collegamento,ed un laboratorio con tanti misteri all'interno di un parco nazionale...) ricordo che alcuni anni fa volevano costruire in provincia di Teramo,ai confini del parco, una centrale a gas(che a noi non serve perchè siamo già autosufficienti energeticamente)e poi una discarica sopra Ponte Vomano vicino ad una nota fabbrica di dolciumi e sempre ai confini del parco in una zona abitata.. subito sindaci assessori di comuni e province ci si buttarono a capofitto in questi progetti perchè prevedevano per i comuni che deicidevano di ospitarli,enormi introiti ... e poi posti di lavoro...(pochi e maledetti)..un pò come all'ILVA di Taranto dove si è schiacciati tra tumori e disoccupazione..quindi chi non ha protestato per le malattie era solo perchè voleva il lavoro... fortuna che la popolazione locale(eravamo prima della crisi)ha lottato contro i suoi stessi sindaci fino ad imperdirgli questi obbrobrii.. ecco perchè Renzi si è ripreso le competenze regionali per le opera strategiche(oltre che per parte della sanità) proprio per scavalcare i cittadini in un deriva che dire autoritaria è poco!
E' vero, ci battemmo in Provincia (2^ giunta Ruffini ma insieme tutti i PARTITI di allora), contro la "terza canna", insieme a Ordine dei Medici, associazioni ambientaliste, comitati di cittadini, e si riuscì in un'impresa che sembrava disperatamente irrealizzabile. Un modello di cooperazione su cose concrete che dovrebbe essere ripreso per salvare quel poco che ancora rimane delle nostre ricchezze ambientali e culturali che caratterizzano la nostra identità.