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Gli 80anni del Preside Lino Befacchia....

di Giancarlo Falconi
3 minuti

Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
Giù da’ colli e da’ tetti,
Al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.

Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripigliafdfdfd non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moti psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve reagire tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita?

Hai sussulti e stanchezze,
hai parole – cammini
in attesa. L’amore
è il tuo sangue – non altro”.

Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.


Tu mi sospiri lontano: «Sera, sera dolce e mia!»
Sembrami d’aver fra le dita la stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene.

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Sono arrivati tutti insieme al tempo del prosecco e dell' auricchio dolce e piccante del preside Befacchia.
Il frizzante glera era di rinforzo da altre terre nobili e il cantore non aveva bisogno di fuochi fatui accesi e mai dileggiate parole di rogo. Non spense alcun ricordo ma era il presente di sorrisi e glassate.dsfdgfd

Sono arrivati tutti insieme al tempo del prosecco e dell' auricchio dolce e piccante del preside Befacchia. Il dono di Carmine Di Giandomenico vale Leopardi, Calvino, Pavese, Buzzati, Aleramo. Vale un inchino alla bellezza, il chinotto in cantina, il vino cotto di fine pasto, il casto pensiero del primo bacio, il cacio randagio, l'agio di un lontano raccolto, colto come solo gli uomini sanno di pensiero, il siero di occhi profondi, tondi come il segno di quelle bretelle, stelle che sapevano di straccale, vale quell'uomo che conosce il teatro dell'ospitalità.; rivalità che non esiste per chi resiste.

Abbiamo giocato con le parole per nascondere l'imbarazzo di quegli auguri a un uomo che ti riempie una giornata di sensibilità, di attenzione, di cura, di saggezza senza proferire alcuna parola. A che servirebbero? A nulla ma bisogna essere membri di una congregazione unica. Quella dei poeti che impararono a leggere le poesie. Quella che D'Annunzio amò definire gli “Eja, Eja, Eja, Alalà!”...quella che Gunter Grass, in Anni di Cani, condì come l'arte degli spaventapasseri. Una questione di inclinazione della visione. Altro senso.

Auguri Preside, auguri di cuore.

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Personaggio di altri tempi.......auguri