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Le magnifiche sorti e progressive… e la banalità del male

di Alessio D'Egidio
6 minuti

Le magnifiche sorti e progressive… e la banalità del male

Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἂνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.

E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce

(Giovanni, III, 19)

 

C’è un filo conduttore che lega in profondità il pensierocomune” dell’europeo “comune” negli ultimi cinquanta anni di storia del vecchio continente. Cioè da quando l’Europa si è avviata, per così dire, alla normalità democratica, sublimando lo shock della Seconda guerra mondiale e dei totalitarismi: il male è sempre il male dell’altro… il dolore è sempre il dolore dell’altro.
Un principio che ha un valore micro e macro nell’universo delle province mentali e geografiche che attraversano i nostri spazi.
Il vicino di pianerottolo e i “suoi” problemi… il vicino di confine e i “suoi” problemi… e il pensiero individualista è così giunto al culmine.
Non più solo Adamo ed Adamo, Eva ed Eva, ma Italiani e Italiani, Francesi e Francesi, Inglesi e Inglesi, Tedeschi e Tedeschi etc…
Una parcellizzazione, inevitabile figlia di un percorso centenario che, bravi dialetticamente come siamo, noi europei celiamo sotto la farsa dell’Unione (“unione” e non “unità”… ma questo non è il tempo della proprietà del linguaggio).
I termini sono diventati chewingum: plastici e adattabili anche quando non significano nulla.
 Dove voglio arrivare? Non c’è un approdo.
Mi limito ad osservazioni fattuali ed in ordine sparso nella consapevolezza del magistero della storia, disciplina oramai inutile per molti valenti scout del pensiero contemporaneo.

Tempo passato: prima di dare avvio alla “soluzione finale del problema ebraico”, Adolf Hitler condusse, lasciatemi passare il termine, un’operazione preliminare. Cominciò dall’eliminare cittadini tedeschi: oppositori politici, omosessuali, down, malati di mente… come dire, collaudò il meccanismo e, dal ‘42 in poi, diede pieno avvio alla Shoa. In quegli anni di “collaudo”, il resto dell’Europa guardava ma non osservava con attenzione. Mi si dirà che l’analisi storica rifiuta il senno del poi…

Tempo presente: non più tardi di qualche anno fa… inizi del 2000, per intenderci. L’appuntamento quotidiano con il telegiornale era scandito dal “solito” pullman di linea sventrato dal “solito” kamikaze. I luoghi? Sempre gli stessi: Betlemme, Jaffa, Tel Aviv, insomma Israele.
Le prove generali di un terrore civile. Un terrore quotidiano, perché permeante la quotidianità. Un terrore pulito, come pulite erano e sono le strade di una città o di una capitale. Un terrore straordinariamente banale, come banale può essere il male.
Ricordo lo stupore e nulla più.
Ricordo le solite divisioni tra i pro e i contro Israele e nulla più.
Il problema era dell’altro. Il dolore era dell’altro.
I morti? Non sono i nostri morti.

Ma in quel momento l’integralismo stava intuendo e verificando un’arma micidiale. Si stava sperimentando un nuovo modo di propagandare il pensiero. Un modo di fare politica sordo alle logiche della dialettica continentale, stufo dei meccanismi ingessati delle nostre democrazie, stanco dei riti bizantini delle cancellerie. In Israele si facevano le prove generali di un sistema “civile” del terrore.
Noi europei parcellizzati ed individualisti andammo in ordine sparso. E sempre e comunque, in tale ordine, abbiamo solcato l’ultimo lustro. Ci divide tutto, anche se qualcuno, lautamente stipendiato a pochi metri dagli attentati di ieri, ci vuole fare credere il contrario.
Il modo di intendere le leggi. L’assenza di una polizia comune.
Di una politica estera comune. Le abitudini di vita. Il modello del lavoro. L’etica del lavoro. La fede religiosa. Un esercito comune.
Ci si è dimenticati del Mediterraneo. Non siamo più, come sosteneva Socrate, “tante rane affacciate su questo grande stagno”.
Aggiungo che non era solo il colore della pelle il tratto distintivo che segnava l’approdo alle nostre coste.
Individualismo e polverizzazione hanno sacramentato il non riconoscimento di un DNA comune.
Campanili e torri civiche… ecco che cos’era l’Europa.

Certo, anche i minareti al netto del political correct!
La mia personalissima esperienza di qualche anno fa mi porta a credere ancora che esiste un Islam moderato, abituato a quattro pasti al giorno,  che rifugge una certa interpretazione del Corano, attento all’esercizio dell’estrapolazione. Esercizio complesso e difficile di cui noi europei eravamo maestri. C’è, viceversa, un certo mondo politico nell’universo islamico divenuto integralista, la cui genesi sarebbe troppo lunga da indagare in questo spazio: l’analisi, infatti, dovrebbe tener conto della reciprocità delle colpe e degli errori.
La lezione del divorzista: bisogna sentire la campana della moglie e quella del marito. Ma è indubbio che oggi quest’integralismo ha terreno fertile. Concimato abbondantemente dalla nostra-occidentale- frantumazione, polverizzazione, divisione.
Gli integralisti hanno compreso il significato storico e concreto dell’ansia tradotto nella dinamica patologica che nasce dalla paura di compiere atti quotidiani sapendo di poter essere colpiti.

Ed ora, forse, dico forse, non sarebbe il caso di attribuire al termine “consorzio una valenza che vada oltre il puro significato tecnico? Come reagire quando a diventare vulnerabile è la normalità?
L’intelligence? La Terza guerra mondiale a pezzi? Le primavere che non sbocciano mai?
Non lo so. Non ho ricette. Ma volendo portare a conclusione la mia riflessione… trovo consolazione in Leopardi.

La ginestra”. Le magnifiche sorti e progressive… Oggi c’è un nemico più complesso e subdolo di una natura matrigna… ma se riuscissimo a consorziarci… se riuscissimo ad essere uniti… se ci appellassimo a ciò che ci contraddistingue… se riscoprissimo le nostre vere radici, avrebbe un senso la lotta.
Avrebbe un senso anche la banalità del male.  

foto: Internet

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Commenti

Caro Prfessore ma l'individualismo non nasce con l'uomo?
In nome di Cristo sono stati messi al rogo streghe e miscredenti, sono state fatte guerre e mafie. In nome di Maometto si tagliano teste e si compiono stragi di innocenti. Fra sofferenze, tragedie e miserie, i mercanti di armi, di petrolio e di mercati, costruiscono o rafforzano i loro imperi. Se fossi Dio, come cantava Giorgio Gaber, oltre a sentirmi offeso per la scarsa considerazione, sarei molto ma molto incazzato.
CARO PROFESSORE La chimera e l'illusione di una Europa davvero unica e unita sembra ormai tramontata! Il lato positivo e che forse qualcuno cambierà il proprio " stile di vita " e questo non sarebbe male! Com'è triste Venezia