Romolo Trifoni.
Sindaco di Giulianova.
Scrive Leo Marchetti nel nome di un ricordo" Un gentiluomo prestato alla politica” fu la prima impressione che ricevetti nel lontano autunno del 1968, quando mi avvicinai alla sezione giuliese del PSI.Erano gli anni in cui il partito socialista, secondo una consolidata tradizione, era diviso fra massimalisti e riformisti e nella stanza senza finestre di via Trieste campeggiava una foto di Che Guevara in basco e giubbotto impermeabile; per dire che la maggioranza era formata da lombardiani coi quali si confrontavano i pochi ma onestissimi saragattiani e nenniani di allora. Romolo Trifoni, nonostante i modi garbati ed estremamente concilianti tipici dell’educazione signorile che lo caratterizzava, aveva uno spiccato senso per l’impegno sociale e la volontà evidente di stare sempre dalla parte dei disagiati e del rispetto della legge, perfino nelle sue forme più capillari delle norme edilizie.
In seguito fu eletto sindaco, dopo la breve parentesi dedominicisiana, con ampio suffragio di voti, che andava ben aldilà dei confini strettamente partitici in quanto largamente stimato e fatto oggetto di consenso popolare affettuoso - la gente lo chiamava “don Romolo” - e vagamente riconoscente.
Ho potuto osservare personalmente la sua generosità nei confronti di coloro che si recavano in Comune per chiedere, come si dice, “un contributo” e i giuliesi meno giovani ricordano che utilizzava la sua automobile per andare a Roma per compiti istituzionali. Fu in prima linea nell’affidare gli incarichi per il nuovo Piano Regolatore a tecnici autorevoli e di chiara fama, impegnandosi anche nella divulgazione e nel dibattito che seguì all’adozione. Si può dire che il suo socialismo avesse l’aspetto di una sorta di volontariato in difesa dei più deboli e dell’ambiente, un altro luogo fisso dei suoi interventi: difesa del verde pubblico e della campagna, risparmio energetico, rispetto delle norme tecniche di attuazione nelle costruzioni".
Rileggiamo insieme l'ultimo passaggio " Difesa del verde pubblico e della campagna, risparmio energetico, rispetto delle norme tecniche di attuazione nelle costruzioni."
Non un ambientalista nel senso di integralista dell'ambiente ma la gestione della proprietà pubblica per il bene pubblico.
La moltiplicazione della politica.
Che cosa avrebbe detto oggi il sindaco Trifoni al sindaco Mastromauro per la distruzione del parco Orsini?
Chi ha autorizzato la costruzione di un ristorante?
Il sindaco Trifoni avrebbe letto la lettera di donazione di Tiberio Orsini al Comune di Giulianova e non al P.C.I. con l'unica destinazione di parco pubblico per i bambini di Giulianova.
Il sindaco Trifoni avrebbe rispetto della parola data e donata.
Un rispetto tra uomini di onore e di eletti dal popolo.
Era il 5 Settembre del 1975, Orsini scriveva a Trifoni, Tiberio scriveva a Romolo.
Era un rimprovero amichevole perchè Orsini desiderava vedere più alberi " I pochi alberi che vi sono stati piantati non ne hanno fatto un vero parco ma era ugualmente per me fonte di soddisfazione aver dato ai bambini di Giulianova un pò di spazio dove giocare".
Orsini pretendeva che quel terreno non venisse usato dai partiti politici ( pci in primis) ma solo come uso sociale e ludico.
Oggi è diventato fonte di speculazione.
La Calligrafia era un'arte.
La scrittura del cuore.
Una volta c'erano gli uomini che rispettavano la stretta di mano.
Una volta gli uomini usavano la grafia per suggellare una promessa.
Lettere tra uomini d'onore e la donazione dei giusti.
Oggi?
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Una articolo su di un sindaco di Giualianova scritto da un teramano come nessun altro giuliese avrebbe potuto scrivere. Ecco, oggi è caduto un muro e io ho pianto. Ci manchi, sindaco. Anzi Sindaco. Mi ero dimenticato la maiuscola.