Egregio Dott. Sardi in qualità di soggetto legittimato e garante delle funzioni pubbliche dell’Ente Camerale, pongo alla Sua attenzione alcune riflessione affinché questo territorio non venga ulteriormente svenduto. Come Lei ben conosce, la Corte Costituzionale, con la recente sentenza 261/2017, ha bocciato oggi alcuni passaggi fondamentali della legge di riordino delle Camere di Commercio. Scusateci, abbiamo scherzato verrebbe da urlare; l’accorpamento delle Camere di Commercio di Teramo e L’Aquila non si deve fare alle condizioni volontarie e capestri portate avanti dall’attuale Giunta della camera di Commercio di Teramo. Giunta, da non dimenticare, retta da soggetto delegittimato per il numero di mandati svolti incompatibili con la norma in materia. A dirlo è stata la Corte Costituzionale con la sentenza 261. Dovrebbe scattare subito lo stop ai motori della procedura di fusione. Negli ultimi giorni vi erano stati incontri per la designazione dei componenti per cui questa associazione, nel rispetto delle norme, ha firmato la richiesta di rinvio delle nuove elezioni. I giudici hanno accolto in larga parte i ricorsi che erano stati presentati dalle Regioni Lombardia, Liguria, Toscana e Puglia.
La suprema Corte li ha riuniti ed esaminati insieme.
Il primo concetto stabilito dalla Consulta in queste ore è che per la riforma delle Camere di Commercio serve prima l’intesa in Conferenza Stato-Regioni. Perché è quello “il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione”. Per gli appassionati di Diritto, i giudici hanno dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’Art. 3, comma 4, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (Attuazione della delega di cui all’articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico dallo stesso previsto deve essere adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza”. In parole comuni: la Corte Costituzionale ha dichiara illegittimo l’Articolo 3 della norma (il Decreto Legislativo 219/2016) sul riordino delle Camere di Commercio. Perché lo ha fatto? Perché ha stabilito che il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico per l’accorpamento possa essere adottato “sentita” la Conferenza Stati-Regioni e non “previa intesa” con la Stato-Regioni
Nella sentenza 261 della Corte Costituzionale viene ribadito che le Camere di Commercio sono Enti ai quali competono compiti che devono essere uguali in tutta l’Italia. Perché rappresentano “i terminali di un sistema unico di dimensioni nazionali”. Non sono “un arcipelago di entità isolate”. Pertanto “esigono una disciplina omogenea in ambito nazionale”. Non solo. Viene rilevato che i compiti svolti dalle Camere di Commercio sono riconducibili sia a competenze esclusive dello Stato, sia a competenze che sono per alcuni punti dello Stato e per altri punti delle Regioni. Orbene, vista la sentenza della corte costituzionale, visto il decreto Calenda che di fatto attribuisce la sede principale a Teramo, questa associazione invita l’attuale Giunta, seppur delegittimata nel presidente, e il consiglio camerale a rivedere le posizioni assurde messe in campo a tutt’oggi, al fine di preservare un presidio importante per questo territorio rilevata la continua espoliazione in essere. Continueremo a sollecitare gli organi competenti affinché chiariscano la situazione ed a responsabilizzare gli imprenditori, e non i direttori di associazioni, presenti all’interno del Consiglio Camerale affinché prendano contezza, finalmente, delle loro responsabilità.
Il Presidente API Teramo
Ing. Alfonso Marcozzi
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L'unificazione delle CCIAA di TE e AQ è avvenuta al di fuori della legge di riordino, con il consenso di entrambi gli enti e soprattutto prima della pubblicazione della legge e del decreto Calenda. Invece di cercare di intortare il pubblico teramano, pensate a ideare o individuare nuove linee per le realtà locali