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L'Abruzzo rischia di perdere un milione di libri

di Anonimo
7 minuti

Per la salvezza delle Biblioteche storiche abruzzesi.

Lettera aperta al Presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso

Signor Presidente,

a tre anni e mezzo dalla Legge Delrio, a un anno dal passaggio alla Regione Abruzzo di competenze e personale, le Biblioteche già Provinciali continuano a vivere nella più completa incertezza e senza che si stiano approntando, da parte del nuovo Ente gestore, provvedimenti capaci di modificare, se non in peggio, questo stato di cose. Negli ultimi tre anni (senza voler andare ancora più indietro fino alle improvvide decretazioni del Governo Monti che avviarono per le Province un lungo periodo di tagli e penalizzazioni nell’ipotesi, poi risultata errata, di una loro abolizione) le Biblioteche abruzzesi sono state sottoposte a pesanti colpi di maglio che ne hanno menomato progressivamente le possibilità di rispondere agli inderogabili doveri di servizio a vantaggio della conservazione, dell’incremento e della valorizzazione dell’imponente patrimonio bibliografico e documentario posseduto. Tagli feroci alla loro dotazione finanziaria, pervicace e miope allontanamento del personale, specie qualificato, che ha portato al depauperamento spesso irreversibile di professionalità senza le quali non esiste Biblioteca. Prepensionamenti imposti, pensionamenti indotti, trasferimenti necessitati, tutto ha congiurato a che le Biblioteche abruzzesi si riducessero a simulacro della loro degna tradizione culturale e civile. Il risultato è che attualmente due delle quattro Biblioteche storiche (L’Aquila e Chieti) sono in sostanza malfunzionanti, una (Pescara) mostra grandissime difficoltà a mantenersi aperta, la quarta, la “Dèlfico”, pur tra tante difficoltà e grazie al sacrificio degli operatori rimasti, ha continuato tra crescenti preoccupazioni, a garantire apertura piena al pubblico e tutti i servizi bibliotecari.

Dinanzi a questo stato di cose la Regione Abruzzo, invece di procedere ad una legge di riforma del Sistema bibliotecario regionale (vale la pena di ricordare che fin dal gennaio 2015 fu insediato un Comitato tecnico con il compito di redigere una proposta di legge che tenesse conto della nuova realtà che si andava delineando), ha finito per partorire un provvedimento puramente amministrativo che non solo penalizza le poche professionalità rimaste, ma vandalizza un patrimonio bibliografico e documentario considerato alla stregua di ciarpame insignificante o – nella migliore delle ipotesi – orpello tanto inutile da poter essere trattato come un qualsiasi ufficio di periferia da gestire con  piglio burocratico.

Tutti i nodi sono venuti al pettine senza che vi sia stata da parte della Regione una qualche ipotesi progettuale che, incentrata sulle quattro Biblioteche storiche, ne difendesse e valorizzasse le restanti professionalità garantendo la continuità tecnico-gestionale gravemente compromessa di queste istituzioni, promuovendo e rilanciando la loro autonomia e la loro vocazione storica che costituisce il valore più alto e riconoscibile della identità abruzzese. Un tale percorso diviene tanto più necessario ora che con Delibera di Giunta 1 agosto 2017 è stato addirittura deciso (non sappiamo quanto consapevolmente) l’accorpamento delle ex Biblioteche Provinciali a ciò che resta delle Agenzie per la promozione del territorio. Queste ultime sono l’estenuata evoluzione dei vecchi Centri servizi culturali (ma l’accorpamento ha riguardato anche  improbabili Uffici turistici!) che, sparsi nella regione, da decenni hanno perso identità di ruolo e, soprattutto, non hanno specifiche competenze in campo biblioteconomico, né professionalità in grado di dirigere istituzioni così complesse e di grande prestigio guadagnato in secoli di ininterrotta attività a pro della cultura e divenute segnacolo della tradizione civile e culturale abruzzese.

È questo che la Regione Abruzzo riserva ad un patrimonio costituito da circa un milione e duecentomila documenti bibliografici, da migliaia di codici, manoscritti di grande prestigio che nelle stessa loro titolazione richiamano i nomi più alti della storia d’Abruzzo (Antinori, Dèlfico, Palma, De Meis, Janni, D’Annunzio, ecc.), da pergamene, incunaboli, cinquecentine, cartografie, da  un imponente corpus di periodici altrimenti introvabili, da fotografie, opere d’arte, suppellettili di gran pregio? È questa la sorte cui vengono destinate istituzioni più che centenarie, attraverso le quali l’Abruzzo ha costruito nel tempo la sua identità culturale e civile? Non lo vogliamo credere! Di qui la nostra protesta, disinteressata quanto accorata.

Mostrare insensibilità a questi temi e a questa tradizione storica non costituirebbe semplice disattenzione ma colpevole inerzia, che finirebbe per dissipare e cancellare un patrimonio materiale e morale non reintegrabile. Salvare e valorizzare la “Dèlfico”, la “Tommasi”, la “De Meis”, la “D’Annunzio”, che per noi sono il più dignitoso corrispettivo delle Civiche Biblioteche che storicamente hanno rappresentato l’identità più intima e specifica delle “cento città” d’Italia, è oggi un dovere civile che non può essere derubricato a pratica amministrativa da lasciare nelle mani di improvvidi burocrati. Ciò è ancor più vero per Lei, politico, che crediamo non vorrà certo essere ricordato come la guida di una Giunta che abbia scientemente scelto di lasciar morire la storia stessa del proprio territorio.

Walter Capezzali                                                                    Enzo Fimiani

Francesco Lullo                                                                      Luigi Ponziani

                                                                                  

Rispettivamente già Direttori delle Biblioteche Provinciali di L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo                                                                     

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Aaaah a chi? Recitava una vecchia canzone di Fausto Leali di qualche decennio fa. A chi questa implorante preghiera di salvaguardia della nostra cultura, di tutela di luoghi sacri che dovrebbero avere un rispetto quasi religioso. A chi viene indirizzata? Ad un politico che tutto fa tranne che tutelare il proprio territorio, le proprie origini, i propri valori. Vogliamo parlare dell'acqua del gran sasso? Dei fiumi? Del terremoto? Io, oltre ad ascoltare parole vacue, sebbene ridondanti di cultura, non ho visto nulla di concreto, niente che mi faccia dire: però che bravo Presidente che ci siamo scelti...