È l’era dell’abbondanza delle news. Nell’ambiente social chiunque può essere una fonte, ma non sa più quanto autorevole. Diventa così sempre più complicato distinguere il falso dal vero, il significativo dall’irrilevante. La Rete sta progressivamente confondendo e sostituendo la realtà dei fatti con una immaginaria e personalizzata. Ma gli utenti o forse sarebbe meglio chiamarli, come suggerisce Mentana, “webeti” rimangono disinformati e chiusi nel loro spicchio di verità.
La nuova parola che l’Oxford Dictionaries ha scelto per l’anno 2016 è post-truth. Tradotto, post-verità. Si tratta di un aggettivo “relativo a circostanze, specialmente nella formazione dell’opinione pubblica, in cui il richiamo all’emotività e convinzioni personali prevale sui fatti oggettivi”. Insomma una balla, una bufala. Il termine ha acquisito nuova rilevanza in seguito ai due eventi chiave dello scorso anno: la Brexit e le elezioni presidenziali americane.
Dietro le due campagne elettorali c’è un nuovo e sofisticatissimo soft power: Cambridge Analytica, una società londinese leader nel campo dei big data, protagonista di un’impresa senza precedenti: l’elaborazione di profili di personalità di tutti i cittadini in modo da orientare le loro scelte politiche. Cambridge Analytica afferma di raccogliere profili personali che contengono da tremila a cinquemila dati, con informazioni non solo anagrafiche e sui “mi piace”, ma anche sugli acquisti online. E dati psicometrici grazie a cinque criteri Ocean: apertura mentale, coscienziosità, estroversione, amicalità e stabilità emotiva. Con questo innovativo screening è possibile catalogare, selezionare ed infine raggiungere gli elettori ancora dubbiosi. Ciò fa sì che si possa indirizzare ad un utente profilato come “nevrotico” un messaggio politico basato sulla paura o ad un utente classificato come “estroverso” un messaggio giocato sul concetto di stare insieme agli altri. Ognuno troverà la sua opinione rafforzata dal tale partito. Quello che importa è far credere alla gente che le loro idee siano conformi alla vision politica del presidente di turno in cerca di voti. Vediamo come tutto ciò si traduce nella pratica.
Nel referendum sulla Brexit, gli attivisti del Remain hanno mostrato agli utenti Facebook inglesi, che hanno messo il “mi piace” a qualche squadra della Premier League, il messaggio: “Con la Brexit sarà più difficile per la tua squadra acquistare calciatori stranieri”. O la gigantesca bufala messa in giro dall’euroscettico Nigel Farage, secondo cui l’appartenenza all’Ue costava al Regno Unito 350 milioni di sterline alla settimana che si sarebbero potute spendere per il servizio sanitario nazionale.
Per la sorprendente vittoria di Trump è stata utilizzata una diversa strategia. Come ha scritto Fabio Martini nel libro “La fabbrica delle verità”, l’uomo arancione ha concentrato i suoi sforzi soltanto su diciassette Stati. “Ecco spiegate le impressionanti incoerenze di Trump, la sua criticata volubilità, che in realtà corrispondevano a messaggi diversi per tanti profili di elettori. Ed ecco spiegato perché l’aver ottenuto quasi tre milioni di voti in meno rispetto a Hilary Clinton, alla fine non ha rappresentato un handicap: gli elettori di Trump erano di meno ma quelli giusti per vincere negli Stati in bilico.”.
In un futuro non molto lontano si arriverà ad un mezzo molto più potente di persuasione politica: presto si potranno manipolare sia l’immagine che il suono. Questo significa che si arriverà a produrre fake video, aumentando il volume di disinformazione. Grazie allo sviluppo della tecnica web e delle neuroscienze sono in corso progetti per consentire la clonazione della voce di chiunque, addirittura a partire da un solo minuto di parlato esistente. O ancora, basta un immagine bidimensionale anche di bassa qualità per creare modelli 3D ultrarealistici di un volto.
La soluzione al problema caldeggiata da molti legislatori è una sola: regolamentare Facebook, sia pure secondo modalità da definire ed entro certi limiti. A me però interessa sottolineare della faccenda due piccole e forse inutili osservazioni. In primo luogo Internet ha creato una leadership barometrica, interessata a sondare e seguire i tempi piuttosto che prevederli con scelte politiche lungimiranti, sia pure a costo di essere impopolari. Si preferisce invece plasmare le proprie proposte a seconda delle singole volontà di ogni utente, recitando la parte di un venditore. In secondo luogo i social network hanno cambiato la nostra vita privata e stanno cambiando anche quella pubblica. Questi entusiasmano l’opinione pubblica senza dire nulla. Creano un emozione collettiva che “impecorisce”solo. E in definitiva ci tolgono la libertà, senza la quale diventiamo estremamente vulnerabili ad ogni tipo di influenza. Come marionette. Come volontà sottomesse al volere di un Grande Fratello, occulto, ma onnipresente.
Paolo Garrubba
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Commenti
Nell'intervento si riscontra interessante analisi su diversi aspetti della politica e dei suoi condizionamenti. Nell'insieme la lettura dell'articolo è molto coinvolgente non solo per un'informazione vasta su diversi aspetti della vita sociale e politica, bensì perchè può stimolare un profondo dibattito nella sinistra di classe. Bravo, continua così
Tutto vero, ottime riflessioni e approfondimenti; manca un riferimento alle bufale giudiziarie, ai teoremi indimostrati e agli errori di giustizia.
Il corso della storia di persone, istituzioni e persino Stati ne può essere condizionato.