Periferica lo è sempre stata Piazza Dante, nonostante si trovi al centro della città di Teramo almeno dalla costruzione del palazzo, bellissimo, che ospita il Liceo Classico e il Convitto Nazionale. Una volta lo era meno, quando l’area non era ancora edificata, come mostrano le vecchie fotografie, soprattutto aeree. Dagli anni ’30 non ci sarebbe stato alcun motivo perché una piazza bellissima e suggestiva, con un perimetro largo e maestoso, si sentisse emarginata.
Eppure, essendo Teramo da sempre una città rimasta a lungo un borgo, che avvertiva il carattere di centro storico solo per il non lungo tratto del corso di sopra, per la piazza del Duomo e per metà del corso di mezzo, tutto ciò che non rientrava in questo ambito veniva avvertito come periferico. In parte questo accade ancora oggi.
Per anni e anni Piazza Dante solo la mattina è stata o si è sentita “centrale”, con l’afflusso degli studenti in attesa di entrare al Liceo, alle scuole del Convitto o a quelle della Scuola “Regina Margherita”.
Un intenso vociare costituiva l’incantevole colonna sonora all’entrata e all’uscita delle scolaresche e durante la loro permanenza in classe la piazza restava quasi sospesa, nell’attesa di una rivitalizzazione salvifica. Nei lunghi pomeriggi assolati o in quelli nei quali le ombre della sera arrivavano presto, e nelle ore notturne, altrettanto lunghe e poco illuminate, la piazza se ne restava sonnacchiosa o si metteva a dormire, senza che i pochi passanti, che dovevano trovare un buon motivo per andarci, corressero il rischio di guastarle il pigro riposo.
C’era sempre qualcosa che veniva a ricordarti che la piazza, benché tanto centrale, si sentiva emarginata e periferica.
A volte si trattava di qualcosa di strano, come quando un sindaco, per non concedere la piazza centrale a Giorgio Almirante, lo destinò alla più decentrata Piazza Dante, sperando che il pubblico non fosse così tanto numeroso come quello al quale il più noto oratore del M.S.I. era abituato in Piazza Martiri della Libertà. A smentire il sindaco, il pubblico fu ancora più numeroso e Piazza Dante fece registrare uno dei più grossi pienoni che si fosse mai visto.
Di tanto in tanto si ricordava come qualche decennio prima qualcuno aveva progettato un parcheggio sotterraneo in Piazza Dante.
Non si conoscevano i particolari del progetto, dei fratelli Ferrante, ma si sapeva che ad un certo punto era naufragato perché ritenuto troppo oneroso e troppo poco remunerativo. Poi il progetto è risorto ed è stato anche realizzato.
Piazza Dante è stata sventrata e snaturata, ridotta ad un parcheggio sotterraneo pochissimo frequentato e ad un parcheggio a raso frequentatissimo, dove si devono riempire di monete le macchinette mangiasoldi, presidiate da extracomunitari che ti assillano con le loro richieste di spiccioli e da necrofori in tuta arancione che ti mettono l’avviso di un pagamento supplementare appena e subito dopo che il tempo del parcheggio che hai programmato e pagato è scaduto.
La colonna sonora che ti accompagna non è più il vociare degli studenti all’entrata e all’uscita delle scuole, ma il frastuono metallico delle auto sulle grate metalliche che servono ad aerare il parcheggio sotterraneo.
Gli effetti della scarsa manutenzione già si avvertono, così come si avvertono sulla facciata del Liceo Classico, che non è stata mai rinfrescata da quando è stata costruita. L’Istituto Regina Margherita è chiuso, solo pochissimi negozi aperti danno la sensazione di un’attività commerciale ed economica e la Piazza sembra non avere più alcuna funzione oltre che nessun fascino.
Se Teramo è una città che sta morendo o sta naufragando, questa Piazza appare essere il primo simbolo di questo naufragio sia a chi è teramano, e avverte la percezione di ciò che ha perduto, sia al forestiero, che vi arriva dalla rampa della salita dei Cappuccini, un’altra zona della città stravolta dopo essere stata, con il distrutto Parco della Rimembranza, piena di fascino e di suggestione.
Un parcheggio a cielo aperto, una distesa di auto e di grate, due strade di accesso e di deflusso ridotte della metà e scarnificate per entrare ed uscire dal sottosuolo, capanne metalliche per gli ascensori che portano nelle viscere della terra: è quanto offre una piazza che non è più una Piazza, uno scenario squallido al quale nemmeno il palazzo del Liceo Classico riesce a dare una valenza estetica ed etica. Anche le scuole non sono più quelle che erano, in una perdita di identità tra mescolamenti di licei diversi: classici, europei e coreutici, un Convitto che non è più tale nonostante la persistenza di una guardiola che una volta era perfino notturna in attesa del ritorno dei convittori e a loro protezione.
Periferica lo è sempre stata Piazza Dante, nonostante si trovi al centro della città di Teramo. Anche oggi si trova al centro della città, ma ancora oggi è in periferia. Anzi, in periferia lo è sempre di più. E’ sempre di più periferica.
Dove va chi ci parcheggia? La maggior parte degli automobilisti, quando scendono dall’auto, imboccano Via Carducci.
Ma anche Via Carducci non è più la stessa.
Le strade e le vie che portano i nomi dei nostri maggiori letterati non hanno più alcun legame con la cultura. Nei sotterranei del palazzo del Liceo, dove una volta c’era la Biblioteca, ci sono adesso giornalieri congressi di topi e di ratti di ogni dimensione.
Sono tutti molto dotti, assai più di molti teramani che in Biblioteca non ci sono mai stati e non hanno mai aperto e sfogliato un libro, come invece hanno fatto loro, i topi, per decenni.
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