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Il corrosivo: Fenomenologia dell’imbecille

di Elso Simone Serpentini
5 minuti

L’imbecillità è una categoria dello spirito, così l’essere imbecilli si configura come una condizione di vita, come uno stato di essere.
L’imbecille non pensa, ma agisce, ed è meglio così, tutto sommato, perché, se pensasse, sarebbe peggio. Ne abbiamo la prova conclamata quando qualche imbecille prova a pensare e poi, purtroppo, siamo costretti a constatare le pericolose conseguenze delle azioni che ne conseguono.
L’imbecille non ha studiato e se ha studiato è come se non avesse studiato, può essere anche diplomato e laureato, ma se è imbecille vuol dire che la sua imbecillità è passata indenne attraverso gli studi. L’imbecille vive e si comporta da imbecille, le sue ambizioni sono tante, ma mai commisurate alle sue reali capacità, perché egli ha una percezione distorta della sua furbizia, che scambia per intelligenza, e cerca di metterla a frutto in ogni campo, nel lavoro se lavora, nella professione se è professionista, nel mestiere se ha un mestiere, nel tirare a campare alla giornata se è disoccupato. Cerca sempre l’aiuto dei potenti o di quanti ritiene tali, non ha principi morali, si crede superiore ad ogni regola e pensa di poter far tutto senza tener conto di nessuna disciplina. Guida la sua auto, sempre di gran marca o di gran moda, ultimo modello, come se sulla strada ci fosse solo lui, non frena davanti alle strisce pedonali, strombazza quando vuole, non mette le frecce di direzione quando svolta, parcheggia in terza, quarta fila, anche sulle corsie delle rotonde, perfino con lo sportello aperto, si ferma dove vuole per parlare con il guidatore di un’altra auto che gli si affianca se gli deve dire qualcosa, si offende e si irrita se qualcuno lo rimprovera o solo lo richiama per qualche cosa di sbagliato nel suo comportamento. Fa il prepotente, occupa a teatro o al cinema tre o quattro posti con il cappotto, con la giacca o magari anche soltanto con la sua prosopopea, parla solo di calcio e di donne, si stravacca sulle seggiole dei caffè o dei ristoranti tracannando birra e divorando di tutto. Va a tutte le sagre, si ammucchia e si contorce nella folla, sbraita a voce alta, cerca risse verbali o fisiche, d’estate ha la camicia aperta sul petto villoso, mostra gli enormi e numerosi tatuaggi che ha in tutte le parti del corpo o quasi. È sempre sudato, sotto le ascelle e in ogni altra parte, disdegna luoghi di culto o di cultura, che aborre, prende in giro chi li frequenta, sostiene che chi ha molto letto capisce poco e che chi non ha letto niente, come lui, capisce tutto. D’inverno porta abiti pesanti, griffes pregiate, esibisce portamenti da abitante delle lande nordiche, con ampie e vistose pellicce come bavero, d’estate frequenta i locali alla moda della spiaggia, dove arriva a bordo della sua auto con la radio a volume che più alto non si può, disquisisce di cene di pesce e vanta conoscenze culinarie da avvinazzato trombettiere da caserma.

In montagna porta tutta la sua attrezzatura da pic-nic, per prepararsi le rostelle e spargendo brace tutt’intorno, è capace di incendiare ettari e ettari di macchia boschiva, o dà l’assalto, se non ha le attrezzature, ai paninari, ai furgoncini del fast-wood, alle birrerie, consumando ettolitri ed ettolitri di bionde e brune bevande schiumose.

L’imbecille è sempre in tiro, rumoroso in ogni ambiente, delicato come un elefante in una cristalleria, parla ad alta voce. Se fa parte di una comitiva, la considera un branco nel quale comportarsi da capo, è sempre un boy-scout fuori norma e fuori misura; se è riuscito a conquistare posti in politica, li considera sempre di prima fila, anche quando sono di ultima; le sue entrate e le sue uscite sono sempre attinenti più all’avanspettacolo che al cabaret, le sue battute sono pesanti e al tempo stesso leggere come l’aria, perché tutto nell’imbecille è leggero, per il vuoto che ha in testa, ma al tempo stesso greve, per la pesantezza che  insita nel suo ventre, che non può mai restare vuoto. Il suo motto è “testa vuota e pancia piena”, perché ha orrore del contrario, cioè “testa piena e pancia vuota”.

L’imbecille è pericoloso, perché è capace di tutto, essendo del tutto inconsapevole della sua imbecillità. Giordano Bruno ai giudici che poi lo condannarono a morte, quando gli chiesero di che colpa si riconoscesse colpevole, rispose: “Quella di aver inciampato in un imbecille”. L’imbecille era un tale, Giovanni Mocenigo, che incontratolo alla Fiera del Libro di Francoforte, lo aveva invitato a casa sua, a Venezia, ma qui lo aveva denunciato e fatto imprigionare.

Perché? Perché era un imbecille.

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Commenti

La sottile differenza tra l'imbecille e il teramano medio...

e il nostro sistema democratico prevede il diritto di voto attivo e passivo per l'imbecille non avendo capacità di discrimine

Chiedo scusa,
non Giancarlo ,ma il professor Elso Simone Serpentini ha dimenticato di scrivere che la mamma dell'imbecille è sempre incinta,Professore Voglia perdonare questa mia SVISTA e complimenti a Lei per aver descritto così' in modo impeccabile L'Imbecille.
A Giancarlo invece ,per averla pubblicata vanno anche i complimenti.
Carlo

l'imbecille, se avesse un po' più di cervello capirebbe quanto gliene manca.

Quando si ha a che fare con una persona che si crede superiore agli altri e né é fermamente convinta,ridici sopra,e assecondalo,perché non é bello rovinare i sogni di un cretino. Seneca