Nella giornata di oggi, con una lettera a firma dei rispettivi segretari provinciali Marco Boccanera e Mirco D’Ignazio, FIM-CISL e FIOM-CGIL di Teramo hanno chiesto all’Ispettorato del Lavoro l’attivazione di accertamenti per verificare il rispetto del contratto nazionale.
La richiesta è stata fatta per tre aziende metalmeccaniche teramane che continuano a non dar seguito a tutte le disposizioni del contratto. In particolare, ai lavoratori che sono impiegati da più di tre anni, non viene riconosciuto l’aumento di livello, previsto in automatico.
Le aziende per cui è stata effettuata la segnalazione registrano annualmente fatturati milionari e occupano più di cento dipendenti ciascuna: non si tratta, quindi, di piccole realtà strozzate dalla crisi di mercato o da problemi finanziari, ma di quelle che dovrebbero trainare l’economia provinciale.
Ed anche gli aumenti che non vengono riconosciuti ai singoli lavoratori sono irrisori rispetto al giro di affari che ogni azienda ha: si parla, per qualche decina di lavoratori, di 159 € mensili lorde (i lavoratori con il 2° livello percepiscono 1.458 € lorde, mentre avrebbero diritto a 1.617 € lorde se gli venisse riconosciuto il 3° livello), a fronte di fatturati che ogni mese che arrivano spesso a superare il milione di euro. Si parla, tra l’altro, di aziende sindacalizzate nelle quali c’è comunque la possibilità di denuncia da parte delle organizzazioni sindacali; cosa accade, invece, nelle aziende non sindacalizzate non è dato sapersi e, temiamo, vi siano spesso abusi e mancato rispetto di contratti e norme ben più gravi.
Ma se si consente alle aziende, in particolare di notevoli dimensioni, di non rispettare i contratti nazionali, si rischia un di innescare un meccanismo che, alla lunga, impoverisce l’intera economia provinciale: da un lato, infatti, la concorrenza sleale basata sul ribasso di costo del lavoro e diritti mette in difficoltà le aziende virtuose, dall’altro impoverisce il reddito dei lavoratori con inevitabili conseguenze sull’economia reale.
È ora che le classe imprenditoriale locale capisca che la sfida con l’economia globale si vince se si fanno investimenti in ricerca, innovazione tecnologica, formazione e crescita professionale del personale. Temi di cui si sta discutendo nelle assemblee previste in questo periodo sulla piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale e che rappresentano i campi in cui si giocheranno le partite industriali del futuro. Se, invece, si continua a pensare che la competizione si fa abbassando gli stipendi per garantirsi utili più alti, si commettono gli stessi errori di chi, in passato, ha gestito settori che erano il fiore all’occhiello dell’economia del territorio e che, all’improvviso, si sono accorti di non essere più né competitivi né attrattivi, lasciando un deserto al posto di fiorenti industrie.
È per questo importante che le aziende rispettino i contratti pagando il giusto i lavoratori e che inizino percorsi di condivisione delle innovazioni e degli investimenti, coinvolgendo i lavoratori e le rappresentanze sindacali, al fine di garantire il mantenimento del settore industriale in provincia anche per il futuro: è da lì, infatti, che passa la gran parte del reddito prodotto. Perdere le industrie significherebbe condannare alla povertà un’intera economia e costringere i giovani che sia affacciano al mondo del lavoro a cercare altrove opportunità.
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