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Il Corrosivo: Ei Fu

di Elso Simone Serpentini
3 minuti

Mi ero preso un altro periodo di afasia, non per particolari ragioni, ma generiche, e di diversa natura e ancora non avevo deciso di porre termine al mio silenzio. Ma l’occasione richiede un attestato anche da parte mia. Prima di decidere di vergare queste quattro righe ho voluto attendere autorevoli conferme, per non correre il rischio che le dimissioni di Brucchi fossero una fake news. Ora che sono certo, per aver visto e letto, dico la mia. La mia non conta tanto, e, se conta, conta solo per me. Ripenso alla sera dell’ultima vittoria di Brucchi, con la bottiglia di spumante (non credo fosse champagne) appena stappata in mano, ripenso a Brucchi che sventola la bandiera sulle decappottata per festeggiare l’apertura di un tratto viario che suonava più vergognosa che trionfale. Ripenso a Brucchi e mi dico: Ei fu.

Lo so, lo so. So che il parallelo è improponibile, se non per la sola immobilità del sindaco di Teramo, intervenuta nel caso dell’imperatore visto da Manzoni, preesistente da tempo nel caso del nostro primo cittadino. So tutto, e trovo che non ci sia poi tanto da dire, perché immobile era da tempo anche la città ridotta allo stremo sia da Brucchi sia da chi lo aveva preceduto. Così nessuna lapide e nessuna frase scultorea da affiggere o da scolpire nella pietra. In fondo è caduto un piccolo uomo che credeva di essere diventato grande. Uscendo dal suo ufficio per far entrare il commissario, ha lasciato la porta aperta e invece avrebbe fatto bene a chiuderla e anche a spegnere la luce. Brucchi in quell’ufficio è entrato da preside ed esce da bidello, senza aver avuto il tempo, ma lo avrebbe avuto se avesse voluto, di usare la ramazza per sgomberare le macerie da lui stesso prodotte.

Scrivo queste righe come se fosse una corrispondenza dall’estero, perché mi trovo in un’altra città dove è già da tempo Natale, mentre mi dicono che a Teramo manca ancora molto per arrivare e forse non arriverà prima che sia pronta la pensilina della metropolitana senza rotaie, né sotterranee né di superficie, della Gare San Matteo.

Ei fu, e non sarà rimpianto. Se sarà ricordato, sarà perché sarà stato l’ultimo arconte prima della morte definitiva della città, a cui egli stesso avrà dato un contributo determinante, l’ultima prima della rovina finale e, se ci sarà, prima della risorgenza.

Ora i teramani, dopo aver messo in archivio un fascicolo fin troppo polveroso, dovranno pensare a come poter risorgere, a come rifondare la propria città. Avranno molto da lavorare e, soprattutto, evitare i tanti, troppi, errori del passato. Ma chi riconoscerà che aver votato fu un errore? Chi riconoscerà gli sbagli? E, soprattutto, chi anche tra gli avversari di Brucchi, riconoscerà i propri di errori?

Una voragine attenda, profonda quanto il più profondo degli abissi, i teramani che si faranno artefici di altri crimini e di altri scempi.

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Commenti

Tanto vero quanto elegante come sempre.
Le sue parole sono importanti professore.
In questa città, di cui lei conosce la storia per ogni singola pietra che la compone, il silenzio dei vili è già cosi assordante!
Va bene un po' di riposo ogni tanto, ma non ci abbandoni la prego!

???????????????????????????
ci sarebbe da ridere se non fosse che hanno messo Teramo nella merda fino al collo, i signori Brucchi, Chiodi, Gatti, Tancredi e compagnia cantando.

Chicche e sia (totò) avrebbe vinto contro Brucchi.ni basse.
Come mai risultò vincitore? Meditate teramani, meditate.
Chi si accolla questo disastro? Non lo sapeteeeee? Epppure parla quasi tutti i giorni a vanvera.