Sono oltre 50mila gli adolescenti reclusi nelle loro stanze in Italia.
Soffrono di Hikikomori. Il termine fu coniato dallo psichiatra Tamaki Sait,
quando cominciò a rendersi conto della similarità di un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano letargia, incomunicabilità e isolamento totale. Oltre all’isolamento sociale gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi, in particolare automisofobia (paura di essere sporchi). Lo stile di vita degli hikikomori è spesso caratterizzato da un ritmo circadiano sonno-veglia invertito, con le ore notturne solitamente dedicate a componenti tipiche della cultura popolare giapponese, come la passione per il mondo manga e, soprattutto, la sostituzione dei rapporti sociali diretti con quelli mediati via Internet. Dal teramano ci ha scritto una mamma che, oltre a denunciare il tentativo di suicidio del figlio, ci ha raccontato che il cambiamento del suo Mario è avvenuto nel periodo post covid. Una morte sociale con la paura del giudizio e la totale chiusura nella propria stanza, in fuga dall’interazione con il mondo. Molti psicofarmaci non hanno fatto altro che accentua-
re in lui, l’idea di essere malato e l’isolarsi è diventato di un silenzioso mortificante. La soluzione? La cura? Nuove politiche dedicate all’infanzia, in modo da poter intercettare i primi disagi sentinella e i consulti dei sempre più rari neuropsichiatri infantili.
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