Quando si torna a casa, la sera, dopo una giornata da precario o peggio ancora da disoccupato, non si ha voglia di imprecare. Si cercano disperatamente “panem et circenses”, ci si vuole anestetizzare seguendo 22 scemi che rincorrono una palla o, meglio ancora, qualche bella figliola sgambettante nel varietà di turno, oppure il calore della cucina, il sorriso di un bimbo, le tenerezze di una compagna. Purtroppo pur volendo annichilire i problemi quotidiani l'ennesimo suicidio fa capolino tra le reclame. Allora? Bisogna essere incazzati in servizio permanente? OK!
Allo studente indignato che mi ha domandato per quale motivo la sua vita, il suo futuro, i suoi sogni e aspirazioni devono essere decise da un vecchio di 70 anni, ho cercato di rispondere in modo civile. Non mi sono voluto far prendere dalla rabbia, o peggio ancora dallo sconforto. Da diligente educatore, gli ho propinato la lezioncina: che la nostra cultura occidentale, cristiano-cattolica, financhè costituzionale ci ha insegnato che il buon governante deve avere le fattezze del buon padre di famiglia e da un settantenne ci si aspettano serietà, raziocinio, saggezza e soprattutto tanta, ma tanta esperienza. Gli ho rifilato anche il raccontino della sindrome di Peter Pan; come dire, l'importante è essere giovani dentro per capire i giovani fuori. Poi, però, mentre lo riempivo di supercazzole, il ragazzotto ha tirato fuori i numeri: la disoccupazione è oltre il 9%, nel primo trimestre dell'anno si sono persi 600.000 posti di lavoro, oltre il 28,9% dei giovani non ha un'occupazione e tra questi il 35,9% è compreso nella fascia di età tra i 15 e 24 anni.
Bene! Difficile sostenere i numeri e difficile, a quel punto, sostenere anche lo sguardo del giovanotto. Quindi ho smesso i panni del “profesorino dalla penna rossa” e mi sono messo a parlare del loden. Si Si!
Del loden, quel bel tessuto nato nell'XI secolo quando, per proteggersi dal freddo degli inverni tirolesi, i pastori delle valli alpine usarono per la prima volta un caldo mantello ricavato da lana di pecora tagliata. Questo tessuto prese il nome di loden dalla parola “lodo” che significa “balla di lana”, e dal 1800 in poi smise di essere un abito contadino per divenire di uso comune tra la nobiltà austro-ungarica. Dalla “cripta dei cappuccini” ai giorni nostri, il passo è stato mantenuto. Dalla nobiltà asburgica si è piombati all'alta borghesia politica e tcnocrate. Il tratto distintivo di un paese di vecchi, per vecchi, sostentato economicamente da vecchi (papà occupati o pensionati costretti a mantenere frotte di bamboccioni) e governato manco a dirlo da vecchi. Amano il loden! Il presidente Monti ad esempio, 70 anni, o il nostro amato Presidente Napolitano, 87 anni, e che dire del premier Berlusconi 74 anni, o del Prof. Prodi 73 anni, del ministro Giarda 76 anni, o del ministro Guidi 74 anni,etc etc. Il loro tratto distintivo: il loden.
Lo studente ha riso, e se penso che una risata seppellirà il mondo...
Il futuro dei giovani, di noi giovani, di chi dovrebbe essere l'elemento produttivo e forte del Paese è in mano ai nonni, al riparo di un loden, è avvolto da un sudario di confortevole lana. Io non riesco a ridere. Gradisco essere indignato, per il momento, poi si vedrà! Il resto è improvvisazione, un valzer di numeri, cifre, una sinfonia di balzelli, e la storiella del: "Siamo una nazione forte non bisogna disperarsi". Io non ho mai creduto al salvatore della patria, all'uomo forte, tanto più al dottorino, al barone universitario, all'azzeccagarbugli di turno. Non mi sento di essere felice di un governo tecnico, che mente geneticamente già in origine definendosi tale, giacchè i governi sono sempre e solo politici. Non mi sento partecipe di un qualcosa che non ho potuto liberamente scegliere e che non posso altrettanto liberamente e democraticamente mandare a casa. Chissà perchè, ma ho paura del loden! Viceversa mi piacciono i comici, adoro il grottesco, la satira, chi sa far ridere riesce a toccarti le corde dell'anima, sa anche far piangere. Ascolto Grillo e mi emoziono. Non lo ritengo l'epifania dei nostri problemi, il messia dell'antipolitica. Lo sento vicino, potrei condividere quello che dice o, viceversa, egli parla anche alla mia pancia. Non sono così stolto da considerarlo un qualunquista, lo ascolto, e attendo che l'indignazione lasci il campo all'azione e alle proposte.
Vi ricordate Giannini, il leader del “movimento dell'uomo qualunque”? Ecco cosa scriveva nella seconda metà degli anni '40: “vogliamo vivere in pace e liberamente, nella maggiore e migliore prosperità, amministrati da un governo che ci dia i pubblici servizi necessari, ci faccia ritrovare la voglia di lavorare garantendoci la sicurezza della vita e dei beni, e non ci rompa i corbelli obbligandoci a pensare secondo questa o quella dottrina politica....”. Qualunquismo? O il ragionamento del buon padre di famiglia? Mbe! Oggi mi sento qualunquista anche io, domani, chissà, forse saremo in tanti nelle piazze. Io e il mio studente...noi non indossiamo il loden. Questioni di gusti!
Alessio D'Egidio
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