Cosa sta succedendo? L’impressione che l’Occidente si sia affidato agli insorti della Cirenaica è sempre più forte e il risultato del loro fallimento è stato lo strappo francese che ha accelerato l’intervento, mandando in crisi il già precario equilibrio diplomatico tra i Paesi occidentali, Lega Araba e Russia. I cosiddetti “ribelli” non sono stati capaci di togliere di mezzo Gheddafi ed allora arriva l’aiutino della “ingerenza umanitaria” (intermittente paravento di ipocrisìe terminologiche). Ma davvero siamo in presenza di una spontanea insorgenza di civili che chiedono libertà e democrazia? Davvero i libici che combattono sono quelli rappresentati da Gad Lerner? Mi sembra un tantino improbabile anche raccogliendo spunti di riflessione, come quello su http://kelebeklerblog.com/2011/03/20/il-trucco-libico/
“Il legittimo governo libico è stato oggetto di una vasta ribellione armata. Su questa ribellione, si è detto di tutto – “è al-Qaida”, “no, sono i giovani cinguettatori di Twitter”, “no, sono i fedeli della vecchia monarchia”.
Non solo io ignoro chi siano i ribelli; lo ignorano anche tutti gli editorialisti che pure li esaltano. Due ipotesi sembrano comunque abbastanza ragionevoli: che i ribelli appartengano ad alcuni clan tradizionali esclusi dalle rendite petrolifere; e che esprimano il fortissimo risentimento di gran parte della popolazione contro l’immigrazione dall’Africa Nera, tanto che la rivolta è stata accompagnata da alcuni sanguinosi massacri di migranti.
La ribellione ha però incontrato, a quanto pare, l’ostilità della maggioranza del paese e certamente delle sue forze armate, e nel giro di alcuni giorni ha subito alcune decisive sconfitte.
In Libia, lo scontro non è infatti – come invece in Tunisia, Yemen, Bahrein o Egitto – tra le forze armate da una parte, e masse di manifestanti pacifici dall’altra. In Libia, i ribelli hanno armi, carri armati e persino un caccia (che hanno esibito tra l’altro subito dopo l’imposizione della No Fly Zone).
Ma non appartenendo a un esercito regolare, potrebbero essere definiti in effetti dei “civili“. Anche quando vengono addestrati da truppe straniere. Nei lanci di agenzia ripresi da Repubblica, ad esempio, leggiamo stamattina: “11:49 Stampa Gb: Forze speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane. Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano Sunday Mirror. Due unità di forze speciali soprannominate “Smash” per la loro capacità distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri..."La risoluzione dell’ONU evita di citare o definire l’avversario armato dell’esercito libico, e non dice nulla su come l’esercito libico debba comportarsi nei riguardi di combattenti nemici.
L’omissione è talmente evidente, che possiamo immaginare che i suoi autori abbiano voluto una fatale ambiguità.
Se “civile” vuol dire chi non porta armi, allora si potrebbe chiedere all’esercito – e anche alla parte avversa – di lasciare in pace i civili.
Ma se “civile” vuol dire combattente, nemico dell’esercito governativo… se l’esercito libico cessa di combattere con le armi questo particolare tipo di “civili”, sarà costretto a subirne passivamente gli attacchi armati; cioè è destinato alla sconfitta militare. Cosa che nessun esercito potrebbe accettare.”
Vediamo di interpretare questo protagonismo anglo-francese, che non a caso trova l’appoggio degli ex-pacifisti “senza se e senza ma”, pronti a fare da collaborazionisti a questa forma di neo-giacobinismo imperialista.
David Cameron è alla prima esperienza militare e pertanto ha bisogno di accreditarsi verso gli USA come già fece ampiamente Tony Blair, in più, Londra non ha gradito come riportato nello scorso agosto dal The Times, la preferenza accordata dal governo libico alle banche italiane riguardo a licenze agognate da HSBC e Standard Chartered. Sia Inghilterra che Francia, hanno mani più libere con la Libia sia perché dipendono meno dal suo petrolio anche grazie al nucleare, sia perché hanno altri partners. La Francia ha paura che la rivolta magrebina possa esplodere anche in Algeria, dopo che in Tunisìa è stato cacciato l’amico Ben Alì, e pertanto non può permettersi di uscire dai giochi. Durante le prime settimane di proteste in Tunisia, alcuni funzionari del governo francese hanno sostenuto pubblicamente la dittatura, insieme al ministro degli Esteri francese che ha detto che la Francia avrebbe prestato la sua "know how" di polizia per aiutare Ben Ali nel mantenere l'ordine. L’Unione del Mediterraneo avrebbe avuto anche questo scopo: rispolverare la grandeur dell’Eliseo. Monsieur Sarkozy, sempre più oscurato dal calo di consensi in Francia e approfittando del tentennamento della Germania ha sfruttato la necessità di ritrovare un protagonismo in Europa col riconoscimento del governo provvisorio degli insorti a Bengasi prima, e con l’attacco a Gheddafi poi, mettendo Parigi nella prima linea di una coalizione composita e priva di un comando unitario.
Questo è uno dei motivi che spiegano l’auspicio del Ministro degli Esteri Franco Frattini di una repentina svolta nelle operazioni militari in capo alla NATO, onde sperare di limitare i danni per il nostro Paese, costretto a partecipare ad una guerra contro uno dei suoi principali partners (siamo il primo partner commerciale libico col 36% di export da cui importiamo le quote maggiori di petrolio e gas). Un comando NATO, non voluto affatto dalla Francia, metterebbe in stand-by a missione conclusa il Trattato di Amicizia che l’Italia ha stipulato con la Libia (perché all’interno del comando stesso il nostro Paese può far pesare meglio il suo ruolo), col risultato di avere una bozza di accordo su cui ripartire per non perdere le posizioni conquistate dal nostro Paese in Libia.
Subire invece il protagonismo di Sarkozy e Cameron significherebbe accettare un forte ridimensionamento delle nostre posizioni in un Paese che ha investito soldi del suo Fondo Sovrano in Unicredit (7%), nell’ENI (1%) che opera in Libia con Finmeccanica (che ha commesse per un miliardo di euro), e Anas come capofila di tante aziende italiane che dovranno (o dovrebbero?) partecipare alla costruzione dell’autostrada costiera di quasi 2.000 kilometri, oltre a tantissime aziende minori. Di pelose ingerenze umanitarie, l’Occidente americanomorfo ha già dato abbondanti e pessime prove di sé in Kosovo e Somalia, di questa proprio non avevamo bisogno. Dopo le missioni di peace-keeping e peace-enforcing a seguito dei bombardamenti in Iraq e in Afganistan, siamo da anni impantanati in realtà tribali che se ne fottono della democrazia come la intendiamo noi. La Libia senza un Rais difficilmente può esistere, essendo difficile mettere insieme le 140 tribù dal Sud, della Tripolitania e della Cirenaica. Forse agli anglo-francesi andrebbe benissimo anche e semplicemente una Cirenaica indipendente. La risoluzione ONU 1973 sulla no-fly-zone ha messo faticosamente d’accordo una serie di Paesi che già si stanno smarcando a seguito dei bombardamenti su obbiettivi terrestri e se Russia, Cina, Turchìa e Lega Araba inizieranno a nicchiare per il perdurare dell’attacco, tutto ciò non potrà che rafforzare il regime del Colonnello, dato troppo presto per finito.
A complicare non poco la vicenda è il doppiogiochismo di Gheddafi (e di Nethanyahu?) che avrebbe richiesto ed ottenuto dalla ditta di "military contractors" israeliani Global CST l'invio di migliaia di mercenari...del resto lo stesso Colonnello fece probabilmente eliminare nel 1978 in Libia l'imam Moussa Sadr, sciita libanese anti-israeliano e nel 2003 fece fallire il tentativo della Lega Araba di evitare la guerra in Iraq opponendosi all'esilio di Saddam Hussein, Agente provocatore che ha i piedi in troppe staffe.
Come ha notato Marcello De Angelis, riflettendo anche sulla mancanza di un obbiettivo chiaro di questa operazione bellica:"...stiamo assistendo ad una replica dell’attacco alla Serbia in difesa del tentativo secessionista del Kosovo. A qualcuno non sarà sfuggito quanto identica sia la posizione assunta dall’Italia – malgrado l’inversione di segno del governo – rispetto a quando D’Alema, nel 1999, abbandonò l’amico Milosevic, al quale lo legava anche l’operazione Telekom-Serbia, per mettere a disposizione della Nato le basi italiane da cui partirono i bombardamenti contro Belgrado...Si vuole abbattere il Rais o costringerlo a un compromesso? Si auspica una rivoluzione o solo la secessione della Cirenaica? Si daranno armi moderne ai rivoltosi – come abbiamo fatto con l’Uck – perché continuino la guerra civile o si invieranno truppe di interposizione? E se le centinaia di migliaia di sostenitori del colonnello volessero resistere fino all’ultimo uomo che si fa? Li si stermina? E se caduto Gheddafi facessero capolino – come in Iraq – anche i gruppi salafiti, con la loro guerra interna all’Islam, fatta di provocazioni e stragi nelle moschee?". Aggiungo io....chi lo avrebbe immaginato che dopo 100 anni esatti saremmo tornati a fare guerra alla Libia?
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Rifletto e comunque grazie...