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Il decisionismo post-bellico di Bettino e Silvio - Una storia italiana

di Pietro Ferrari
17 minuti

I politici di tutti gli schieramenti farebbero bene a guardare oltre quello che al momento sembra il loro interesse particolare, e chiedersi se non sarebbe ora di incentrare il dibattito pubblico sui contenuti veri dietro ai disegni portati avanti in questo momento: in primo luogo, per onestà, perché la popolazione ha il diritto di sapere le conseguenze vere degli scontri in atto; perché, inoltre, in questo modo, le forze che si ispirano ancora al bene comune potranno trovare il sostegno necessario per bloccare un progetto che sarebbe disastroso per il paese. Non ha alcun senso, come lucidamente sostenuto dal prof. Luca Fantini, in un contesto internazionale come quello attuale, esaltarsi in atteggiamenti o posizioni “berlusconiane” o antiberlusconiane. Non fosse altro perché, purtroppo, l’Italia non è una grande potenza che può giocare un ruolo attivo o ultimativo sulle grandi questioni.

Appare doveroso osservare il continuo ordinamento tattico e la complessiva strategia di potere attuata dagli angloamericani nella nostra Nazione e trarne le conseguenze del caso, partendo dal nostro recente passato. E’ ormai acclarato che, nel mondo politico italiano post-45, l’unico tentativo strategico (non episodico o meramente tattico) di indipendenza nazionale veniva dalla visione e dall’azione di Bettino Craxi. Lo stesso Benito Mussolini, conclusa nella tragedia e nella sconfitta l’esperienza della Repubblica Sociale Italiana, inviava – tramite Carlo Silvestri – un messaggio mediante cui dichiarava di voler cedere i poteri al Partito socialista, il quale, nella sua visione, nella prospettiva bipolare mondiale Usa Urss che si andava annunciando, molto più di forze di destra o destra radicale, avrebbe potuto o saputo combattere per una futura indipendenza nazionale italiana. Si consideri il pieno recupero del pensiero e dell’eroismo risorgimentali, che prima del craxismo solo in epoca fascista si sviluppava così radicalmente, il profondissimo sentimento di unità patriottica come esigenza di liberazione nazionale dal dominio americano vissuto durante i fatti di Sigonella che mai prima di allora si sperimentava in tal senso e mai dopo si sperimenterà, la giustificazione della medesima linea politico strategica data da Craxi alla Camera il 6 novembre 1985, quando, paragonando Giuseppe Mazzini a Yasser Arafat, sosteneva: “Contestare la legittimità dell’uso della forza a chi vuole liberare il proprio Paese è andare contro le leggi della storia".Giano Accame col suo “Socialismo Tricolore”, raccolse dal passato questa linea e preconizzò la nuova alleanza tra ex socialisti craxiani e post-missini nel Polo delle Libertà, che già avevano trovato nel presidenzialismo e nella lotta alle droghe una convergenza. Certamente, si aveva in Italia nel 1992-93 "un golpe moderno, senza militari, giocato su nuclei della magistratura e dell’informazione”, come ribadiva più volte Craxi da Hammamet.

Un golpe moderno sul quale, come dichiarava proprio Craxi a “La Stampa” il 15 luglio 1998, c’era "lo zampino degli americani”, i quali, giocando di sponda con il loro uomo di fiducia Cossiga, eliminavano d’un tratto una classe dirigente, il cui più consapevole protagonista, nel senso del patriottismo italiano, era Craxi, ben più di Andreotti. Nel corso della medesima intervista, il capo socialista affermava che dietro questo golpe moderno vi era la grande finanza mondiale, che avrebbe progressivamente distrutto e dissanguato l’economia pubblica italiana. Diceva Craxi: “Vedete come se la sono pappata e come se la stanno pappando? Guardate le banche. In questa logica i governi debbono essere dati in mano ai consulenti dei grandi gruppi. Prodi cos’è se non un consulente del finanziere Soros? Anche Ciampi, che pure è una brava persona, è uno così”. Agente principale di questo golpe moderno anti-italiano era Antonio Di Pietro, colui che piange da garantista solo quando vengoni condannati delinquenti internazionali come Mikhail Khodorkovski, cioè gli emissari di quel George Soros che vogliono scardinare l'autorità dello Stato nei Paesi come la Russia. Il Tonino molisano nel 1992 compiva un viaggio negli Usa cooptato dallo United States Information Service, con il fine di avviare o meglio consolidare quella “rivoluzione italiana” contro la corruzione che le testate giornalistiche italiane più vicine a Usa ed Inghilterra già stavano propagandando. Le medesime fonti di stampa tendevano, cercando di forzare chiaramente il corso degli eventi, a dare il volto del “magistrato più amato dagli italiani”, dell’incorruttibile ad Antonio Di Pietro oggi agitatore del ‘popoloviola’. Come è avvenuto più recentemente in Georgia (al color rosa) ed in Ucraina (al color arancione) o quasi avvenuto in Iran (al color verde), un golpe moderno, targato CIA passava alla storia con il termine di “rivoluzione”. Anche in questo caso, comunisti o ex-comunisti come Occhetto e D’Alema giocavano un ruolo di primissimo piano nell’azione, mediante la diffamazione e il linciaggio morale di un capo politico come Craxi (autentico capro espiatorio di un' epoca intera mentre Giuliano Amato se l'è cavata alla grande...), il quale, oltre i limiti e la spregiudicatezza nel trovare finanziamenti (mentre qualche altro politico li trovava nel sistema delle COOP o da Mosca...), pagava a caro prezzo il suo orgoglioso proposito strategico di irriducibile difesa dell’indipendenza politica, economica, culturale italiana. Non dimenticherei di considerare, in questa prospettiva, anche il coraggioso sostegno dato da Craxi all’Argentina nella disputa che la contrapponeva all’Inghilterra sulla questione delle Malvinas, come la decisione attuata al vertice europeo di Milano del 1985 – presieduto dagli italiani – che stabiliva che si poteva concludere a maggioranza la riunione tra i paesi europei senza ed addirittura contro la Gran Bretagna.

Tutti episodi che Londra mostrava negli anni seguenti di non digerire, ampliando così il grande fronte internazionale anti-craxista, che non si faceva scrupoli di demonizzare un certo craxismo decisionista quale nuova forma di “mussolinismo”. Tornando ad Antonio Di Pietro, a Washington, nella sede dello American Enterprise Institute, veniva nel 1992 presentato al pubblico da Michael Leeden, che allora collaborava attivamente con l’istituto Bear Stearns di Park Avenue a New York, che si occupava delle privatizzazioni italiane (che partirono col deprezzamento del 30% della lira a causa della speculazione portata da Soros che ci fece uscire dallo SME); il 24 luglio 1995, invece, nella sede del Center for Strategic and International Studies, era Edward Luttwak (oggi 'finiano')a promuovere e pubblicizzare la causa di Di Pietro. Fino al 2008 Berlusconi dava fastidio soprattutto perché, pur nel quadro di una politica estera ancora supina agli angloamericani, frenava in parte la dipendenza del capitalismo italiano dalla grande finanza internazionale. Non va dimenticato che i grandi gruppi finanziari di casa nostra, quelli maggiormente legati con l’ Alta finanza internazionale dove innegabile era l’influenza dell’establishment anglosassone, ossia Cuccia e Mediobanca, promuovevano continuamente, mediante i loro giornali, una campagna anti-Berlusconi (probabilmente il politico italiano più bersagliato di tutti i tempi), manifestando una chiara insofferenza verso un premier che non sottostava ai loro dettami sulla politica succube della finanza. Ben più affidabili, per la grande finanza internazionale, sono stati i recenti governi 'di sinistra' (ma quale sinistra poi? ...magari quella di Chavez!) che hanno operato al completo servizio di Fiat e Confindustria e, con Prodi, della Goldman Sachs.

Dal 2008, si riproponeva questo conflitto interno, giocato alla luce di una più ampia prospettiva internazionale. In breve, si avevano all’interno due grandi schieramenti (con ulteriori tendenze centrifughe): da una parte abbiamo uno schieramento antinazionale che comprende varie forze oligarchiche ed uomini politici al servizio delle stesse, con centro strategico Fiat, Confindustria e le testate rispondenti al nemico personale di Berlusconi, De Benedetti, dall’altra abbiamo uno schieramento che possiamo definire, fino ad ora, di “difesa nazionale” con centro strategico nel mondo del lavoratore autonomo, nella stragrande maggioranza del popolo italiano (che ha – almeno fino ad oggi – apprezzato e sostenuto quella che ha percepito come azione patriottica del Presidente del Consiglio, manifestasi dal 2008 in varie circostanze: vicenda Alitalia e terremoto in Abruzzo, attivo rilancio del modello imprenditoriale italiano nel mondo su tutte) e, come sostiene giustamente La Grassa, anche nel mondo dell’Eni. Dall’aprile 2008, Berlusconi Presidente del Consiglio apriva alla Russia (schierandosi contro la Georgia nella crisi con l’Ossezia, infastidendo non poco Israele e il 'finiano' Alessandro Ruben della A.D.L.) più di quanto abbia aperto, anche prima dell’ascesa di Obama, agli Usa ed al blocco angloamericano in genere, attuando una linea politica di supporto alla Gazprom-Eni, che, con il progetto energetico Southstream si va ampliando verso la Noc libica e la Sonatrach algerina in antitesi al progetto americano antirusso Nabucco, conquistando così, ben oltre la retorica anticolonialista di Gheddafi, mediante la base tattica “neo-italiana” della Libia, posizioni privilegiate in Africa, suscitando l’invidia degli altri paesi UE. Fastidioso è apparso anche l’atteggiamento pragmatico e spregiudicato di “amicizia” con la Bielorussia, con il Venezuela di Chavez e con il regime iraniano, al quale l’Italia ha venduto undici motoscafi contro la volontà espressa del consolato americano a Roma.

Tutto questo supportato da un richiamo continuo ai valori ed ai principi dell’italianità, esaltati dal Presidente del Consiglio non in senso strumentale, a differenza di quanto faceva Ciampi che dava avvio ad un processo di “italianizzazione” quasi esclusivamente per frenare l’avanzata leghista. Certamente, i poteri forti internazionali non gradiscono affatto questo progetto gradualistico e pragmatico fondato su un modello di indipendenza nazionale. Preferivano chiaramente la strategia di puro mercatismo assicurata da Prodi. Quest’ultimo, che godeva originariamente del fondamentale sostegno di Bazoli, era nell’intimo un fautore del mercato, delle public companies all’americana dove i veri padroni sono gli azionisti tramite i fondi pensioni, la Borsa. Come spiega Giancarlo Galli, Prodi avrebbe ceduto senza problemi Alitalia ai francesi, mentre Berlusconi, con azioni stile anni ’30, quelli del fascismo autarchico, del neonato IRI che compie il salvataggio di industrie cariche di debiti, fa della continuità italiana della compagnia una battaglia politica nazionalista antimercatista. Il quadro si va chiaramente delineando. Il progetto strategico della lobby anti-italiana, dal 2008, contempla l’assegnazione della Presidenza del consiglio dei ministri a Mario Draghi, già socio della Goldman Sachs, ora Governatore della Banca d’Italia. In seconda battuta, soprattutto Londra (ma anche gli ambienti statunitensi più soggetti alla pressione dell'AIPAC) sembrerebbe prediligere la definitiva ascesa di Fini alla massima carica, più sionista di Bush, anticlericale chic e quindi strumento di 'normalizzazione' della destra italiana vista come 'anomala' dai salotti buoni.

 Questa strategia sarebbe il compimento del progetto di “golpe moderno” del 1993, che Berlusconi ha parzialmente oscurato. In definitiva, l’attacco strategico, in parallelo al golpe anticraxista, vedeva la famosa scena del panfilo “Britannia” della regina d’Inghilterra comparire di fronte a Civitavecchia nel giugno del 1992 per pianificare la privatizzazione delle industrie di stato italiane a vantaggio dei potentati internazionali; in quel contesto, Draghi, alla presenza di molteplici finanzieri internazionali, approvava la linea di “svendita” dell’economia pubblica italiana a vantaggio della lobby anti- italiana. Da notare che contemporaneamente Soros dava avvio ad un attacco speculativo contro la lira italiana, che portava a termine, il quale avrebbero permesso ai finanzieri della lobby di acquistare le industrie di Stato italiane con una svalutazione della lira del 30%. La mossa offensiva strategica continuava con la riunione del Bilderberg nell’aprile del 1993, in Grecia, in seguito alla quale Ciampi subordinava il debito pubblico italiano alla volontà dell’Alta finanza (Warburg e Goldman Sachs), facendo precipitare l’Italia nella decadenza economica più accentuata e nel caos politico. Infine, delineava il suo obiettivo fondamentale, ossia la conquista totale dell’Eni, di Finmeccanica e dell’Enel. Una scelta strategica la cui attuazione è resa quantomeno problematica dall’unione filo-russa realizzata da Berlusconi sul piano geopolitico e della politica energetica. Da qui nasce, a mio avviso, la campagna di “terrore psicologico” antiberlusconiano che si va progressivamente radicalizzando in Italia.

La realtà è che da molti mesi è in atto un processo inteso a sostituire il governo italiano con un esecutivo tecnico, con il compito di attuare “riforme” urgenti che sono ben più difficili da attuare quando i partiti devono rispondere direttamente ai propri elettori. Basta uno sguardo veloce oltre ai propri confini per capire la direzione generale. Si parla di emergenza economica, dei governi tecnici degli anni Novanta come punto di riferimento, e di riforme strutturali per garantire la stabilità del paese. Quali sarebbero queste riforme strutturali? Di nuovo, la lista è già stata resa pubblica: tagli pesanti alla previdenza sociale, la privatizzazione delle municipalizzate (bloccata dalla Lega Nord), e l’ulteriore liberalizzazione di ogni servizio pubblico. I nomi più accreditati sono quelli di Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo. Il modello economico del primo è ben noto: la correttezza delle regole per garantire che la speculazione mantenga il dominio sull’economia produttiva; per quanto riguarda il secondo, considerando come intende mettere le mani sui profitti dell’alta velocità ferroviaria – lasciando allo Stato gli investimenti e le perdite – si capisce dove ci porterebbe. Mentre il governatore della BCE Trichet chiede tagli alle pensioni, e i “mercati” esigono credibilità nel ridurre i deficit di bilancio, sono stati annunciati piani di austerità in numerose nazioni. I casi menzionati sulla stampa sono solo quelli dove le resistenze della popolazione sono più forti, per esempio il Regno Unito, la Francia, e la Grecia.

Negli Stati Uniti la Commissione Fiscale istituita dal presidente Barack Obama ha cominciato ad annunciare le sue proposte di forti tagli alla spesa statale, a partire dalla Social Security (beninteso, difendendo la riduzione delle tasse per i più ricchi, ma senza considerare misure contro la speculazione finanziaria). Così, la situazione italiana va vista nel contesto di una spinta internazionale verso misure di austerità pesanti, guidata proprio da quegli interessi finanziari che da decenni vedono nello Stato l’ostacolo principale alla loro “libertà” di mercato. Da questo punto di vista il Governo Berlusconi rappresenta un impedimento alle misure richieste. Certo, sotto la minaccia di un attacco al debito pubblico italiano l’esecutivo ha già seguito una linea di rigore, bloccando gli investimenti che sarebbero necessari per l’economia reale. Per non parlare del fatto che i margini di manovra dei governi nazionali sono stati ridotti di parecchio dalla normativa comunitaria, in cui si sono codificate le politiche in stile FMI che mirano a gestire i parametri monetari a prescindere dalla progressiva distruzione di ricchezza nell’economia reale. Ma la finanza internazionale non si fida di questo governo, e in modo particolare del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Si ricordi che l’Italia è stata tra i pochi paesi a non rifinanziare le banche durante la crisi degli ultimi tre anni; i cosiddetti Tremonti Bonds, che impongono dei vincoli a favore dell’investimento produttivo, non sono stati accettati dalle più grosse banche italiane, e hanno provocato uno dei tanti scontri pubblici tra il Ministro e Mario Draghi, che si è lamentato dell’interferenza politica nell’economia.

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Commenti

Letto tutto di un fiato . Copio e incollo per una tesi. Grazie
Non c'è alcun dubbio....tra questi politicanti, probabilmente i peggiori della storia italiana, Berlusconi ha una marcia in più. Gli equivoci all'interno della sinistra attuale, ancora risentono di quell'anti-craxismo poco meditato che poi ha spinto i DS a fare il PD con Rosy Bindi, Rutelli e Pannella, creando un ibrido che non esiste in nessun Paese d'Europa. Ecco perchè uno come Zapatero non c'è in Italia. La Destra intanto ringrazia e dilaga facendo opposizione a se stessa.
Ferrari sei una risorsa. Compliementi di cuore. Li leggo tutti e non sono mai d'accordo. Non male come media. Ma come dice quel folle del tuo compare Falconi, sei il dubbio, intelligente e presente.
Stai attento Sapore, a incollare le marmellate oltre che antieconomico - costa più di una colla vinilica- si rischia la saturazione zuccherina delle tesi e la loro insignificanza. Fuor di metafora: quanto mi piace la destra allorché si lamenta di un'opposizione che non è come la vorrebbe. Mi piace da morire. E' una vulgata incredibilmente e abilmente messa in giro dal Berlusconi e dai suoi corifei, un artificio retorico, una sveltezza, un semi-pensiero, un mantra, un rituale vedico ossessivo e convincente, come si fa ad essere così bravi? Pensa tu: io governo, sono la maggioranza, come ti permetti tu di fare una simile opposizione? l'opposizione è questo e quello. Tu non esisti. Poi arrivano i chilometrici Ferrari a dirci che eh, la sinistra, quanti difetti ha avuto ed ha. Immancabile la spectre debenedettiana. Sapore, dà retta a me, lascia perdere, le tesi non si fanno col copia e incolla, specie se ad essere incollato è un pensiero apparentemente ricco. ma "pieno di vuoti".
Ci mancherebbe caro 'fuoridalcoro'....è solo "UNA" storia italiana.....LA STORIA? Quella la scrivono solo i pontefici della sinistra ai quali Dio stesso si ispira.
Il punto vero è guardare oltre e pensare all'Italia, cosa che la lotta politica spesso dimentica. Il tanto vituperato Gheddafi è un laico "socialista nazionale" e da tempo avvisa l'Europa che l'ingresso della Turchia nella U.E. sarebbe un Cavallo di Troia dell'Islam. Gheddafi è fondamentale per qualsiasi politica di contenimento dell'immigrazione nel mediterraneo. L'accordo Italia-Libia ricorda l'Eurafrica mussoliniana e il protagonismo di Enrico Mattei: ricerca dell'indipendenza energetica e rapporti stretti coi Paesi Arabi antisionisti...Gas, petrolio, accordi militari e infrastrutture di grande livello...praticamente un neocolonialismo sostanziale molto pragmatico e dissimulato dalle richieste di scuse per il passato. I nuovi musei che celebrano la rinnovata amicizia contengono anche gli esempi di quanto di buono fu fatto dagli italiani in Libia. Il resto di veline, tende e quant'altro è solo folklore da cerimonia senza alcunchè di serio. L'attuale governo è formato non da politici dalle Grandi Visioni, che comunque oggi mancano del tutto in qualsiasi schieramento, ma almeno da gente che sà far di conto e che in modo pragmatico affrontano i problemi veri con le pochissime risorse disponibili.
@Fuori dal coro cambia completamente argomento e scrive: "quanto mi piace la destra allorché si lamenta di un'opposizione che non è come la vorrebbe"... si vede che a costui (o costei) va benissimo uno come Bersani che non prende posizione (perchè non ha coraggio) sul referendum a Mirafiori o uno come Paolo Albi massimo vertice del centrosinistra cittadino. Contento lui, contenti tutti!
Berlusconi è l'unico capo di un governo al mondo non protetto dai servizi segreti....meditate gentes...