Ho atteso i tempi canonici della politica. I tempi della legge e anche degli uomini. Le bocce ferme e le liste in Corte d'Appello. Ora per iniziare consentitemi un accostamento ossimorico. Gennaio. La celebrazione. Il "giorno della memoria”.
Rivedevo l'altro ieri Schindler's List. La lista di Oscar garantiva la salvezza, un pasto caldo, massimo due, un giaciglio. Mille e duecento ebrei sopravvissuti grazie ad un tratto di penna come corazza alla barbarie. La lista, oggi, è sinonimo di altra "sopravvivenza".
Novecentoquarantacinque sommersi? No, salvati! Con un tratto di penna, dalla barbarie delle "preferenze".
Scusate l'abuso della figura retorica. Il verso politico dell'animale italiano? Il grugnito!
Veniamo a Razzi. Occorrono elementi biografici? Lui è l'esempio vivente della "classe operaia che va in Paradiso". L'empireo di Montecitorio.
Non giudico il suo comportamento nell'ottica esclusiva del tradimento. Quest'ultimo è da circa un secolo e mezzo sinonimo del Bel Paese.
Lo possiamo appellare trasformismo, apparentamento, desistenza etc... No! Il problema non è il cambiamento di un'idea, di casacca.
Lo dice anche l'art. 67 della Costituzione: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato" e appunto nessun vincolo da "paracarro inamovibile". Il problema è un altro. Diceva Vasilij Rozanov: "Dai grandi tradimenti hanno inizio i grandi rinnovamenti". Bene!
Non intendo il rinnovamento rappresentato dall'On. Razzi.(f.to Abruzzo web). Non vedo strategie, teorie rivoluzionarie, non vedo uscire il fumo dalla criniera leonina del deputato. Me lo immagino a prendere il caffè con Luc Merenda in un bar del Ticinese, con il ferrarino parcheggiato fuori. "Non sono Pietro Micca che gettò la stampella contro il nemico" scrisse scambiando l'eroe sabaudo del 1706 con Enrico Toti, per spiegare la sua scelta di tradire Di Pietro per Berlusconi. Occorre aggiungere altro? Sì!
Palazzo Grazioli nelle ultime ore non aveva nulla di Gra-zioso! Perdonate il gioco di parole. Tensione tagliata a fette. Postulanti con tabelle. Come diceva Battiato: "Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming". La catapulta. Razzi e Scilipoti in Abruzzo. Una levata di scudi. La posizione del Governatore Chiodi.
Cosa avrebbe potuto fare die treue (il fedele) Gianni e non ha fatto: indignarsi, in tempi non sospetti per la mancata rivoluzione liberale, per la mancata rivoluzione elettorale, per la mancata democrazia interna in un partito di governo, per il veloce pensionamento dell'idea di rinnovamento e perorare le ragioni politiche del PDL regionale.
Regione: 4 Province. Invece cosa ha fatto e non avrebbe dovuto fare: ha difeso lo scranno dell'amico e nello stesso tempo inanellato l'ennesimo errore, come dire "non c'è due senza tre".
1) Dopo la sbronza, all'indomani della vittoria regionale, forse ancora in preda ai fumi dell'alcool trasferisce in blocco la classe "dirigente" (perdonate il termine) teramana a L'Aquila. Quattro Assessori, un Direttore Generale, etc... Perché mai? La vittoria? Gatti come consigliere più votato avrebbe avuto un senso, e anche Morra quale espressione della corrente ex AN, ma Di Dalmazio? E Venturoni? Intanto noi teramani paghiamo la cambiale alle altre province. Un nome tra tanti: Varrassi. Evviva! Tancredi docet.
2) La scelta di non essere terzo in una lotta intestina al PDL locale. Ha imparato poco dal suo "maestro" Letta. Dicitur che il bravo Gianni (Letta) prima faccia discutere le parti e poi magistralmente si presenti come sintesi. Chiodi? Uomo di sintesi? No, uomo di parte. La solita: Tancredi.
3) Perdere di colpo Pescara, il vero capoluogo d'Abruzzo. L'assenza di un rappresentante in Parlamento per l'elettorato di centro-destra. Le ragioni politiche di una Provincia finite sotto la cadrega dell'amico. Il solito: Tancredi.
Il Presidente Chiodi, così diverso dal Presidentissimo Biscione. Poco sanguigno ma di bella presenza.
Lento, non rock. Questa volta ha tossito e sembra abbia detto: non sono... (R)azzi nostri.
Berlusconi si è voltato, e come Dante narra: "La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a' capelli del capo ch'elli avea di retro guasto..." e, tra un boccone e l'altro dei suoi figli prediletti, Cosentino, Scaiola, Dell'Utri, ha risposto: "Saranno mica... (R)azzi miei?".
Buona campagna elettorale.
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