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Il Libro...L’Italia dei doveri

di Maria Cristina Marroni
5 minuti

L’Italia dei doveri di Maurizio Viroli, professore di Teoria politica all’università di Princeton, nasce da un’idea di Norberto Bobbio: “Se avessi ancora qualche anno di vita, che non avrò, sarei tentato di scrivere l’Età dei doveri”.

Senza doveri non c’è libertà: è questa la tesi dell’interessante saggio. Purtroppo è opinione comune che la vita sia godimento dei diritti al punto che appare quasi stravagante il pensiero che dietro i diritti si celino anche dei doveri. Con una prosa limpida Viroli ci accompagna, attraverso efficaci esempi tratti dalla storia e dalla cronaca, alla riscoperta del dovere, un valore spesso disatteso, quando non completamente dimenticato.

L’indifferenza morale di tanti italiani è talmente miserabile o squallida, a seconda dei casi, da non meritare comprensione e ancor meno perdono. Gli indifferenti non solo offendono il senso morale, ma fanno paura”.

La nostra Costituzione (che secondo il professore, più che essere modificata, deve essere riscoperta per farla diventare la bussola morale del popolo) presenta, insieme ai diritti, un coerente sistema di doveri. Una classe politica preparata e con un’adeguata consapevolezza dei doveri civici potrebbe governare opportunamente con la Costituzione. Attaccare la Carta costituzionale equivale a nascondere la propria inidoneità a rappresentare il popolo.

Dalla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” (1791), alla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” (1948) e fino alle più attuali dichiarazioni degli Stati, i diritti sono stati estesi a un numero sempre più ampio di uomini, diventando al contempo anche più specifici, ovvero indirizzati a gruppi sempre più particolari: i diritti dei bambini, delle donne, dei disabili. Tuttavia i diritti senza doveri diventano vuoti e si allontanano dalla libertà che devono invece tutelare. C’è necessità del senso del dovere, “ovvero del rispetto delle regole e dei principi morali non per interesse o per timore della legge, ma semplicemente per l’obbligo che si ha nei confronti della propria coscienza”.

Senza medici e personale sanitario con senso del dovere, il diritto alla salute diventa una crudele finzione; senza maestri, insegnanti e professori con il senso del dovere, il diritto all’educazione e alla cultura diventa una crudele finzione”.
Un insegnante che si rispetti, oltre all’erudizione, deve comunicare il potere della cultura, il rispetto delle regole e una coscienza morale. Deve formare cittadini consapevoli, pur nella complessità e molteplicità delle vicende umane. Deve aprire ai giovani gli orizzonti dei sommi problemi, dare il senso della serietà e della drammaticità della vita. Solo così da insegnante potrà essere anche un maestro.

Discende dal dispregio dei doveri la corruzione, che si diffonde rapida come un tumore. Nell’ultima rilevazione di Transparency International, l’associazione che si occupa di misurare la corruzione nel mondo, l’Italia (fanalino di coda per la trasparenza in Europa) appare, in una classifica mondiale, al 72° posto su 174 con un punteggio di 42 su 100.
Ci sarebbe da vergognarsi di essere italiani, ma la vergogna, quella seria, è la sofferenza che nasce non dal timore del giudizio degli altri ma dal rimorso per aver violato il comando della coscienza, vale a dire il senso del dovere”.

Purtroppo la mentalità italiana si basa sul disprezzo del debole e sulla devozione “del capo onnipotente che calpesta limiti e leggi o li piega a proprio vantaggio”. Invece di denigrare il soverchiatore, l’italiano sogna di prenderne il posto.

Lo aveva perfettamente capito, già nel 1928, Carlo Rosselli, quando scrisse: “triste cosa a dirsi, ma non per questo meno vera, che in Italia l’educazione dell’uomo, la formazione della cellula morale base –l’individuo- è ancora in gran parte da fare. Difetta nei più, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell’autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sì che l’italiano medio oscilli oggi ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei limiti propri e altrui, difettano”.

Dobbiamo insegnare ai più giovani il dovere dello sdegno, ovvero il senso di repulsione per l’ingiustizia che è degli animi grandi e sconosciuto agli animi vili e meschini. Spero sempre che tra i più giovani si celi un futuro Giacomo Metteotti, un futuro Gaetano Salvemini, un futuro Giorgio Ambrosoli. E spero sempre che anche in noi possa conservarsi vigoroso lo “sdegno che accende”, come disse Bobbio nel 1943, come “arma senza la quale non vi è lotta che duri ostinata, senza la quale, vittoriosi, ci si infiacchisce, e, vinti, si cede”. Il nostro tempo reo ne ha davvero bisogno.

 

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Commenti

Commento molto bello. Matteotti, Salvemini, Ambrosoli e tutti i martiri della Patria ... Tante vite sacrificate. Per cosa? Per un sommo ideale. Perchè sentivano di doverlo fare a prescindere. E noi invece qui, come scrive Rosselli, a difettare ... per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell’autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sì che l’italiano medio oscilli oggi ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei limiti propri e altrui, difettano.
SCUSATE, OGGI SONO DI CATTIVO UMORE come questa uggiosa domenica di fine settembre. i contenuti di questo libro mi sembrano molto orignali, si, originali come la pasta al burro e la fettina ai ferri. originale,quindi il tomo è destinato a diventare una delle colonne portanti del " pensiero" occidentale contemporaneo. il commento odierno, a mio avviso, troppo benevolo, fa intuire che il libro è composto di soli aforismi. ricordo a me stesso che la storia è ciclica quindi si ripete sempre. non mi sono mai piaciuti i componimenti sulla morale, sui diritti, sui doveri. è dalla notte dei tempi che siamo circondati da creature pronte a farci la ramanzina su cosa è virtuoso e cosa no; ricordate il giardino dell'eden, " non mangiate quella mela!". l'uomo da sempre si costruisce delle scuse mentali con cui giustificare le proprie gesta. c'è chi si nasconde dietro mille leggi sostenendo che il suo unico scopo della sua vita è quello di rispettarle e di farle rispettare, a tutti i costi. c'è pure chi calunnia il prossimo mettendosi al disopra degli altri , giustificandosi e puntando il suo affilato indice accusatorio. aurevoir
Grazie Enrico, sentirlo dire da te è un onore. Per il Sig. Aznavour, mi consenta qualche volta la banalità di un libro: è confortante sentire parlare di buoni sentimenti. Je te demande pardon.
La mia breve riflessione settimanale prende spunto dalle belle parole della sig.ra Cristina quando parla di alcuni uomini illustri che hanno sacrificato la loro vita per dare un pregevole contributo alla Societa'civile attraverso idealita' e valori forti. Mi chiedo,dopo vent'anni di barbarie berlusconiane,questi valori ,quelli della tradizione laica socialista e della tradizione cristiana,che fine stanno facendo? Il rischio e' che questi nobili riferimenti vanno scomparendo con tristi conseguenze sull'impegno politico sociale. Mi si perdoni l'accenno alla attualita' politica,ma quando le forze sociali che fanno riferimento ai nobili valori accettano dei patti,degli accordi che di politica hanno poco,credo che la politica con la " P " maiuscola ne risenta molto,soprattutto nei confronti di chi ancora giovane sente il richiamo ad un impegno sociale pubblico. Il grande rischio e' quello di non trovarsi di fronte stimoli,persone ,personalita' di riferimento che sappiano guidare ,condurre il cammino di giovani all'interno della societa'.
"...la legge morale dentro di me". Kant non parlava di sé, ma dell'uomo. Si sbagliava, perché non tutti gli uomini hanno la legge morale dentro di sé, e, se ce l'hanno, non ne avvertono la presenza. Dunque, io seguo la lezione della sociologia della conoscenza (Karl Mannheim). Non solo l'etica e morale (si colga la differenza) hanno una connotazione sociologica, ma anche le strutture del conoscere, quindi figuriamoci se non è sociologico (e quindi relativo al tempo e al luogo, oltre alla condizione) il senso del dovere e sua (eventuale) percezione. Però parnarne è bene, perché è bene che chi non sente dentro di sé il senso del dovere (quale che sia) almeno sappia che c'è qualcun altro che ce l'ha.
Gent.le Professor Serpentini, l'autenticità morale ancora oggi si valuta dal prezzo personale che si è disposti a pagare. Leopardi chiudeva così il suo "Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica", con una supplica ai suoi coetanei, che può agevolmente estendersi ai nostri coetanei: "(...) ancora siamo più di qualunque altro popolo vicini a quel punto, che quando si oltrepassa, non è quella civiltà ma barbarie (...)Ma sovvenite alla madre vostra ricordandovi degli antenati e guardando ai futuri (...) secondando questa beata natura onde il cielo v'ha formati e circondati (...) considerando la barbarie che ci sovrasta; avendo pietà di questa bellissima terra, e de' monumenti e delle ceneri de' nostri padri; e finalmente non volendo che la povera patria nostra in tanta miseria, perciò si rimanga senza aiuto, perché non può essere aiutata fuorché da voi". La ringrazio del suo prezioso contributo, leggerò molto volentieri Karl Mannheim. Gent.le Sig. Antoine, i giovani hanno bisogno di esempi: devono ritrovare il senso del dovere, senza essere dogmatici e fanatici. Dobbiamo insegnargli la tolleranza, senza essere indifferenti (Guido Calogero docet). Diceva A. Einstein: "Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare". Grazie per i suoi puntuali interventi .
ETICA E MORALE,......... ALLORA LA METTIAMO SUL DIFFICILE PROF. SERPENTINI! mi sembra di ricordare che l'etica è il modo di apparire, di comportarsi, l' habitus che ciascuno di noi indossa. la morale invece, mi sembra di ricordare, si concentra sulle norme di un gruppo, di una civiltà, norme costruite nel tempo per stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. a mio timido avviso si può essere etici senza adeguarsi alla morale del groppo di appartenenza, e, viceversa si può essere morali ( o moralisti) e non avere la minima idea di quale sia la propria etica, vale a dire la propria idea di " buono e no buono ". fortunatamente è esistito Immanuel, Immanuel kant che ha stabilito : " ...è sempre possibile dare una risposta etica chiedendo alla propria coscienza se stiamo o meno danneggiando il prossimo ". mi chiedo se si possa dire che la morale sia " il viatico",la guida altrettanto precisa nell'aiutarci a vivere meglio (senza farsi condizionare dalla morale!). ....a la bonne heure
Quando un amministratore pubblico è messo lì da un politico, a sua volta sponsorizzato e finanziato da interessi privati, "la coscienza e il dovere" suggeriscono la riconoscenza e la sudditanza per le grazie ricevute. La politica e gli interessi egoistici sono i primi responsabili del sonno delle coscienze. E' importante ricordare l'esistenza e i contenuti della Costituzione che dovrebbe essere l'orizzonte, la bussola della politica e della scuola. In tempi in cui se ne parla solo per cercare di cambiarla, l'argomento mi è sembrato originale. In Niger un bambino su quattro muore di fame. Il tema non è originale, ma i bambini continuano a morire per mancanza di spiccioli... Incoscienza delle miserie, o miserie delle coscienze?