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Il Libro...William Wilson

di Maria Cristina Marroni
4 minuti

C’è un posto della nostra anima recondito e segreto. Ciò che ci aspettiamo dagli altri è ciò che ci fa paura di noi stessi: non siamo mai né solo buoni, né solo malvagi. Nell’ ”uno” che siamo, c’è l’ ”altro” che non conosciamo.
C’è un po’ di cielo sulla Terra, che noi percepiamo attraverso il mistero o la fede. Per raggiungere il cielo bisogna sdoppiarsi: corpo e anima, spirito e materia. Gli uomini non sono sempre uguali a se stessi e lineari nei comportamenti, ma sono “uno, nessuno e centomila”. Inconoscibili perché complessi.

Il tema del “doppio” è tra i più affascinanti e longevi nell’arte e nella letteratura: dall’”Anfitrione” di Plauto, a “Lo strano caso del dottor Jeckyll e del signor Hyde” di Stevenson, a “Il ritratto di Dorian Gray” di Wilde, a “Il sosia” di Dostoevskij, fino ai più recenti “Il visconte dimezzato” di Calvino e “La metà oscura” di King.

In “William Wilson”, celeberrimo racconto di Edgar Allan Poe, scritto nel 1839, il motivo dominante è proprio la scissione dell’io, a cui si mescolano paura e  turbamento. William è il protagonista e narratore della storia. Egli racconta retrospettivamente la sua vita sin dagli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, periodo in cui incontra uno strano individuo, con il suo stesso nome e cognome. Unico fra gli altri il secondo William si permette di rifiutare fede cieca alle sue affermazioni e completa sottomissione alla sua volontà.

Una notte si avvicina al giovane che dorme, per commettere contro di lui un atto malevolo, ma alla sua vista inorridisce, perché fisicamente è identico a lui. Persino la voce, benché parli con un tono molto basso, è l’eco perfetta della sua. Allora decide di fuggire da quella scuola per non farvi più ritorno. Tuttavia per il resto della sua vita, dissipata e consumata dai vizi, l’altro William riappare sempre, pronto ad ammonire ogni atto vile. La tensione culmina nella parte finale del libro quando durante una festa il protagonista sfida a duello il suo “doppio”, ma davanti a uno specchio si accorge di aver pugnalato mortalmente se stesso.

Tu hai vinto e io muoio. Ma d’ora innanzi anche tu sei morto, morto al mondo, al Cielo e alla speranza! Tu esistevi in me, e ora tu vedi nella mia morte, in questa stessa immagine che è la tua, come tu abbia assassinato te stesso!”.

In “William Wilson” la narrazione si concentra sulle figure simmetriche del protagonista e del suo “doppio”, che rappresenta la sua coscienza, la proiezione della parte socialmente sana e accettabile della sua personalità. Invece il protagonista è l’istinto, la brutalità, la voluttà. Il suo racconto appare il delirio di un folle e il lettore ha il compito di ricostruire la realtà dalle suggestioni e allucinazioni del protagonista.

Ogni virtù mi è caduta di dosso tutt’a un tratto, materialmente, come un mantello”. L’opposizione tra Wilson e il suo “doppio” è l’antitesi tra il Bene e il Male, il dualismo tra l’istinto e la coscienza, che appare al protagonista un ostacolo alla libera espressione dell’io in tutta la sua pienezza vitale.
 
Posso vivere soltanto due vite opposte o nessuna”, sarà lo slogan del Romanticismo tedesco,  perché nella contraddizione, nella dualità è la conoscenza.
Baudelaire scriverà a Sainte-Beuve: “Voi che amate esercitarvi in tutte le profondità, non siete tentato di fare un’escursione nelle profondità di Edgar Poe?”. Io per liberarmi della tentazione le ho ceduto. Giusto Wilde?



 

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Commenti

L'idea che ciascuno di noi possa essere anche "un altro" è al tempo stesso affascinante e inquietante. Pensare di poter commettere azioni improvvise, non meditate fa paura. Nelle tradizioni mitologiche l'ombra e lo specchio rappresentano simbolicamente questa dualità. Quella che Freud definirà lo "Heimliche", "il familiare", si trasforma nell'"Unheimliche", il "perturbante", cioè nel proprio contrario. Narciso che si specchia e s'innamora della propria immagine finisce per immobilizzare la propria esistenza.
NOI SIAMO IL NOSTRO PEGGIORE NEMICO , potrebbe essere il sottotitolo di questo grandioso triller psicologico dai riflessi autobiografichi. si , perchè quel genio di poe, precedendo sigmund froid, sembra di conoscere alla perfezione le caratteristiche dell'"inconscio" . nella vita e nelle opere, l'autore del racconto, mostra un ambiguo temperamento; le biografie lo dipingono tenerissimo con chi ama, insofferente e sprezzante con gli altri, le sue poesie sono delicate , angeliche e visionarie, i racconti crudi e sadici. ambiguo temperamento, come i gemelli wilson che rappresentano la esteriorizzazione di una lotta interna di un unico personaggio; alla fine la virtù soccombe, alla fine wilson uccide la sua coscienza e la sua vita si trasforma in una morte vivente. si intravede una psicosi paranoide del personaggio narrante. l'ultime battuta del racconto, citata dalla brava prof. (" tu hai vinto io...." fa venire i brividi. per me è una delle storie più spaventose perchè senza fantasmi e senza mostri, il linguaggio delicato e le descrizioni fantastiche lo remdono un capolavoro. se vi interessa il genere ma non volete leggere il racconto ( non facile ) potete godervi i bei films fight club e\o black swan (cigno nero)...aurevoir,ma che bella e assolata domenica amici del libro!
Accattivanti riflessioni filosofiche " c'e un posto della nostra anima recondito e segreto" . Leggendo la recensione, brillante come al solito, mi viene da immaginare una scena fantastica. Di colpo la nostra coscienza e' libera e chiara. Il potenziale energetico e' molto piu' alto di quello comune. Abbiamo smesso di pensare e di fare come tutti ,usciamo dai ranghi senza pero' abbandonarli. Fingiamo di essere sognatori ,ma da svegli. Ora c'e assolutamente chiaro che tutt'intorno tutti dormono,mentre noi stiamo svegli. Uscire dai ranghi comuni ci consente di vedere e capire quello che gli altri non sono in grado di vedere e capire , di smettere di aspirare ad essere i primi a favore della possibilita' di diventare delle persone uniche. Forse certe fantasie sono possibili solo nei nostri sogni. Grazie, buona domenica e felice inizio settimana.
"Il raggiungimento della ragione equivale alla distruzione" (Poe)
Tra gli autori citati nell'interessante articolo inserirei Pessoa che porta all'esasperazione la consapevolezza della molteplicità delle anime all'interno della personalità di ciascun individuo. Pessoa, rispetto agli altri, fa qualcosa in più per estirpare il dogma di una identità unitaria e monolitica. Si inventa molteplice, oggettivizza le varie espressioni del suo essere, i lati diversi della sua personalità, in proiezioni complete di biografia, descrizione fisica, posizioni estetiche e politiche, modo di esprimersi e comunicare. Personaggi che si affrancano da chi li fa muovere e parlare e si propongono come modi diversi di accostarsi al mondo esterno e alla casualità degli accadimenti quotidiani. E che mettono in campo autonomi sistemi di autoprotezione per resistere e liberarsi dalla solitudine e dal dolore. In un gioco di proiezioni che enfatizza e distingue aspetti dell'io normalmente indistinti e confusi all'interno di ciascun individuo.
Ringrazio tutti per la gradita partecipazione alla interpretazione del racconto e per gli interventi di alta qualità. "Il romanzo lo scrive chi legge" direbbe Calvino. Felice settimana.

Anche il nome "William Wilson" non è un caso. La lettera "W" è simbolo della duplicità; il suo stesso nome è "doppia V". Quindi abbiamo un doppio nome, una doppia iniziale, ed una lettera "doppia". Un altra ragione per cui la duplicità è la vera protagonista di questo racconto.