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L’Asse Roma-Berlino-Tel Aviv

di Pietro Ferrari
6 minuti

Giulianova. Intervista ad Andrea Giacobazzi sul libro “L’Asse Roma-Berlino-Tel Aviv”
sarà presentato il 4 febbraio al Circolo Il Nome della Rosa ore 21:30.
 
Negli ultimi due anni ho avuto modo di apprezzare per l'originalità tre libri: "L'altro Che" di Mario La Ferla (che racconta il Che Guevara icona della destra radicale neo-fascista), "Perchè Stalin creò Israele" di Mlecin (che annulla il preteso antisionismo staliniano) e "L'Asse Roma Berlino Tel Aviv" di Andrea Giacobazzi, troppo documentato per essere considerato una semplice "provocazione culturale": Forze del Bene & Male Assoluto hanno avuto "scandalosi quanto incoffessabili flirts"? Ecco che la storia cessa di essere paradigma di pigrizie consolidate, cessa di svilirsi in oleografìe semplicistiche per tornare ad essere studio, dubbio, complessità e meraviglia. Ecco che la narrazione compiacente lascia il posto alla riflessione, al "tornare sulle cose", creando insopportabili fastidi a destra e a manca. La storia del sionismo si è dunque intrecciata con quella dei fascismi europei e non solo limitatamente alla sua componente revisionista. Una serie di domande da porre all'autore mi sono sembrate doverose:
 
1) Claudio Mutti e Alberto Rosselli hanno descritto l’infatuazione arabo-islamica per i regimi degli anni ’30 in Europa e il variegato e complesso intreccio di strategìe che coltivarono insieme in funzione antibritannica, lei come giudica questi rapporti alla luce della sua ricerca per certi versi speculare?
 
Il principio era simile. Mussolini aveva certamente meno pregiudiziali di Hitler nel confrontarsi con quel mondo ebraico che così insistentemente voleva avere un suo spazio nel Mediterraneo, un mare strategicamente importante per la Gran Bretagna e fondamentale per l’Italia. Ridurre però la questione all’aspetto anti-inglese non è corretto. I nazionalsocialisti, dal canto loro, non mancavano di guardare con attenzione al sionismo: li avrebbe facilitati nello svuotare l’Europa dagli ebrei. In questa ottica si svilupparono contatti, collaborazioni e accordi. Inoltre, c’è l’aspetto ideologico: anche il sionismo è un erede del nazionalismo e molti aspetti della cultura ebraica presenantano caratteri tutt’altro che inclusivi.
 
2) Quanto eredita il differenzialismo sionista dal clima culturale europeo del XIX Secolo e quanto invece, dal messianesimo del giudaismo novotestametario?
 
Il sionismo è una riedizione – ben impastata con elementi moderni – di ciò che era l’ebraismo tradizionale. Una riedizione certamente deformata, nazionale-statale, e contrapposta alla dottrina del rabbinato, i cui esponenti – per anni – guardarono con indifferenza o disprezzo ai tentativi di ricostruire uno stato ebraico. Molto si è scritto su messianismo e sionismo. Per come intesa dal rabbinato “ortodosso” la colpa del sionismo sta proprio nel voler forzare la volontà divina, fondando uno stato ebraico senza l’attesa del tempo messianico.
 
3) Cosa spinse Vladimir Jabotinsky ad avvicinarsi al nazionalista ucraino Simon Petliura, intriso di antigiudaismo?
 
Petliura e le sue “truppe” ucraine erano considerati pericolosi e violenti antisemiti dalle comunità ebraiche del paese. Nella lotta anticomunista che attraversava l’Ucraina dopo la prima guerra mondiale, Jabotinsky decise di studiare un accordo con il leader “nazionale” Petliura per scortare con una gendarmeria ebraica le sue truppe ed evitare così violenze ai danni dei giudei nella lotta che si stava conducendo contro i comunisti. La proposta generò moltissime accuse da parte ebraica contro Jabotinsky, che era un fervente anticomunista ed un ammiratore del nazionalismo.
 
4) La scissione di Avrham Stern dall’Irgun all’interno del revisionismo sionista, fu connaturata da differenze ideologiche rispetto all’altalenante Jabotinsky?

Stern era per natura un rivoluzionario, con tutta l’idealità e la “follia” che sono proprie dei rivoluzionari. Era pronto a tutto pur di debellare il giogo britannico sulla Palestina, anche di legarsi alle forze dell’Asse. Aveva studiato in Italia ed aveva ammirazione per molti aspetti della politica mussoliniana, il suo nazionalismo era – se possibile – ancor più forte di quello jabotinskyano, certamente era meno “politico”. Allo scoppio della guerra la sua linea entrò in netto contrasto con il leader revisionista e si arrivò alla scissione da cui nacque l’ “IZL in Israel”, poi “Lehi”, che tenterà di mettere in campo un’alleanza di guerra con la Germania di Hitler.
 
5) Quali caratteristiche della figura di Joseph Trumpeldor, addirittura ufficiale zarista, ispirarono la nascita del gruppo paramilitare del Betàr in Lettonia?
 
È il soldato-modello del Betar, il movimento giovanile di ispirazione sionista-revisionista. Il Betar sommava in sé elementi militaristi e nazionalisti. Trumpeldor era esattamente questo: un militare nazionalista pronto ad ogni sacrificio per la sua terra. Morì in un attacco arabo a Tel Hai nel 1920.
 
6) Secondo lei, la lettura del suo libro infastidirà più gli ambienti di una certa destra radicale o quelli moderati e/o progressisti imbevuti dalla storiografìa “ufficiale” (cioè di propaganda)?
 
Scrivere questo libro mi è servito per riscoprire la complessità del passato. La storia semplificata e propagandistica cessa di essere “storia” per diventare qualcosa di ideologicamente appagante. Ho riscontrato approcci molto trasversali sia per quanto concerne l’approvazione sia per le critiche.
Grazie ad Andrea Giacobazzi....la storia o è revisionista, o non è affatto.

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Commenti

Grazie mille.
Sono d'accordo con te, la storia non è e non può per, sua propria natura, essere oggettiva e quindi narrabile come fosse fotografia di un paesaggio. Casomai, per restare nella metafora, LA STORIA è SIMILE AL RITRATTO DI UN PAESAGGIO DOVE L'APPORTO SOGGETTIVO DELL'ARTISTA è DETERMINANTE OLTRE CHE, SOPRATTUTTO, DEFORMANTE. ECCO PERCHE' NON POSSO CHE ESSERE D'ACCORDO CON CHI SOSTIENE CHE LA STORIA LA SI PUO' RACCONTARE SEMPRE E SOLAMENTE, PERò, TENENDO CONTO DElLA SUA REVISIONIBILTA' O CONFUTABILITA'.
Lo devo leggere prima di giudicare......ero rimasto al Gran Muftì di Gerusalemme che simpatizzava col nazionalsocialismo, alla Spada dell'Islam data in Libia a Mussolini, ai baathisti che partecipavano alle adunate runiche in Germania....e ad Hitler che avrebbe preferito per l'Europa, la vittoria dell'Islam contro Carlo Martello mentre inaugurava l'inizio della ferrovia da Berlino a Baghdad...
Vero! Comunque se vorrai venire domani sera a Giulianova, ne parleremo alla presentazione!