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Il Libro...LA COSCIENZA DI ZENO

di Maria Cristina Marroni
3 minuti

Con “La coscienza di Zeno” Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz) realizza uno dei romanzi più significativi della letteratura italiana del Novecento. I lettori, per molto tempo indifferenti allo scrittore triestino, con il terzo romanzo se ne sono infatuati.

“La vita è originale” avrebbe ricordato Zeno, pertanto anche la letteratura ha l’obbligo di essere innovativa. Il pubblico non va sedotto, con argomenti popolari e una scrittura accessibile, ma va educato a un gusto differente.

Svevo dismette l’abito verista, ma non per indossare i lussuosi e ricercati abiti dannunziani. Prima di vestire il corpo, bisogna pensare a non far raffreddare l’anima. Che poi è sempre l’anima dell’uomo qualunque. Allora non basterà avvolgerla nella seta o nel velluto, semmai in un tessuto grezzo e spesso.

Gli occhi del verista sono offuscati dalla cataratta. Per tornare a vedere restano solo due vie: operare e rimuovere l’ostacolo, oppure guardare con l’occhio della psiche, quello che si guarda dentro, fin nelle viscere. Freud docet. L’occhio di Svevo “stravede, vede oltre, senza che la vista sembri visione”. Oppure ha il “morbo di Basedow”: l’occhio è proteso a guardare oltre.

Il protagonista del romanzo, Zeno Cosini, è un uomo benestante che può dedicare alle proprie inquietudini di nevrastenico molto tempo, poiché vive con pigrizia gli impegni lavorativi. Su  sollecitazione del proprio psicanalista egli scrive le sue memorie, curando gli intimi e sottili processi psicologici più che l’andamento esteriore dei fatti (le vicende che lo conducono, innamorato di una bellissima ragazza, a sposare infine la sorella brutta; il successo che, inaspettatamente, lo seconda negli affari, mentre sfugge all’astuto e affascinante cognato Guido cui pareva destinato); descrivendo anche le sue inquietudini e manie, come il vizio del fumo, dal quale vorrebbe guarire, mentre ne elude ogni volta il proposito concedendosi un’”ultima sigaretta”. Il dissidio interiore viene ad assumere dimensioni tragiche. Per disintossicarsi, Zeno entra in una clinica ma qui, mentre teme che la moglie lo tradisca, corrompe infermiere e inserviente per ottenere di contrabbando “l’ultima sigaretta”.

Zeno vive un rapporto complicato con il padre, un borghese affermato. Alla pesantezza del padre il figlio opporrà la leggerezza, perché libero da ogni fardello morale, religioso, culturale.
Zeno “è un fannullone e un farfallone amoroso, un miscredente, un accanito fumatore, uno spendaccione, ama il gioco e non prende mai sul serio la vita”. Come pure la vita irride affettuosamente al personaggio.

Come un bimbo che si trovi in difetto, perché ha commesso una marachella, Zeno dice bugie. Sempre, però, originali. ”Son felice – scrive Ettore Schmitz alla fidanzata Lidia Veneziani-  soltanto quando sento muovermi nella grossa testa delle idee che credo non si muovano in molte altre teste”. Zeno finge di mentire a se stesso e invece mente realmente allo psicanalista, che ha la pretesa di metterlo a nudo. Solo il medico vede il re nudo, per tutti gli altri lui è vestito.

Svevo è uno scrittore originale, ha colto nei propri personaggi non la morte dell’anima, ma i segni della nevrosi. E ne ha parlato spudoratamente. L’anima, si sa, è corruttibile e l’uomo “è capace di mettersi la mano sul cuore e di pensare ai soldi”.
 
 

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"Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli di ogni genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora."
"Già alle prime parole che scambiammo sentii qualche stonatura, ma la stonatura è la via all'unisono" Italo Svevo è indimenticabile.
Una notte il padre di Zeno è certo di sapere qual è il senso della vita e vuole dirlo al figlio. Zeno lo guarda in modo così sfottente che il padre si blocca, smontato: non può parlarne a uno che ride di tutto. Il riso, la leggerezza, la superficialità, l'inettitudine, il fumo, il disordine, la bugia, lo sperpero, la bizzarria, la follia sono alternativi a ciò che il padre ama e rispetta. Il padre è un personaggio che viene dall'Ottocento positivo, realista, razionale, ordinato, austero e saggio; Zeno oppone la propria gratuità, frivolezza e irrealtà alle esistenze motivate e salde del padre, di Ada e di Carla. (...) Zeno, a sentire il padre, ride di tutto. Ci ha messo del tempo Svevo per trovare così ridicola la vita: almeno venticinque anni, quelli che passano fra la tragica "Senilità" e la comica "Coscienza di Zeno". La vita non gli fa più paura e ora ne può ridere (il riso che, secondo Freud, è un efficace antidoto contro ciò che prima suscitava panico). L'ha addomesticata, a patto però di ammettere che essa ha perduto ogni valore. Ora che è quasi vuota la vita può essere presa con leggerezza.
Il fumo è giovinezza, povertà libera ed anche ironia . La sigaretta è il piacere perfetto che lascia insoddisfatti .(cosa c'è di migliore !). Fumare è la cosa più poetica che si possa fare .con l'ode alla. Sigaretta inizia il poderoso romanzo di300 pagine faticose da leggere . Il personaggio è un uomo indetto a vivere ,personalmente antipatico , perché troppo immersio nei propri pensieri . Sigarette , mal di vivere e.... Paura delle malattie ; perché il malato è controllato dai medici e quindi non è più libro ! Anzi diventa schivo di questi apprendisti stregoni in camice bianco che si offrono la ricetta a chi ah paura di morire. Zeno non ha queste paure, non vuole vivere da malato permorire da sano ! Il romanzo si conclude con una profezia: il nostro tempo è malato e,le nostre coscienze sono malate , la nostra vita è malata. La società precipita verso la catastrofe morale e materiale. Tutto questo lo scriveva 100 anni fa !!!....zeno quindi si conclude spegneva insieme alla sua ironia ed all'immancabile ultima sigaretta . aurevoir
ripeto il commento con preghiera di annullare e sostituire quello inviato alle ore 10 e 10 (irto di lapsus in calami stravolgenti, dal sen fuggito prima di esser riletto!): grazie.......................................................... IL FUMO E GIOVINEZZA, POVERTA' LIBERA ED ANCHE IRONIA. La sigaretta è il piacere perfetto che lascia insoddisfatti ( cosa c'è di migliore!). Fumare è la cosa più poetica che si possa fare. con l'ode alla sigaretta-oggi sarebbe politicamente scorretto - ha inizio il poderoso romanzo di 300 pagine, faticose da leggere.il personaggio è un uomo inetto a vivere- personalmente mi è antipatico- perché troppo immerso nei propri pensieri. personaggi secondari ma non meno importanti sono i medici. infatti otre alle sigarette, al mal di vivere è presente la paura delle malattie. Il malato è controllato, condizionato, manilolato dai medici, quindi non è più un uomo libero (psicanalisi)! anzi diviene lo schiavo di questi apprendisti stregoni con il camice bianco che offrono la ricetta, a chi ha paura di morire. Ma zeno non vuole vivere da malato per morire da sano! il romanzo si conclude con questa profezia: il nostro tempo è malato, le nostre coscienze sono malate, la nostra vita è malata; la società precipita verso la catastrofe, morale e materiale. Badate bene, tutto questo veniva scritto 100 anni fa!!..dopo di ciò ZENO COSINI si spegne con la sua ironia e.....con l'immancabile ultima sigaretta...........a la bonne heure.