Il pamphlet “La dittatura dell’ignoranza” di Giancarlo Majorino, poeta, critico letterario e docente di Estetica e analisi della scrittura, è una riflessione lucida sulla conoscenza, sulla libertà e sulla giustizia e insieme una stigmatizzazione dell’ignoranza, assurta a paradigma della vacuità sociale e individuale.
L’ignoranza rende inermi, acquiescenti e succubi del potere. Senza cultura si abbassano le difese immunitarie contro la schiavitù del pensiero; la capacità critica si annulla e ci si rende inadatti a discernere il vero, da ciò che come vero ci viene rappresentato.
Per evitare di diventare servi, occorre spostarsi e “muoversi su un terreno non previsto, liberamente e autonomamente generando, eventualmente anche ironizzando, qualcosa di impreveduto, qualcosa che disorienti”.
L’ignoranza si espande vieppiù alimentata dai mezzi di informazione di massa, che, penetrando facilmente in ogni casa (al contrario dei libri, che devono essere scelti e desiderati), condizionano i giovani e rimbecilliscono gli adulti. I prodotti televisivi, con rarissime eccezioni, esasperano le funzioni consolatorie, spesso oltre il limite della necessità degli utenti e sviliscono il linguaggio, facendo regredire il pubblico a un uso infantile della lingua.
“Alla tivù gli errori galleggiano dalla mattina a sera e ritorno; uomini politici influenti non solo mostrano disinteresse per le capacità del linguaggio (e del pensiero) ma possono tranquillamente sparare dichiarazioni, promesse, minacce anche gravi, il giorno dopo giurando di esser stati fraintesi”.
E naturalmente gli spettatori, da buona fila obbediente, non sono in grado di smentire l’impostura, perché impegnati a guardare le figure più che a considerare i discorsi.
Sull’immagine deve tornare prevalente la parola, perché “quasi nessuno sente più la molteplice presenza della realtà, delle voci, dei corpi entro ogni frammento parlato (meno che mai, quando è scritto)".
Majorino auspica il recupero della cultura e dell’arte come strumenti di resistenza e di elevazione.
“E’ possibile andare al potere se non si è ignoranti? -si chiede l’autore- Una condivisione di umori, preferenze, stile di vita tra chi comanda e chi elegge, è la nuova mistura vincente, non l’esame dei programmi, la statura morale degli eleggibili, l’assunzione di responsabilità estranee alla ricerca del profitto”.
Quella di eleggere ignoranti è la dittatura che ci siamo autoimposti. Senza i valori morali, l’arte e la cultura, si perderà l’occasione di un mutamento sociale radicale. Ma infondo questo ai potenti fa comodo, perché così continueranno a fotterci senza grane.
Maria Cristina Marroni
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