Caro Falconi,
scusa se approfitto ancora della tua ospitalità, ma vorrei far notare lo strano modo di argomentare del mio amico Antonio D’Amore.
Quando si vede sorpreso con il dito nella marmellata, fa come i bambini. Accusa della marachella il fratello più grande, nel nostro caso il suo ex direttore (che, ahimè!, sono io…). Un po’ indispettito, passa ad elencare i nomi dei nove supernotabili per i quali a suo dire avrei predisposto una specie di zona franca iperprotetta da rischiose incursioni barbariche. Gli ho spiegato che, se era “un’azione di lesa deontologia”, avrebbe potuto e dovuto rifiutare l’incarico professionale ricevuto. Invece, non lo fece. Anzi…Assicura che era tutto nella norma e nelle competenze del direttore, che in redazione -conferma- è il dominus, il monarca assoluto e incontrastato.
Allora? Perchè tornarci sopra, a distanza di anni?
Devo ancora capire se per compiacersi (ora che anch’egli assurge ai privilegi dirigenziali) o per scandalizzarsene. Sono i soliti ragionamenti…a pera, quando il buon Antonio fa muro per svicolare, schivando argomenti fastidiosi e certamente più seri. Come quelli, per esempio, di un cronista alle prese con il potente, durante una intervista che risulti seria e credibile.
Se Antonio vuole cogliere meglio la sostanza di ciò che intendevo dire, può andare a leggere “Il Centro” di sabato 24 dicembre u.s., pag. 18, dove trova una polemica dichiarazione di Camillo D’Alessandro, presidente del gruppo regionale del PD, che al governatore Chiodi contesta:”…Sono passati tre anni dalle elezioni…Sfido pubblicamente il Presidente a volersi confrontare su questi tre anni:scelga lui il luogo, moderatori e modalità, purché non sfugga ancora”. Questo vuol dire (e spero di non sbagliarmi) che l’ottimo Gianni Chiodi non è come il rimpianto “Zio Remo” e non va ovunque a esporsi, parlare, rispondere.
Il nostro buon Antonio, invece, ha ottenuto il privilegio e la fortuna di avere il n. 1 della Regione Abruzzo tutto per sé, “in esclusiva” e a lungo, nel tranquillo salotto della tv di famiglia. Avrebbe potuto approfittarne con domande precise, incisive e urticanti, a beneficio di noi ascoltatori e, forse, dello stesso Governatore.
Cosa che non mi sembra di aver visto e ascoltato, e da vecchio del mestiere, soprattutto da telespettatore, ho voluto garbatamente segnalare. Convinto come sono, d’accordo con un illustre maestro della materia, che “la crisi del giornalismo si può guarire solo con la cura del buon giornalismo”. Quella che, spesso, manca…Vogliamo discuterne?
Facciamolo. Anzi, dobbiamo farlo nel bene o nel male, a patto che lasciamo perdere riferimenti e insinuazioni personali che vengono da chi purtroppo ama sprecare tempo prezioso, perseverando in squalificanti polemichette provinciali.
Grazie per l’attenzione e molti cordiali saluti.
PS- Non amo parlare di me (l’incenso lo lascio tutto a chi ne abusa spesso e volentieri), ma una notazione devo farla a proposito di “Parliamone insieme”, mia vecchia trasmissione televisiva notoriamente di notevole successo ed ascolto. Conservo alcune registrazioni che possono documentarlo, ma ci sono tanti telespettatori di allora, pronti a confermarlo.
Se non tocco la suscettibilità di chi sa tutto e non accetta consigli, quella trasmissione potrebbe essere riguardata e studiata. Magari per mettere a fuoco ciò che determinava la fortuna d’un talk-show in diretta, che davvero funzionava. Se poi Antonio D’Amore volesse farmi visita ai giardini pubblici, dove ha avuto la bontà di esiliarmi, potrei spiegarglielo ancora meglio.
Marcello Martelli
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Con la storia dei numeri, qui perdiamo di vista il problema principale: il giornalismo teramano prostrato davanti al potere. Se D'Amore, per rispondere, si affida agli aforismi di Borges, vuol dire che è cotto, masticato e digerito. D'altra parte non crederà davvero che il suo tono aggressivo, solo in quanto tale, ci convinca della sua sbandierata libertà? Lo abbiamo visto pubblicare sondaggi in favore di Brucchi, inchinarsi alla linea editoriale di Tancredi e alla sua Corte, soffiare il venticello della non notizia contro Gatti, dileggiare Catarra .. I conti tornano tutti, per chi sa contare, caro D'Amore. Lei, signor "direttore", dominus, dio (e chi più ne ha più ne metta), è - purtroppo - solo la punta dell'iceberg del giornalismo teramano agonizzante. Quello che si vede più, ma solo perchè sfacciatamente crede di poterci turlupinare con un'arroganza senza pari. Sappia che "accà nisciuno è fesso".
Caro Sandro, io censuro solo la maleducazione e le offese personali. Quelle rivolte nei miei confronti sono tutte state pubblicate. In fondo è pubblicità per i miei difetti. Grazie per la critica. Buona serata.