Da qualche tempo la “questione Abruzzo” è tornata al centro della riflessione della società civile.
Sulla stampa e in rete, negli editoriali più o meno autorevoli, nei forum, nei convegni e nei tavoli tecnici ci si interroga sul futuro da disegnare per la nostra terra. È in questa ottica che si è dato vita al “Patto per lo sviluppo dell’Abruzzo” ovvero ad un accordo siglato meno di un anno fa tra la Regione Abruzzo, le organizzazioni sindacali e le associazioni di categoria, al fine di individuare scelte strategiche e di fissarle poi, sull’agenda politica. Si tratta di un invito aperto a tutte le forze politiche e sociali, perché cooperino ed agiscano sinergicamente e responsabilmente.
Ma a distanza di pochi mesi esso si è già incrinato. Qualcuno si è defilato, denunciando la mancanza di strategia e di convergenza tra le parti. Qualcun altro, invece, sembra avere le idee piuttosto chiare, come ad esempio Confindustria, secondo la quale, la risposta alla crisi globale, cui l’Abruzzo non può sottrarsi, impone meno burocrazia, chiede di agire sul credito, di ripensare alcuni strumenti come la valutazione di impatto ambientale, di favorire gli investimenti nell’industria energetica e di ripensare il sistema universitario.
Un Forum organizzato da un quotidiano a tiratura regionale, in cui si è parlato del Patto per lo Sviluppo dell’Abruzzo, è stata la spinta definitiva che ci ha indotto a formulare questo appello.
Senza nulla togliere al Forum, il quale è sicuramente stato utile per trovare nuovi punti di confronto tra le parti attive della società abruzzese, sinceramente pensiamo, leggendo il sunto di quell’incontro, che se al posto dei politici, degli economisti, degli industriali e degli artigiani, si fossero seduti a parlare dell’Abruzzo, dei cittadini qualunque, di diversa estrazione sociale e specializzazione, si sarebbero dette le stesse identiche cose. Magari non avrebbero usato termini ricercati come “spending review” o “orografia del territorio”, ma il succo sarebbe stato lo stesso .
La nostra non vuole essere una critica. Vorremmo solo evidenziare quei temi che sono sotto gli occhi di tutti e che raramente vengono portati al centro delle strategie di crescita perseguite dalle classi dirigenti abruzzesi. Ce lo chiediamo qualche volta, di che pasta è fatta la nostra Regione?
L’Abruzzo è una regione compresa tra il mare Adriatico e l’Appennino centrale. Il suo territorio è coperto al 65% da montagne, al 34% da colline, all’1% da pianure ed ha 129 km di costa.
Possiede tre Parchi nazionali, un Parco regionale, 38 aree protette (tra oasi e riserve) e, con quasi il 40% del suo territorio posto sotto protezione, è la prima regione in Italia in fatto di tutela ambientale.
Quando il mondo guarda o pensa all’Abruzzo, guarda e pensa alle sue bellezze naturali, alla sua agricoltura di pregio, al suo artigianato, alla sua piccola e media impresa, alla sua cucina, al suo mare, alla sua gente forte e gentile. Non certo al triangolo industriale del nord ovest italiano, che qui non c’è e che non potrà mai esserci per ovvie ragioni. Sarebbe sufficiente sfogliare le pagine dei giornali più noti di tutto il mondo: New York Times (USA, 11 aprile 2010), The Guardian (UK, 23 gennaio 2010), The Sidney Morning Herald (Australia, 13 aprile 2008), The Wall Street Journal (USA, 1° gennaio 2008), New York Post (USA, 9 ottobre 2007); The Financial Times (UK, 29 giugno 2007), The Sun (UK, 16 giugno 2007), Globe and Mail (Canada, 30 settembre 2006).
Si tratta allora di decidere e dire chiaramente se questa nostra terra deve continuare ad essere la “Regione verde d’Europa” o se, al contrario, il suo patrimonio naturale, storico, artistico e culturale siano ormai diventati un peso per la crescita della Regione.
Ma se si conviene che l’Abruzzo deve restare la “Regione verde d’Europa”, allora non si può più pensare di generare posti di lavoro in settori che non hanno le gambe per reggersi.
Non si può più pensare di costruire termovalorizzatori in ogni provincia, quando già uno solo di essi sarebbe sufficiente a bruciare i rifiuti di tre Regioni, e di trasformare questa terra nel centro di stoccaggio nazionale dei rifiuti, con il problema ulteriore di non sapere dove poi ricollocare i rifiuti tossici derivanti dalla combustione.
L’Italia è il secondo Paese con il maggior numero di inceneritori d’Europa, ma a differenza di tutti gli altri Paesi, gli impianti italiani sono quelli che trattano il minor quantitativo di rifiuti. Su una media europea di 147.207 tonnellate/impianto, in Italia si trattano, in media, meno della metà dei rifiuti ad Inceneritore.
Questo vuol dire che, se ci fosse una migliore gestione degli impianti già esistenti, non avremmo minimamente bisogno di costruirne degli altri; senza contare che, costruire dette industrie insalubri, comporterebbe la scomparsa di numerose aziende agricole e viti-vinicole abruzzesi, che ogni giorno portano l’eccellenza sulle tavole degli italiani.
Non si può più pensare di perforare in lungo e in largo la Regione, costruendo magari raffinerie e sognando che diventi una piccola Dubai, quando tutti dovrebbero sapere che nel sottosuolo non c’è il petrolio degli Emirati Arabi Uniti.
Non si può più pensare che le località montane della Regione siano solo dei villaggi, buoni per la vetrina mediatica elettorale ed invisibili agli occhi della politica e alle infrastrutture da loro progettate.
Non si può più pensare che la cementificazione forzata sia il volano della nostra economia e che l’urbanizzazione selvaggia sia fonte di ogni progresso e crescita. Forse lo sarà per qualcuno, ma non per molti.
Sicuramente la Regione Abruzzo ha bisogno di un cambio di marcia e di riforme strutturali ma certamente, il patto per lo sviluppo dell’Abruzzo non sta andando nella direzione auspicata. Basterebbe visitare il sito “Abruzzo per lo sviluppo” per capire che sia così (www.abruzzosviluppo.it, dove sono pubblicati alcuni avvisi relativi alla ricerca di personale qualificato in attività estrattive)
Occorre invertire al più presto il senso di marcia. Lo sviluppo, il progresso, la crescita si ottengono investendo nella tecnologia, nelle menti e nelle idee e non investendo in settori che non sono in condizione di competere nel libero mercato.
Anche perché abbiamo tutte le potenzialità per affrontare le sfide che il futuro ci prospetta, il Know-How posseduto dagli abruzzesi nella tutela del territorio, nella riqualificazione del patrimonio storico, artistico, architettonico, ambientale e paesaggistico, è la base fondamentale sulla quale costruire un futuro diverso e migliore, al centro delle politiche nazionali ed europee.
Se a questa conoscenza aggiungiamo parole come “Sviluppo Compatibile” e “Ricerca”, avremo finalmente trovato la strada maestra, con la quale questa Regione riuscirà a mostrarsi attrice protagonista dei nuovi scenari politici continentali, come, ad esempio, all’interno delle Macroregioni europee.
Per competere davvero nel mondo globalizzato l’Abruzzo ha bisogno di investire in quello che ha, non in quello che non c’è.
Occorre valorizzare al meglio i suoi beni, reali e non artificiali. Solo così potremo ancora coltivare la speranza di primeggiare in Italia.
Rivolgiamo questo appello a tutte le Istituzioni, agli Enti, a tutte le forze politiche, alle associazioni interessate, alla meravigliosa e sensibile società civile abruzzese, al fine di trasmettere al “Patto per lo Sviluppo”, l’indirizzo strategico che gli abruzzesi vorrebbero vedere attuato nel loro territorio.
Noi ci crediamo, crediamoci insieme.
Stefano Alessiani
Per aderire all’appello:
Referente
Alessiani Stefano
Contatti:
abruzzosviluppo@gmail.com
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