Ciao Giancarlo,
la tua lettera inviatami a Viterbo è giunta quest'oggi a Castrogno, dopo avermi stranamente seguito nell'ennesimo tour per le carceri italiane.
Dico stranamente perché devi sapere che questo che io definisco regime aveva iniziato anche a sciacallarmi la posta a Viterbo.
Ti dirai: questo sta esagerando.
No Gianca', un bel giorno una persona che lavora nel carcere mi ha gettato in cella un pacco di lettere a me indirizzate e mi ha detto: tutto sopporto tranne questo, non dirlo a nessuno... Si Gianca', questo è quello che è successo, sai che cazzate non ne dico.
Detto ciò volevo ringraziarti per il bell'articolo che mi hai allegato, sei riuscito in poche righe a sintetizzare e rendere l'idea di ciò che io, ma soprattutto i miei cari, stiamo vivendo. Le domande che poni sappi che non saranno mai soddisfatte, tuttavia hai dato un senso alla parola umanità e questo vale più di cento risposte.
Umanità che, nel mondo in cui ora vivo è del tutto assente e fidati che ne basterebbe solo un pizzico per migliorare la vita di migliaia di detenuti. Non voglio però soffermarmi sul problema delle carceri, l'ho fatto già in tante mie lettere, piuttosto voglio ragionare su un pensiero che mi porta spesso a pormi quesiti di difficile soluzione.
Tu sai che la mia non è una condanna definitiva ed è solo grazie al reato che è di epoca fascista che possono tenermi in custodia cautelare il tempo previsto per chi compie un delitto. Essere poi un detenuto politico mi da tante attenzioni, non puoi neanche immaginare quante. Io non lo so a che gioco lo stato stia giocando con me, mi viene difficile capirne la logica, non capisco proprio a che punto voglia arrivare, l'unica cosa di cui sono sicuro è che giorno dopo giorno, abuso dopo abuso, trasferimento dopo trasferimento sto immagazzinando un odio che mai avevo provato.
Si dice che il carcere debba reinserirti e rieducarti ma l'unica educazione che io sto ricevendo è quella criminale.
Qui ti “formano” su come fare rapine, su come truffare, ti specializzi nel ramo dei furti, nel settore dello spaccio ed entrare in contatto con “agenzie di lavoro” che possono garantirti un impiego redditizio è facilissimo. Queste specializzazioni, insieme all'odio che sopra citavo, ho paura possano cambiarmi radicalmente.
Mi sto chiedendo quindi a cosa serva questa galera: a farmi desistere? A farmi smettere di credere nelle mie idee? Ad allinearmi al sistema? A cambiarmi? A convincermi che lottare non serva a niente? Caro Giancarlo la galera mi ha solo reso più consapevole e convinto che i valori in cui io credo sono giusti e che per questi vale la pena lottare con tutti noi stessi; sono sempre più sicuro che non bisogna mai abbassare la testa e accettare passivamente le decisioni che altri vogliono prendere per noi, e posso dire ad alta voce che la galera non è la soluzione, ma parte del problema.
Nel tuo articolo ti rivolgi a papa Francesco con un appello, anche io voglio farne uno rivolgendomi a tutti i lettori del tuo blog: lottate per un mondo migliore, pensate con il vostro cervello, combattete contro ogni ingiustizia. La libertà è nel nostro cuore.
Determinato a non cadere nella trappola dello stato ti mando un forte abbraccio. Salutami la nostra Teramo,
Davide
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