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L'Altro 8 Dicembre

di Miss Marple
4 minuti

L'8 dicembre. L'Immacolata. Il giorno, meglio la notte dell'anno, in cui, fino a non tantissimo tempo fa, la nostra città si accendeva, in più punti, di luci e bagliori: erano le fiamme dei “focaracci” che illuminavano il buio e il freddo. Come da tradizioni antichissime. Se chiedete a qualcuno solo un po' avanti negli anni, loro se li ricordano bene, quei fuochi. L'attesa. I rami raccolti con pazienza e anche devozione. Il caldo e il crepitìo delle fiamme. Atmosfere di altri tempi. Anche domani sarà l'8 dicembre. L'Immacolata. E la città tornerà ad accendersi per il “pacchetto” di luci, suoni e  illusioni natalizie. C'è che s'accende? Intanto si accendono le luminarie. Tante. Dappertutto. Perchè tutto risplenda e sfavilli in modo convincente. Corso San Giorgio, corso de Michetti, corso Cerulli. Coreografie scelte, e buone per ogni occasione cittadina che si rispetti, artisti di strada e trampolieri. Si accende la filodiffusione con le canzoncine di Natale.Il classico, energetico jingle belles perchè contribuisca a dare una sferzata allo shopping natalizio indebolito e andato in affanno per gli effetti della crisi e poi Bianco Natale e Last Christmas  che forse è sconsigliabto quest'anno visto che ci riporta dritti agli splendori farlocchi degli anni'80 quando  si aveva la certezza di essere un po' più ricchi. Si accendono i presepi. Si accendono le lotterie.Siaccendono le letterine e sene potrebbero vedere, anzi leggere, delle nbelle se mai davvero i teramani si decidessero di scrivere a Babbo Nataele nella foga si facessero prendere la mano e vuotare il loro di sacco, pieno di richieste. Di amarezze. Di ore di cassa integrazione straordinaria. Si accende il Natale di facciata. Quello in cui si deve votare allo shopping e raccattare l'ultima cosa che uno comprerebbe in un altro periodo dell'anno. Una lavagna ed un gessetto per tirare una bella linea bianca dritta. Di qua il Natale dei focaracci. Del profumo delle crostate di mele lasciate a bollire nella pentola e il profumo che si arrampica per casa e si intreccia con quello dei mandarini. Dell'essere circuiti da un pensiero più buono di quelli dell'altro resto dell'anno e d' essere pure tanti dal metterlo in pratica. Delle palline di vetro superstiti da decenni di Natali trascorsi e da andare a prendere negli scatoloni in soffitta. Del presepe con le statuine un po' sbeccate di quando eravamo bambini con la carte stellate del cielo attaccata sul muro stando attenti a non rovinarlo. Di là il Natale dei pandori annegati nello zucchero a velo perchè l'unico pandoro che può far stare bene in questi casi è il pensiero du un Pandono per chi davvero con il Natale non ce la fa. Il Natale dei regali, degli auguri sparati a raffica dai cellulari con l'invia a molti così non porta via troppo tempo. Quello dei decori all'ultima moda con le palline coperte di boa e di cattivo gusto. Per cortesia non ce ne voglia l'assessore Campana e tutta la sua abilità di gran cerimoniere del Natale e di tutto il resto. Spegniamo un po' di luci. Abbassiamo un po' i toni e già che ci siamo anche i volumi delle carole natalizie. Periodi come questi meritano il profilo di una maggiore sobrietà che non vuol dire tristezza. Per il rispetto di quei teramani, e sono tanti, a cui la crisi non ha fatto sconti, allargando sempre più la forbice tra i vecchi, e nuovi, poveri, e chi invece partendo da situazioni più solide la crisi gli scivola addosso come l'acqua gelata sulle piume spalmate di grasso di un'anatra. Davvero, senza spingere troppo sul pedale del pessimismo ammattendosi  in modo lineare all'oggettività dei fatti, dei dati, dei numeri c'è davvero molto poco da accendere. Per cortesia, se proprio dobbiamo accendere qualcosa, ridateci i focaracci e scansiamo il più possibile tutto quello che suona finto, farlocco, stonato, sopra le righe, circense, sbandierato, volgare, eccessivo, strombazzato.  

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