Ci scrive Luciano Artese "Diversi anni fa in una passeggiata alla villa comunale, notai che una fioriera era costituita da un’urna romana con tanto di iscrizione.
Non avendola in seguito più notata avevo pensato che fosse stata destinata ad una diversa e più consona collocazione.
Invece poco tempo fa, l’ho rivista in mezzo al caos dei lavori, questa volta non più fioriera, ma, diciamo così terrario.
A questo punto ho fatto una rapida ricerca ed ho constatato che si tratta dell’ "Urna Interamniae", che faceva parte della collezione di Giovan Bernardino Delfico, che la riporta, ed è censita dal Mommsen nelle "Inscriptiones Regni neapolitani latinae", al n. 6174, e analizzata da diversi studiosi anche recenti che ne hanno sciolto così l’iscrizione: «C. Carfinius C F / QN Vel[ina] Capito».
Non ho specifiche competenze archeologiche, ma credo si tratti di un reperto significativo per il riferimento alla tribù italica; non ho neanche competenze nella conservazione dei reperti lapidei, ma chiedo se è corretto l’abbandono di un’urna con iscrizione, all'aperto e piena di terra.
Penso sarebbe opportuno trovarle un ricovero più adeguato, almeno coperto e con una segnalazione che indichi di che si tratta".
Caro Luciano,grazie per la sua sensibilità storica e civica.
Siamo sicuri che l'assessore alla Cultura del Comune di Teramo, il sindaco Maurizio Brucchi o il presidente della Commissione Cultura, Marco Tancredi, chiariranno l' Inscriptiones Regni neapolitani latinae censita dal Mommsen.
Ne siamo sicuri. Come siamo sicuri che troveranno un ricovero idoneo al reperto.
In qualche parte tra gli scavi archeologici....chiusi al pubblico.
L'unica soluzione?
Possiamo certificare che l'opera sia di qualche avo di Crocetti o di Pagliaccetti.
Sarebbe benedetta dal ministro Quagliarello.
La Cultura...è un'Urna Interamniae....votatela.
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