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Il Corrosivo. Magmatiche perturbazioni

di Elso Simone Serpentini
8 minuti

Magmatiche perturbazioni o effervescenti turbolenze. Possiamo sbizzarrirci nell’uso dei termini, se vogliamo ricorrere a immagini metaforiche per descrivere quanto sta accadendo anche da noi sul piano politico elettorale. Siamo immersi in un flusso di cui è estremamente difficile, se non impossibile, cogliere il senso rimanendovi dentro.

Abbiamo appreso da tempo a valutare con quanta difficoltà i significati dei grandi mutamenti storici siano sfuggiti anche ai più illuminati intellettuali che, protagonisti o testimoni, ma comunque contemporanei, avrebbero avuto gli strumenti adatti per coglierli, ma non sono riusciti a farlo. Solo a grande distanza temporale da alcuni eventi epocali è stato possibile, e non senza residui contrasti storico-interpretativi, capirne il senso e la portata. Figuriamoci, perciò, se è possibile sperare di riuscire a comprendere fino in fondo, con una qualche attendibilità di risultati delle analisi condotte - pur su piani molteplici - il senso di ciò che è accaduto nelle urne di recente.

E’ forte il desiderio, provando a darne un giudizio, di dire che “nulla sarà più come prima”.
Ma ci siamo troppo abituati a rimanere delusi per il fatto che, avendo espresso questo giudizio su altri eventi precedenti, in realtà tutto era rimasto esattamente (più o meno) come prima e che il cambiamento intravisto e creduto reale, non c’era stato.

Sì che anche questa volta occorrerà essere prudenti nel giudizio e aspettare più tempo prima di convincersi che qualcosa sia cambiato davvero.
Per questo mi limito a parlare di turbolenze, di perturbazioni, di magma, nel riferirmi a una serie di risultati elettorali sorprendenti, che in troppi hanno interpretato e stanno interpretando come indizi di un cambiamento profondo e irreversibile.
In che cosa consista il cambiamento e quanto profondo sia, se si possa parlare di un rinnovamento radicale invece che di una pura e semplice “sverniciatura” o “riverniciatura” della carrozzeria, è difficile dirlo.

Eppure molti lo affermano con esibita sicurezza e molti altri lo negano con risolutezza. Io mi pongo solo interrogativi e limitatamente allo scenario locale, perché per quello nazionale lascio il compito ad altri osservatori e ad altri interpreti dei mutamenti in atto.
La mancanza di una reale opposizione, intesa come radicale contrapposizione di temi, di argomenti e di soluzioni proposte, cioè di alternativa di amministrazione e di governo, oltre che di comportamenti morali e politici, non ha consentito alla minoranza storica, ultimamente quella di centrosinistra, di usufruire della richiesta di cambiamento radicale avanzata dall’elettorato.

Il PD è stato interpretato come un partito troppo legato ai propri riti, al proprio apparato e alle vecchie liturgie per poter meritare una fiducia elettorale, anche per i vecchi nomi riproposti nella stessa, solita, vetusta maniera, in una lista che è stata costruita con i vecchi metodi, dopo aver dato la netta impressione di non voler cambiare davvero la legge elettorale. L’attuale maggioranza, quella che amministra la Regione, la Provincia e il Comune di Teramo, ha avuto un’emorragia di voti, ma non tanto rilevante da consentire agli altri, esangui anche loro, di usufruire dei loro errori, avendone commessi altrettanti e perfino più gravi.

Così c’è stata l’esplosione nel vulcano della politica e delle richieste insoddisfatte e dalle viscere della terra è sortito quel magma indistinto e indifferenziato al quale mi sto richiamando metaforicamente in questo mio scritto, a partire dal titolo. Si dice che sia solo protesta e non proposta, si dice che coesistano in quel magma materiali diversi di diversa natura, proposizioni, quando solo tali, in contraddizione tra di loro, in un mescolarsi continuo di emozioni e di commozioni, che potrebbero, una volta solidificatosi il liquido incandescente, non portare a nulla di concreto e di duraturo, a nessun nuovo stabile edificio e a nessuna edificazione possibile.

Io non so dire, immerso come sono nel fluire delle cose e nell’acqua del fiume che scorre, se il voto quasi plebiscitario a cinque stelle sia di natura e di materia così fragile e friabile da non poter costituire la posa di fondamenta solide per reggere il peso delle rinnovate istituzioni. Non so dire se questa messe di suffragi si scioglierà al sole come la neve di marzo, se sul piano del voto amministrativo i consensi premieranno nuovi rappresentanti, nuovi volti, nuove presenze e se queste saranno abbastanza competenti e pure da poter rinnovare dall’interno i consigli rappresentativi e gli enti amministrati.

Non so dire se nella regione delle vecchie pratiche clientelari tornerà a verdeggiare la vecchia flora e a riprodursi la vecchia fauna,  se le vecchie volpi torneranno a insidiare le vecchie galline e i nuovi lupi ad essere lupi anziché pecore, come sono recentemente sembrate.  Per essere concreto, non so dire se a Grillo riuscirà a Teramo il miracolo che non riuscì nemmeno a Pannella, di sovvertire la situazione di una egemonia che viene da lontano, dal passato democristiano e dall’epoca della balena bianca.

Mi auguro che il rinnovamento investa anche la nostra città, le nostre contrade, la nostra provincia. Mi auguro che saltino (metaforicamente parlando) alcune teste che meritano di saltare e che altre sappiano prendere il loro posto, non ricadendo nei vecchi errori che hanno portato alla distruzione e alla decadenza. Temo però non tanto i “Danai portatori di doni” quanto i vecchi lupi che si ripresentano sotto le vesti degli agnelli e coloro che, gattopardescamente, pretendono di cambiare tutto affinché non cambi nulla.

Temo anche che qualche vecchio e impotente aspirante lettore della realtà, come il sottoscritto, possa o debba essere costretto ad annotare sui propri calepini eventi che si presentano solo con la forma, e non anche con la sostanza, del rinnovamento.
Temo che coloro che gridano più forte possano essere i primi ad abbassare la voce davanti ai nuovi potenti, che coloro che si agitano di più possano essere i primi a chetarsi e a ringuainare le proprie sciabole, così tanto veementemente esibite e agitate nell’aria.

Per adesso noto soltanto un magma incandescente, un accavallarsi di materie e sostanze diverse, rocce fuse, acque, altri fluidi e sostanze gassose in essi disciolti, che precipitano a valle in colate laviche che si sovrappongono in continuazione, rovesciandosi le lune sulle altre, componendo un quadro non troppo diverso da quello nel quale perse la sua vita Plinio il Vecchio per aver voluto osservare il Vesuvio in eruzione troppo da vicino.

Per adesso noto un continuo e dissonante frastuono, un disordinato miscuglio di suoni, alcuni dei quali sembrano strepiti,  e temo che esso possa rivelarsi un indistinto borbottio, come di fagioli che bollono in una pentola e che potrebbero risultare immangiabili per essere cotti troppo o troppo poco.
Temo ancor di più perché troppe volte anche le rivoluzioni hanno prodotto l’esatto loro contrario, quella francese portò all’Impero, quella russa ad una dittatura (proletaria solo di nome) e quella fascista ad un regime (monarchico e clericale).                                                             

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Il mio commento, Professore, potrà avere qualche imprecisione, in quanto non ho avuto la fortuna di averla come insegnante di storia. Il mio pensiero, in questo periodo di disordine, ottimamente descritto nel titolo che ha usato, mi fa tornare in mente i sistemi governativi delle più antiche egemonie. La paura della dittatura, purtroppo, ci farà riprecipitare dentro le fauci dei peggiori lupi del passato. Tornando alle antiche osservazioni, i governi più longevi hanno avuto in alternanza ripetitiva periodi di governo con regole democratiche e brevi periodi di dittatura assolutista. Ma, purtroppo, ci hanno imboccato così tanto, che con la situazione attuale, precipiteremo nella povertà assoluta senza che a nessuno dei lupi si faccia pagare qualcosa.