Salta al contenuto principale

Il Corrosivo. Come cani al guinzaglio (corto)

di Elso Simone Serpentini
8 minuti

Possono essere da caccia, da guardia, da compagnia o da salotto. Se sono da caccia, possono essere da lepre, da piuma e da riporto. Alcuni sono a pelo lungo altri a pelo corto, alcuni di taglia piccola, altri di taglia media o grande, alcuni di razza, altri bastardi. Abbaiano tutti, chi più chi meno e, a parte i pochi che sono randagi e vanno sciolti, la maggior di loro hanno un padrone e vanno al guinzaglio, corto. Non sto parlando di cani, ma di giornalisti. Anche quelli teramani non sfuggono alla classificazione di cui sopra, che potrebbe essere anche più dettagliata. Così li considerano i loro padroni e così amano sentirsi loro, che, privato di una cuccia e di una scodella, si sentono persi, così come quando non hanno qualcuno a cui leccare le mani.

Il massimo della cattiveria, per i loro padroni, è abbandonarli per strada, quando non riescono più, per una qualche ragione, a tenerli con sé. I loro padroni sono quasi sempre uomini politici, in cerca di consenso, non solo elettorale, e perciò di buona stampa. Sono rassicurati da un buon giornalista da guardia che difende loro e le loro proprietà, tengono corto il guinzaglio per poterne controllare agevolmente il movimento e assicurarsi la perfetta esecuzione dei loro ordini. Temono i cani sciolti e randagi dai quali temono sempre di essere azzannati alle calcagna e per questo appena ne vedono avvicinarsi uno aizzano contro di loro i loro molossi.
   
La paralogia (perché di questo si tratta più che di una metafora o di una metonimia o di una figurazione) mi è venuta in mente riflettendo sulle disavventure di Biancone, il cane teramano al quale si è voluto precludere la libertà di starsene per i fatti suoi, a dormire dove voleva, e ai quali si sono imposti un padrone e un guinzaglio per evitare che aggredisse o mordesse, lui che non aggrediva e non mordeva, ma, essendo un cane, ritenuto pur sempre capace di farlo. Anche i giornalisti sono potenziali morsicatori, ma di rado morsicano i loro padroni, più di sovente azzannano coloro contro i quali i loro padroni li aizzano.

Ci sono dei giornalisti che negano di essere tali, ma è un po’ come se un cane negasse di essere un cane. Per i primi è più facile, perché per i secondi è del tutto impossibile dimostrare di non essere iscritti alla razza canina.
Ai primi basta dire di non essere iscritti all’ordine dei giornalisti. Ma ci sono anche giornalisti non iscritti che sono legati ad un guinzaglio, perché non basta non essere iscritti per dare la prova di non avere al collo un guinzaglio. Come sempre, tutto dipende dal fatto se uno un guinzaglio ce l’ha o non ce l’ha. Di un giornalista senza guinzaglio, che quindi va dove gli pare e fa quello che gli pare, il padrone editore-politico non sa che farsene, come il padrone di un cane che fa quello che gli pare e va dove gli pare, limitandosi a farsi rivedere solo quando è ora di pranzo e di cena o deve ripararsi nella cuccia perché piove.

Di un giornalista senza guinzaglio che scrive quello che vuole lui e non ciò che gli viene ordinato di scrivere, il padrone editore-politico dice che si ripresenta solo quando è ora di cena, cioè solo quando deve ritirare lo stipendio. Il padrone in redazione è la negazione della libertà di stampa, ma un editore che non riesce a dettare la linea editoriale al suo giornale si chiede sempre perché debba tirare fuori i soldi lui per consentire agli altri, da lui stipendiati, di scrivere quello che vogliono loro e non quello che vuole lui.

Quando si aprono (ma basta che solo si avvicinino) le campagne elettorali, i giornalisti al guinzaglio entrano in grande agitazione, proprio come i cani da riporto quando si apre (ma basta che solo si avvicini) la stagione della caccia. Scodinzolano con particolare frenesia, abbaiano con maggiore frequenza. Tutto per mettersi in mostra agli occhi del padrone e per essere scelti al posto degli altri, che saranno lasciati nelle retrovie e non portati dove le lepri, o le starne, sono più numerose. Poiché è risaputo che i cacciatori non amano molto i cani che si spaventano al rumore di uno sparo del fucile, i giornalisti che vogliono mettersi in mostra agli occhi dei loro padroni politici si fanno coraggio e cercano di dimostrare di non avere paura degli spari, anche se in cuor loro ne hanno, e si mostrano più ardimentosi di quanto in realtà non siano. Accade a volte che retrocedano, con la coda tra le gambe, quando la loro strada si incrocia con quella dei giornalisti tenuti al guinzaglio da altri padroni.

La cagnara che si verifica in alcune stazioni di posta è così grande che c’è da sentirsene assordati. Accade lo stesso per alcune polemiche giornalistiche che infuriano in modo incredibile anche se la loro realtà è quelle delle tempeste in un bicchier d’acqua. Ma quel che appare più straordinario è un cane che si spaventa quando un cinghiale troppo grosso gli si rivolta contro e lo assale, costringendolo ad una non certo decorosa fuga nel bosco. Accade lo stesso quando un cinghiale troppo grosso viene assalito da una torma di giornalisti, contro i quali però, voltandosi di scatto, esibisce le sue zanne acuminate alla cui vista gli assalitori si trasformano improvvisamente in assaliti e se la danno a gambe.
   
Nel giornalismo teramano i guinzagli sono stati molti, in ogni epoca e quasi tutti molto corti. Numerose sono state anche le cucce e le ciotole. Ci sono stati maestri di scuola che non hanno insegnato un solo giorno perché tenuti al caldo di una cuccia con una catena al collo, ci sono stati e ci sono nullafacenti ai quali è stato (e viene ancora) consentito di fare qualche cosa per sbarcare il lunario, ci sono stati e ci sono perdigiorno ai quali è stato permesso e reso facile perdere anche la notte, personaggi senza colore e senza tempo ai quali è stato assicurato un ruolo in commedia, a volte da protagonisti pur in mancanza della minima capacità di essere comprimari, cioè evanescenti comparse.

Ci sono stati e ci sono scribacchini che usano la penna, o la tastiera dei loro computer) come canne da pesca per tentare di far abboccare ai loro ami delle enormi trote, ma con la disposizione giusta per accontentarsi di vederci attaccati dei minuscoli pesciolini fuori misura ma anche con la determinazione dettata dalla fame di non ributtarne in acqua nemmeno uno, nemmeno il più piccolo.

Ecco, per parafrasare il poeta:si sta come d’autunno / i cani al guinzaglio…” Ma perché parafrase un poeta? Quando si può essere poeti in prima persona? Pur essendo, come capita stesso, facendo un’orribile battuta, un po’…eta e un po’…no? Lasciate, quindi, che io termini questo mio  corrosivo di oggi con un modesto sonetto...


 

Commenta

CAPTCHA

Commenti

Da sottoscrivere parola per parola. La straordinaria poesia genera, purtroppo, un sorriso amaro.
Tutto quello che ha riportato e' applicabile anche a molte altre categorie sociali e culturali e le piu' alte sono le peggiori.( cito solo l' università') Serpentini Sindaco! Serpentini Sindaco! Professore perché' non si candida a Sindaco?
GIORNALISTI SIMILI A CANI? NO GRAZIE. perché il cane è una creatura che non conosce la vanità, che non conosce l'insolenza che non conosce la codardia. il cane ha umane virtù ma non i vizi dell'uomo. è il nostro amico fedele dall'età del fuoco, senza egoismo tra gli umani egoisti; ci lecca la mano anche quando non gli offriamo il cibo; è sempre al nostro fianco " nella ricchezza e nella povertà, nella salute e nella malattia"; quando gli amici se ne vanno, lui imperterrito resta! e i giornalisti ??? non mi sembra che a costoro possano essere attribuite le predette "qualità " canine. tuttavia, di tanto in tanto, capita di imbatterci in giornalisti in libertà che cercano informazioni valide , con punti di vista estranei ed imparziali ( in città 2 o 3 esemplari in tutto!). tali mosche bianche, prima o poi, (nostro malgrado) verranno catturate e modificate " professionalmente" e...........nel caso in cui si rifiutassero di passare al lato oscuro verranno gettati in pasto ai cani...... idrofobi...però!
Professore non offenda i cani con certi paragoni,non lo meritano. Considerazioni di qualita' da parte de sig. Aznavour. Grazie.
E vi e' anche un campione che si dice libero ...
Altri han preso le difese dei cani a causa del (potenzialmente) irriguardoso accostamento. Mi associo. Ma resto nella paralogia per una considerazione: può capitare ad un cane, magari connotato da assenza di pelo in altre parti diverse dallo stomaco, di essere accusato dagli altri cani di non essere cane e, somma discrasia, di essere, per questo, trattato come un cane. Magari esso, ben lungi dall’adontarsi, finisce per uccellarli tutti, i portatori di guinzaglio. Ma adesso che non c’è più neanche Biancone in giro vogliamo riconoscere il cane sciolto come specie protetta e vigilare che possa liberamente annusare in giro e fare i propri bisogni dovunque più ritenga giusto? Magari qui. Prosit!
Come sempre il professore coglie nel segno. Ma come fare per liberare i cervelli degli operatori dell'informazione? Come insegnare la dignità, la libertà e il valore del senso civico?
ANCORA A PROPOSITO DEI GIORNALISTI. apprendo or ora ( fonte il fatto quotidiano) che maurizio belpietro (direttore di giornale) ha avuto giustizia dalla corte europea di Strasburgo; lo stato italiano dovrà pagare 10.000 euri! qualche anno fa belpietro fu condannato per diffamazione, perché direttore di giornale, (responsabilità oggettiva?) nei comfronti del magistrato caselli e di un altro. transeat; la cosa grave è che per avere giustizia è dovuto emigrare all'estero, la cosa molto più grave e che i grandi giornali nazionale non hanno reso noto l'evento degno di generale interesse; la cosa gravissima è che la categoria dei giornalisti ha taciuto acriticamente la strepitosa notizia.........allora cane mangia cane? ebbene si!.........ma questi sono bipedi e geneticamente modificati. .......come è triste venezia.
@aznavour, mi permetta, per fare un minimo di chiarezza: Belpietro fu riconosciuto colpevole e condannato ad un risarcimento di 110 mila euro per diffamazione. Su questo la Corte di Strasburgo non ha avuto nulla da eccepire. Strasburgo ha eccepito sui 4 anni di reclusione (pena poi sospesa) inflitti al Belpietro dai Tribunali italiani, rei di aver applicato la legge italiana che prevede anche il carcere per la diffamazione a mezzo stampa. E' vero che la notizia è passata in sordina, mentre meriterebbe ampia discussione sopratutto ai tempi di internet, anche in relazione alle libertà che andrebbero garantite ad esempio ai blogger e non solo ai "giornalisti" della "stampa". Personalmente la ringrazio per la "dritta".