È oramai evidente come il Segretario del PD Bersani non abbia capito nulla di quanto è successo alle elezioni, né lo ha capito il puttaniere della libertà (il settantasettenne Silvio Berlusconi).
Il problema posto dagli 8,7 milioni di elettori del Movimento 5 Stelle è che gli autori del disastro Italia debbano andarsene definitivamente via dalla scena pubblica, cosa che Fini è stato costretto a fare, Casini (pur se eletto) ha abbastanza compreso, Di Pietro ne ha preso atto immediatamente, ma Bersani e l’uomo di (h)Ar(d)core non hanno proprio compreso il messaggio, sebbene Grillo sia stato estremamente esplicito sia nei contenuti che nella forma.
Il PD a guida Bersani ha perso 3,5 milioni di voti rispetto alle precedenti elezioni ed alla media degli ultimi 65 anni del suo partito, cosa che suonerebbe inaudita ed inaccettabile in tutto il mondo, per cui se il Segretario non si è dimesso a razzo dopo la lettura dei risultati è solo perché l’Italia è una anomalia mondiale nella quale il PD non rappresenta affatto l’eccezione.
Il PDL rispetto alle precedenti elezioni ha preso 6,3 milioni di voti in meno, per cui se Berlusconi non si è dimesso a razzo dalla presidenza è solo perché i 7,3 milioni di voti rimanenti nel 2013 sono tutti suoi personali, quindi se si dimettesse scomparirebbero pure questi e il PDL si liquefarebbe come una medusa al sole sulla sabbia.
Ciononostante, sebbene le poche voci interne al PDL che hanno avuto il coraggio di chiedere al vecchio infoiato di farsi da parte hanno dovuto ricredersi di fronte al uno zoccolo (ma pure al femminile) duro di elettori che lo ama incondizionatamente, nel PD non si è sentito nemmeno un alito di qualche dirigente che abbia chiesto a Bersani di andarsene dignitosamente in pensione sia da Segretario che da aspirante Premier.
Eppure questo sarebbe il prerequisito per aprire un dialogo vero con il M5S, la mossa principe per consentire che Grillo possa iniziare a pensare di assumersi delle responsabilità di governo.
Non basteranno gli 8 punti che Bersani ha stilato e che il partito gli ha approvato a passare il cerino nelle mani di Grillo, perché l’obiezione è fin troppo ovvia: a prescindere dalla condivisibilità dei contenuti, non possiamo riformare il Paese insieme a chi non lo ha mai voluto fare, nemmeno se oggi ostenta tutte le migliori intenzioni del mondo, allo stesso modo nel quale la moglie cornificata per decenni rifiuti la proposta di riappacificazione del marito fedifrago.
Serve un rinnovo radicale di tutti i vertici, dal nazionale al locale, pena la paralisi istituzionale.
Del resto il mandato popolare che Grillo ha chiesto ed ottenuto reca impresso un gigantesco VAFFA all’intera classe dirigente che ci ha governato fino ad oggi, per cui pretendere di tenere in vita i cadaveri del PD con l’appoggio dei grillini è a dir poco stonato.
Ma visto che Bersani non sembra avere intenzione di suicidarsi politicamente, speriamo che qualche suo dirigente lo accompagni all’ospizio prima che lo tsunami travolga definitivamente pure il Partito Democratico.
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