Game over. Gli Italiani sono stati condannati al più perfido contrappasso dantesco e, per effetto di questa maledizione, dopo aver inventato il Diritto nell’antica Roma ed avere illuminato l’evoluzione della civiltà grazie alla Legge, si vedono oggi costretti dopo millenni ad assassinare la loro stessa creazione e ad implodere per questo in un vortice senza fondo di incultura, inciviltà e barbarie.
Miserrima condizione cui nessuno pare essere in grado di porre un freno. Nemmeno il Capo dello Stato il quale, la sera della sentenza definitiva a carico del criminale Silvio ex cavaliere Berlusconi (il titolo gli verrà revocato per indegnità come è stato tolto a Tanzi dopo la condanna Parmalat), si è affrettato dopo un minuto a dichiarare come fosse ora della riforma della giustizia. Se ci fosse stato non dico Pertini, ma anche Ciampi o Scalfaro, adesso Berlusconi starebbe alle Bermuda da latitante a giocare a nascondino con Emilio Fede e una camionata di puttane.
E invece, incredibile dictu, ci troviamo da giorni a discutere di come trovare l’ennesima soluzione per salvare la vita politica di un delinquente certificato. Siamo ostaggi di Bondi, di Gasparri, di Cicchitto, della Santanchè e, solo noi teramani, di Paolino Tancredi. Soggetti che non meriterebbero nemmeno di essere odiati per manifesta indegnità ad assurgere a teste pensanti.
I giornalisti meno culturalmente preparati sogliono dividere i berlusconiani in falchi e colombe, ma a Teramo abbiamo la fortuna di avere anche i piccioni, una terza categoria più sfortunata formata da miracolati della politica che senza Silvio-martire starebbe ancora in cerca di un impiego (ogni riferimento a Paolo Tancredi è voluto).
Cosa sostengono in sintesi questi reietti della società che nemmeno sanno leggere la Carta costituzionale? Asseriscono che i giudici, funzionari dello Stato mai eletti da alcuno che hanno la colpa di essere stati assunti tramite concorso pubblico (condizione che è divenuta improvvisamente infamante), non possano estromettere dalla vita pubblica un capo-partito che gode del voto di milioni di italiani.
Proviamo a tradurre in maniera elegante: in ogni moderna democrazia occidentale vige lo Stato di diritto e la tripartizione dei poteri delineata da Montesquieu, in base alla quale il potere legislativo legifera, quello esecutivo governa e quello giudiziario garantisce la giustizia in totale indipendenza dagli altri poteri. Secondo il PDL questo schema deve essere mandato al macero poiché il potere legislativo, forte del consenso elettorale, non può e non deve sottostare ad alcun altro potere e deve essere legibus solutus, cioè al di sopra della legge.
Proviamo a tradurre in maniera pecoreccia: fino a quando chicchessia, oggi è Berlusconi ma domani chiunque altro nelle sue condizioni, possa vantare pochi o tanti voti assegnati dal popolo, egli sarà sciolto da ogni soggezione alle leggi repubblicane e sarà libero di commettere qualunque delitto senza dover subire processi o condanne in virtù del potere di rappresentanza che i cittadini gli hanno conferito. Se ciò non fosse si verificherebbe un vulnus della democrazia, poiché si azzopperebbe la rappresentanza di coloro che comunque pretendono di farsi rappresentare da un delinquente.
Vediamo i possibili effetti a cui conduce questo modo di ragionare (ragionare?). Se il sottoscritto venisse eletto, ad esempio, sindaco della propria città potrebbe scoparsi innocenti ragazzine minorenni nel sottopasso di piazza Martiri poiché – nel caso venisse applicato il codice penale per i conseguenti reati (prostituzione minorile e atti osceni in luogo pubblico) e lo scrivente venisse costretto ad una residenza forzata a Castrogno – si violerebbe il diritto dei teramani di farsi rappresentare da coloro che si sono liberamente scelti nelle urne.
Allo stesso modo rubare (evadere le tasse), corrompere, violentare il codice penale in ogni maniera sarebbe parimenti lecito o comunque non punibile fintanto che il criminale gode del favore degli elettori.
Ed allora, se talune sette sataniche che talvolta stuprano e ammazzano i bambini si presentassero educatamente alle elezioni per eleggere i propri rappresentanti in Parlamento, con quale potere si potrebbe imporre loro di non violare le leggi repubblicane?
Il quadro è chiaro: se i tre poteri non sono più autonomi ed indipendenti lo Stato di diritto non esiste più, la Costituzione è morta e siamo in una dittatura, fosse anche una dittatura della massa.
Che pena leggere sui media di tutto il mondo l’incredulità delle democrazie occidentali che non si capacitano del baratro nel quale sprofondiamo. In pratica, siccome con le regole vigenti Berlusconi ha perso la partita, adesso la strategia è dare del venduto all’arbitro (tre gradi di giudizio di cui l’ultimo con ben 5 giudici), bucare il pallone, dire che non si potrà più giocare, affermare che il campionato è falsato e che nessuno può vincere con un calcio di rigore invece che con un gol su azione.
Purtroppo, i poveri sfigati berlusconiani dovranno farsi una ragione del fatto che si perda anche con un calcio di rigore, anche perché in questo caso non era l’arbitro ad essere comprato bensì l’intera squadra avversaria (non vedremo mai il PD fare un gol al PDL nelle urne perché non l’hanno mai voluto fare).
Ritengo giunto il momento del non ritorno, il momento della sollevazione civile, della costruzione di barricate a difesa della civiltà del Diritto. La prima arma di difesa è l’estromissione dalla vita civile di tutti coloro che si rifiutano di riconoscere la cogenza delle leggi e delle regole repubblicane, nonché il principio costituzionale per cui la legge è uguale per tutti, ivi compresi coloro che vantano un consenso elettorale quale che sia.
Per attuare tale estromissione è doveroso additare gli eversori, stigmatizzarli in ogni sede come attentatori della democrazia, cancellarli dalle rubriche telefoniche, togliere loro il saluto, depennarli dalle conoscenze, emarginarli in tutte le possibili maniere. Pena la fine dell’Italia.
Inutile trovare paragoni all’anomalia italiana negli Stati sudamericani o africani, perché non sarebbero calzanti. L’unico caso che somiglia all’Italia è quello parimenti triste della Russia di Putin. Ho letto con angoscia, sull’inserto “La Lettura” del Corriere della Sera di domenica 4 agosto, dei parallelismi inquietanti fra Italia e Russia in un bellissimo articolo della scrittrice Ludmila Ulitskaya.
La letterata russa ci enumera le “tradizionali peculiarità russe: il servilismo di fronte al potere, la mancanza di una coscienza civile e il furto assunto come regola. Il decennio putiniano non ha sanato affatto le vecchie malattie. Al contrario, le ha rese più gravi”. Non vi vengono i brividi lungo la schiena nel pensare a come le tradizionali peculiarità italiane siano identiche a quelle russe e a come il ventennio berlusconiano abbia allo stresso modo aggravato le malattie italiche?
Prosegue la Ulitskaya: “Come un bambino, che compie tutte le azioni più feroci e brutali una dopo l’altra per vedere fino a che punto può arrivare l’indulgenza dei genitori, così le autorità russe mettono alla prova la pazienza della popolazione, famosa fin dall’antichità per la propria incoscienza”. Non vi vengono i brividi lungo la schiena nel pensare a come il PD-PDL abbia messo per 20 anni alla prova la pazienza degli italiani e la tenuta delle istituzioni repubblicane?
Nella nostra storia perfino il fascismo ebbe la dignità di sfiduciare Mussolini, mentre i pidiellini non trovano di meglio che piagnucolare in difesa del criminale di Arcore, finanche dopo la fine dei tre lunghissimi gradi di giudizio.
In Russia, dice ancora Ludmila, c’è un “disprezzo generale per la legalità” che è assolutamente omologo a quello italiano, rivendicato con orgoglio dai due Renati (Brunetta e Schifani).
La scrittrice prosegue: “Aleksei Navalny è un oppositore inflessibile, uno che lotta contro la corruzione, che ha pubblicato sul suo blog documenti che hanno smascherato ruberie nelle alte sfere del potere, una corruzione generale, proprietà immense concentrate nelle mani di chi amministra i piani alti”. Navalny è il portavoce della protesta di chi invoca una Russia senza Putin. Per questo è stato perseguitato e condannato sulla scorta dell’ossessione russa di bloccare sul nascere qualsiasi ipotesi di contagio democratico.
Esattamente il caso della Magistratura italiana la quale, rea sin dall’epoca di Tangentopoli di lottare contro la corruzione e di smascherare le ruberie pubbliche e private che hanno dissanguato l’Italia, viene oltraggiata quotidianamente dai cani del PDL che vorrebbero ricondurla agli ordini del governo e mutilarne l’autonomia.
Conclusione algida della Ulitskaya: “In Russia è aumentata la vergogna. Ci vergogniamo per le nostre autorità. E, a essere onesti, ci vergogniamo di noi stessi. Perché, alla fine, viviamo tutti nel Paese che abbiamo costruito noi”.
Già. Anche da noi è in aumento la vergogna. Ci vergogniamo di andare all’estero dove ci guardano con il disprezzo che si riserva agli incivili. Ci vergogniamo del sindaco Brucchi che fa parte del Partito del Ladro, ci vergogniamo del deputato Tancredi ( f.to Pdl Teramo) che rappresenta il Partito del Ladro, ci vergogniamo del Governatore Chiodi che sostiene il Partito del Ladro, ci vergogniamo degli avvocati Di Dalmazio, Morra, Gatti e Mazzarelli che si sono bevuti la laurea in legge per continuare a mangiare con il Partito del Ladro.
E pure noi ci vergogniamo di noi stessi, io per primo, che ancora saluto gente come Giorgio D’Ignazio e Franco Fracassa, che portano voti al Partito del Ladro.
Alla fine viviamo nel Paese che ci siamo costruiti, con le immagini di Berlusconi nelle edicole che una volta ospitavano la Madonna, i Santi e Maradona.
D’altronde come ci ricorda l’Onorevole Razzi, orgoglio di tutti gli Abruzzesi, “Silvio è il nostro unico Dio”. Con la “D” rigorosamente maiuscola.
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