Splendida domenica settembrina sotto l’ombrellone ad Alba Adriatica. Leggo su un quotidiano le percentuali di presenza in aula dei gruppi parlamentari: primi con distacco i grillini (con oltre il 90% di presenze), ultimo – anche peggiore del PDL – il gruppo di Fratelli d’Italia (con poco più della metà di presenze).
Quindi mi rivolgo ai vicini di ombrellone, dicendo loro quanto siano assenteisti questi pseudo-destroidi con i quali si è candidato Paolo Gatti alle elezioni politiche.
Non si fa nemmeno a tempo ad esprimere il giusto disprezzo per i politici che succhiano lo stipendio senza nemmeno andare a lavorare, che all’improvviso attraversa il cielo sopra la spiaggia un aeroplano pubblicitario che reca la scritta: “Aderisci a Fratelli d’Italia”.
Risate da sbellicarsi. Ma il destino è beffardo. Passo dai quotidiani ai settimanali ed apro L’Espresso di questa settimana, dove c’è un articolo sul flop dei prestiti d’onore lanciati nell’agosto del 2011 dall’allora Ministro della gioventù Giorgia Meloni.
L’iniziativa si chiama: “Diamogli Futuro” (evidentemente la parola “futuro” ossessiona Meloni e Gatti almeno quanto la parola “strategia” condiziona Di Dalmazio) e consiste in un fondo governativo di garanzia per i prestiti d’onore che le banche possono concedere agli studenti meritevoli fino ad un massimo di 25.000 euro ciascuno, senza che gli stessi debbano fornire garanzia propria o familiare (la restituzione potrà avvenire dopo la laurea).
Alla presentazione dell’iniziativa, lanciata con il massimo risalto due anni fa, si sottolineò quanto segue: “Si calcola che i beneficiari siano potenzialmente più di 30.000”. Grande idea per incentivare lo studio e la formazione universitaria. D’altronde indebitarsi per poter studiare è una cosa frequentissima e normalissima in Europa e in America.
Ma dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) fanno sapere, richiesti di fornire un bilancio a due anni dall’avvio dell’iniziativa, che a chiedere e beneficiare del prestito siano stati solo 700 studenti, equivalenti al 2% della platea dei possibili aventi diritto.
Come mai un disastro simile? I problemi, secondo le banche, sono due.
1) Colpa della Meloni. L’aver reso tecnicamente obbligatoria la ricezione di tranche annuali da 3.000 o 5.000 euro, ha reso impraticabili le erogazioni di prestiti di entità inferiore (per l’acquisto di un pc) o superiore (per pagarsi un anno di studi all’estero).
2) Colpa di Gatti. Pare che nessuno conosca l’iniziativa, tanto che le banche riferiscono che la gran parte dei pochissimi prestiti erogati siano relativi a domande giunte solo dalle università dove viene pubblicizzata l’iniziativa (Milano e Roma). Strano che Gatti, iperattivo quando si tratta di far vedere che lavora non si sia adoperato per pubblicizzare il prestito d’onore presso le università abruzzesi. Forse non ha gradito che la Meloni abbia denominato “Diamogli Futuro” un progetto che lui avrebbe chiamato “Diamogli Futuro In”.
Corro a tesserarmi a Fratelli d’Italia.
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