L’Italia distrugge la Germania nella semifinale dei Campionati europei di calcio, la Corte Costituzionale boccia la Legge Regionale abruzzese di riordino delle IPAB voluta e patrocinata da Paolo Gatti.
La partita dell’Italia l’abbiamo vista tutti, la freschissima sentenza n. 161 della Corte Costituzionale, depositata il 27 giugno, ve la raccontiamo noi.
Antefatto. L’Assessore Gatti del PDL propose a fece approvare un anno fa dal Consiglio regionale la legge che accorpa le IPAB nelle nuove Aziende di Servizi alla Persona (ASP).
Il Governo nazionale amico, a guida PDL, gliela impugnò impietosamente rilevando numerose incostituzionalità.
Gatti difese la Legge invocando una fantasiosa “impugnativa cautelativa” (l’Assessore, che è pure avvocato, dovrebbe dirci su quali libri ha letto dell’esistenza di questa fantasiosa impugnazione in via cautelativa).
Poi, quando il costituzionalista Enzo Di Salvatore ebbe a precisare che i motivi di impugnazione fossero duri e fondatissimi, Gatti tentò di scaricare la responsabilità sui consiglieri regionali e sugli emendamenti presentati in aula (scusa ridicola perché fu la sua maggioranza ad approvare la legge).
Due giorni fa la doccia fredda: la Corte Costituzionale chiarisce che la legge di Gatti è cugina di moltissime leggi dell’era berlusconiana, il cui leitmotiv è sempre stato la frantumazione sistematica della Costituzione.
I vizi eccepiti, secondo l’opinione dello scorso settembre dell’Assessore, sarebbero state semplici “questioni di carattere tecnico”, tali da non destare particolari preoccupazioni. Falso. Falsissimo. Non si tratta affatto di piccole formalità, bensì di vizi di sostanza.
Riassumendo, il Governo nazionale ha eccepito che la Legge regionale impugnata consentisse ampliamenti delle dotazioni organiche ed assunzioni di personale a tempo indeterminato, con ciò violando limiti e divieti alle assunzioni di personale contenuti nella normativa statale.
Tradotto per i meno accorti: assunzioni facili in barba alla legge nazionale.
Inoltre, le disposizioni della L.R. “nel prevedere genericamente il trasferimento di tutto il personale delle IPAB alle ASP e, fino alla costituzione di queste ultime, ai Comuni, senza specificare i requisiti e le modalità dell'originaria assunzione di detto personale, conferiscono ai Comuni e alle ASP anche personale non selezionato con pubblico concorso , violando in tal modo il principio di cui all'art. 97, terzo comma Cost.”.
Ed ancora. La L.R. stabiliva che ai Presidenti ed ai componenti dei C.d.A. delle costituende ASP (che prendono il posto delle IPAB) competesse un’indennità rapportata ai direttori generali delle ASL, con ciò violando la disposizione di cui all'art. 6, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 (convertito in legge n. 112 del 2010), riguardante la riduzione dei costi degli apparati amministrativi, secondo il quale “la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti, i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli”.
Altro che “questioni di carattere tecnico”!
Qui il nostro Assessore Gatti patrocinava la remunerazione di incarichi non remunerabili ed assunzioni non consentite che avrebbero comportato, ove non impugnate dall'attento Ministero, enormi spese pubbliche vietate dalla normativa statale.
Per la prima volta nella mia vita, mi tocca ringraziare Berlusconi, Fitto e l’intero ex Consiglio dei Ministri per aver difeso lo Stato di diritto.
La reputazione di Gatti, questa volta, ne risulta indelebilmente macchiata per aver tentato i soliti giochini volti ad assunzioni non consentite e a pagare stipendi non erogabili.
La Corte Costituzionale tritura letteralmente le disposizioni impugnate.
Nella sentenza si legge che le disposizioni illegittime rappresentino uno “strumento elusivo dei limiti di spesa corrente ed, in particolare, di quella rigida di personale, il cui contenimento il legislatore concepisce come misura strutturale per il risanamento dei conti pubblici nella loro consolidata consistenza”.
E con riferimento agli emolumenti previsti per gli amministratori delle ASP, la Corte ritiene “che al presidente e ai consiglieri di amministrazione delle ASP si applichi l’art. 6, comma 2, prima parte, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010, e che, pertanto, l’esercizio delle loro cariche sia gratuito, potendosi dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente. Ne deriva l’illegittimità dell’art. 11, commi 8 e 9, della legge regionale n. 17 del 2011 — in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. – che prevede la corresponsione di un’indennità agli organi suddetti, con conseguente accoglimento del ricorso anche sotto questo profilo”.
A prescindere dalle singole sonore sberle date agli autori della Legge in parola, c’è da essere molto contenti per come la Corte Costituzionale sia riuscita ad arginare l’ennesimo assalto alla diligenza operato da una classe politica che persevera nel credere che ci siano ancora mucche da mungere.
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